Bennett premier: in Israele nasce il governo anti-Netanyahu
GERUSALEMME. È dovuta scendere in campo una coalizione che in qualsiasi Paese sembrerebbe qualcosa di inimmaginabile per porre fine, qualcuno dice solo temporaneamente, al premierato incontrastato di Benjamin Netanyahu in Israele.
Dodici anni ininterrotti, con altri tre precedenti, nei quali il destino di questa parte del mondo si è legato a doppio filo a un solo uomo, attaccato, imputato, osteggiato, criticato per non aver rispettato patti politici e definito ostaggio degli ultraortodossi. Ma anche capace dell’impensabile soprattutto in politica estera, stringendo accordi con Paesi arabi che fino a qualche tempo prima negavano l’esistenza di Israele, oppure garantendo stabilità e sicurezza in casa e venendo valutato come modello in tutto il mondo per la gestione della pandemia e della campagna di vaccinazione.
Ma le frizioni e, soprattutto, le pesanti accuse che lo vedono imputato in tre processi, così come l’immobilismo politico e istituzionale (in Israele non è stato ancora approvato il budget dell’anno scorso), pur non negandogli la vittoria elettorale a marzo, non hanno concesso a Netanyahu l’ennesimo governo.
Il tradimento dell’ex delfino
A batterlo e ad abbandonarlo al suo destino, il suo ex delfino, capo dello staff e poi ministro della Difesa, Naftali Bennett. Questi prima ha cercato un accordo con Bibi all’indomani delle elezioni, poi lo ha mollato per andare con l’opposizione. In seguito, durante il recente conflitto con Gaza, si era dapprima riavvicinato a Netanyahu, salvo alla fine diventare premier a rotazione, occupando per primo lo scranno, nel governo anti-Bibi.
Già, perché è chiaro che l’unico collante di questo enorme governo, il terzo per numero di ministri nella storia del Paese (28) sia proprio il sentimento di avversione verso l’ex premier che riesce a tenere insieme partiti di sinistra, come laburisti e Meretz, e di destra (alcuni più a destra dello stesso Likud di Netanyahu) come Yamina, Yisrael Beitenu, New Hope, passando per i centristi spostati a destra di Blu e Bianco e Yesh Atid, con la presenza dentro al governo anche di Ra’am (parte della Lista Araba Unita), il partito arabo derivazione del Movimento Islamico del sud che, nella sua parte settentrionale, aveva forti legami con i Fratelli Musulmani. Ad appoggiarlo esternamente, gli altri tre partiti arabi della Joint List che insieme a Ra’am nelle elezioni precedenti alle ultime si piazzarono terzi e che fu proprio Netanyahu, avvicinandosi a questa comunità, a contribuire a far scindere.
L‘alleanza contro Bibi
Bennett è il primo premier religioso nella storia di Israele e il primo che siede sullo scranno pur avendo alle spalle un partito che, tra i 120 seggi della Knesset, ne conta solo 7. La coalizione ha ricevuto la fiducia di 60 parlamentari, e tra questi ne è pure mancato uno dei 7 di Bennett, così che il nuovo premier guida il Paese pur essendo il leader di uno dei partiti più piccoli, ma necessario per la maggioranza. Ad agosto 2023, Bennett lascerà lo scranno all’ex giornalista Yair Lapid, che fino ad allora sarà ministro degli Esteri, mentre Bennett prenderà gli Interni. Benny Gantz (Blu e Bianco) resta alla Difesa, Gideon Sa’ar (New Hope) va alla Giustizia, entrambi anche con il ruolo di vice primo ministro, mentre Avigdor Liberman, leader dei russofoni di Yisrael Beitenu, va alle finanze.
Ai partiti di sinistra spettano Trasporti, Salute e Ambiente, tra gli altri portafogli. Ra’am avrà un sottosegretario alla presidenza del consiglio, diventando così il primo partito della minoranza araba ad entrare in un governo di Israele.
Gli impegni dell’esecutivo
Bisognerà ora vedere come reggerà la coalizione alle sfide che le si pongono davanti. Innanzitutto si dovrà votare il budget che contiene tutte le promesse di investimenti fatte agli arabi per ottenere il sostegno al governo, investimenti localizzati soprattutto in Galilea e nel Negev, che hanno creato non pochi mal di pancia a destra.
Poi ci sarà da discutere delle annessioni delle terre, delle quali Bennett è sostenitore, che ovviamente non piacciono né alla sinistra né agli arabi. E c’è poi da tener presente la rinnovata alleanza con gli Usa; non a caso il presidente americano Joe Biden è stato il primo a chiamare Bennett congratulandosi con lui.
La posizione di Washington sull’Iran imbarazza alquanto Israele e bisognerà capire come la nuova amministrazione Bennett si muoverà. Netanyahu starà alla finestra aleggiando come un’ombra sul nuovo governo. Farà di tutto per attirare a sé parlamentari e indebolirlo e, almeno fino a quando il suo processo andrà avanti, non smetterà di pensare al premierato. Metterà in campo tutte le sue armi, come ad esempio la proposizione di leggi condivise dalla parte destrorsa della coalizione di governo, instillando imbarazzo in questi.
Il 36esimo governo israeliano si è appena insediato, ma le difficoltà di sopravvivenza sono tante, anche se non impossibili da superare. Un successo sarebbe un esempio per le democrazie di tutto il mondo.
Nella foto di copertina EPA/ATEF SAFADI a sinistra il neopremier Naftali Bennett e a destra il leader centrista Yair Lapid