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von der Leyen a Roma

A Cinecittà il ciak per il Recovery Plan dell’Italia

23 Giu 2021 - Gianni Bonvicini - Gianni Bonvicini

Lo spettacolo ha avuto inizio. L’incontro fra Ursula von der Leyen e Mario Draghi nello scenario di Cinecittà riveste molteplici significati. La scelta del luogo, di felliniana memoria (rievocata dalla stessa presidente della Commissione durante il suo intervento), rappresenta il ciak per il nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dopo il positivo esame di compatibilità da parte dei servizi di Bruxelles.

Poi sarà necessario attendere i successivi passaggi nell’Ecofin dei ministri dell’Economia del 13 luglio, che dovrà approvare a maggioranza qualificata i vari piani nazionali. Per ora a mancare all’appello sono ancora i piani di Bulgaria, Malta e Paesi Bassi, ma ormai la strada è tracciata e non dovrebbero nascere ulteriori ostacoli alla emissione della prima tranche di prefinanziamenti, circa 25 miliardi di euro all’Italia.

In piccolissima parte, per una cifra di 300 milioni euro entro il 2026, il fondo servirà anche a Cinecittà, che simbolicamente sposa tre caratteristiche del Next Generation EU (Ngeu): la digitalizzazione degli archivi cinematografici; la tutela della cultura e della ricerca nel settore; la valorizzazione di nuovi e giovani talenti con una concreta prospettiva di lavoro.

Ma se l’avvio sembra promettente, il prosieguo non lo sarà per niente. Bisogna infatti ricordare che questo ambizioso e combattutissimo piano europeo di ripresa sarà strettamente e duramente controllato dalla Commissione, che non farà sconti a nessuno, in particolare al nostro Paese. La vicepresidente esecutiva della Commissione Margrethe Vestager, responsabile della Concorrenza, ad esempio, se pure intende modificare le politiche restrittive adottate storicamente da Bruxelles, non vorrà certo perdere di vista le vicende Alitalia, Ilva o Autostrade per gli aspetti di intervento statale.

Federico Fellini è stato ricordato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, durante il suo discorso a Cinecittà. Qui davanti al leggendario Teatro 5 con Mario Draghi. (ANSA/ETTORE FERRARI/POOL)

Ma al di là della occhiuta Commissione, che può intervenire direttamente nello sviluppo dei nostri piani, a preoccupare di più è quella piccola ma rilevante clausola nel testo del Consiglio europeo del luglio 2020, che concede a un singolo Paese il diritto di tirare il “freno di emergenza”, una specie di veto sospensivo sul proseguimento degli investimenti. È chiaro quindi che il governo Draghi avrà un triplice compito. Il primo sarà di tenere aperto un filo rosso di comunicazione con gli uffici della Commissione per prevenire possibili stop ai lavori in corso. Il secondo sarà di dimostrare la capacità di portare avanti le riforme, i vecchi e mai soddisfatti “compiti a casa”. Il terzo consisterà nel vegliare affinché Stato, regioni e perfino i Comuni svolgano rapidamente e con efficacia le mansioni che il Pnrr delega a loro.

Visto come è andato il coordinamento Stato-Regioni nella lotta alla pandemia, c’è davvero da temere che qualcosa di importante finirà possa andare storto, offrendo così ai Paesi “frugali l’occasione per “punirci”. Tuttavia, al di là di queste ovvie e inevitabili difficoltà, il Ngeu rappresenta una grandissima opportunità sia per il nostro Paese, almeno a livello di finanziamenti, che per l’intera Unione europea.

La visita a Roma di von der Leyen è infatti anche da collegare all’avvio formale della Conferenza sul futuro dell’Europa, che la stessa presidente aveva annunciato appena insediatasi a Bruxelles nel 2019, raccogliendo il suggerimento iniziale della coppia Macron-Merkel. La pandemia ha spostato l’avvio ai nostri giorni. Ma questo ritardo può essere visto come un fatto positivo. In effetti, sotto la spinta dell’emergenza sanitaria è decollato proprio il grande piano di ripresa europea che contiene in sé alcuni elementi innovativi di grande peso: la possibilità per la Commissione di emettere titoli a debito sul mercato internazionale; la prospettiva di potere ricorrere a risorse proprie e ad una tassazione ad hoc per ripagare il debito; il possibile varo di nuove politiche comuni sia nei settori indicati nel Ngeu che nello stesso campo sanitario, nei confronti del quale l’UE si è trovata priva di competenze all’inizio della pandemia.

Si discute oggi se rendere permanenti queste importanti novità ed il solo modo per farlo sarebbe quello di legare strettamente Next Generation EU e Conferenza sul futuro dell’Europa. Perché è abbastanza evidente che Eurobond, risorse proprie e tasse europee implicheranno una modifica degli attuali Trattati. La precondizione, tuttavia, è che il Recovery Fund funzioni efficacemente e che dimostri l’utilità per l’insieme dell’Unione. Di qui l’importanza che il nostro Paese, estremamente indebitato e tradizionalmente incapace di utilizzare le risorse comunitarie, si trasformi in un esempio virtuoso nella messa in pratica del Pnrr.

Altrimenti finiremo per perderci noi, ma soprattutto l’Unione che da questo straordinario periodo può trarre la forza per fare un importante passo in avanti sulla via di una maggiore integrazione. Ben poche volte nel passato, il futuro dell’Ue è stato così legato al ruolo che il nostro paese saprà esercitare.

Foto di copertina ANSA/LAPRESSE/POOL/ROBERTO MONALDO