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I volti di Visegrád

Čaputová: la presidente slovacca portabandiera dell’altro V4

13 Mag 2021 - Osservatorio Sociale Mitteleuropeo (Osme) - Osservatorio Sociale Mitteleuropeo (Osme)

Nel 30esimo anniversario dalla creazione del Gruppo di Visegrád (che abbiamo ricordato qui), con il ritratto della presidente della Repubblica slovacca Zuzana Čaputová inauguriamo un ciclo di approfondimenti sui volti che popolano l’universo dei quattro Paesi che fanno parte della formazione (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca), in collaborazione con l’Osservatorio sociale mitteleuropeo (Osme). 

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È la prima presidente della storia della Repubblica slovacca. Una storia non molto lunga, visto che la Slovacchia nasce come entità statuale indipendente nel 1993, ma si tratta dell’unico Paese membro di Visegrád ad aver eletto una donna alla massima carica dello Stato. 47 anni, avvocatessa, Zuzana Čaputová ricopre questo ruolo dal 2019.

È stato allora, infatti, che ha sconfitto in due turni il candidato del governo, Maroš Šefčovič – vicepresidente della Commissione europea sia con Juncker sia con von der Leyen – dando nuove speranze agli europeisti slovacchi e non, in un periodo caratterizzato da impennate “nazional-sovraniste”. Da notare che la sua elezione è avvenuta in un contesto particolare, caratterizzato dall’uccisione del giovane giornalista Ján Kuciak e della sua fidanzata, Martina Kušnirová, assassinati l’anno prima nell’abitazione del reporter impegnato in inchieste su connessioni fra politica ad alti livelli e malaffare.

All’elezione di Čaputová ha senz’altro concorso l’ondata di sdegno dovuta al duplice omicidio, capace di scatenare un vero e proprio terremoto politico con le dimissioni di diversi ministri e dello stesso Robert Fico, capo del governo all’epoca dei fatti.

Il successo della donna di legge alle presidenziali di due anni fa può essere letto anche, se non soprattutto, come una richiesta di impegno concreto contro la corruzione, ambito in cui l’attuale capo di Stato si è a lungo distinta come attivista. Tanto che aveva messo al centro della sua campagna elettorale la lotta alla corruzione e la necessità di un approccio alla politica maggiormente in linea con i valori dell’Unione europea e col rispetto dello stato di diritto; un tema, quest’ultimo, particolarmente spinoso nel resto dei Paesi del Gruppo di Visegrád.

Il profilo
Cofondatrice e vicepresidente di Slovacchia Progressista (Progresívne Slovensko), un partito dalle propensioni social-liberali, costituito nel 2017, Čaputová è conosciuta anche per la sua sensibilità ambientalista e verso i diritti civili e della comunità Lgbt, difatti sostiene il matrimonio egualitario e l’adozione per le coppie omosessuali.

Presentando la sua candidatura al voto del 2019 ha tenuto a chiarire all’elettorato che il suo liberalismo non è in conflitto con i valori cristiani, che le due cose non sono in antitesi e che, anzi, i riferimenti cristiani sono alla base della sua azione politica volta al rispetto del prossimo e alla solidarietà umana.

A due anni dalla sua elezione, Zuzana Čaputová non sembra aver dimenticato i suoi esordi nel mondo dell’attivismo civile e della politica, e le sue origini. Nata in una famiglia operaia, l’attuale presidente si è fatta notare per la prima volta grazie alla battaglia da lei ingaggiata contro un deposito illegale di rifiuti nella città di Pezinok, centro della Slovacchia occidentale in cui è cresciuta. La sua iniziativa è durata quattordici anni, durante i quali ha presentato ricorsi legali e petizioni all’Ue contro gli interessi di un facoltoso e potente imprenditore legato al mondo politico locale.

Tale impegno è stato tutt’altro che vano: Čaputová ha infatti vinto la sua battaglia e ha ottenuto, nel 2016, il Goldman Prize, quello che è considerato il Nobel degli ambientalisti.

L’altro Visegrád
Una donna combattiva, insomma, il cui approdo alla presidenza ha, come già precisato, dato un po’ di ossigeno agli spiriti europeisti in un ambito, come il Gruppo di Visegrád, che vede pesantemente in primo piano il nazionalismo dei governi ungherese e polacco con le loro chiusure, il loro rapporto tutt’altro che sereno con la nozione di stato di diritto. Stiamo parlando di due sistemi che veicolano, tra l’altro, un’immagine della donna da società patriarcale e considerano negativamente la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. In più l’esecutivo polacco ha, come è noto, approvato pesanti restrizioni alla libertà di aborto.

A maggior ragione, la figura e il ruolo della Čaputová appaiono importanti e tali da suggerire il fatto che esiste anche un altro Gruppo di Visegrád, quello che vede attivi anche i sindaci progressisti delle quattro capitali (Budapest, Varsavia, Bratislava e Praga), firmatari di un accordo di cooperazione siglato a Budapest nel dicembre 2019 in chiave europeista.

Ed europeista, come già precisato, è anche chi oggi riveste in Slovacchia la massima carica dello Stato; europeista e donna, attenta al tema della violenza contro il sesso femminile, “le donne vittime di violenza non sono sole e possono parlare e chiedere aiuto”, ha detto, e in tema di interruzione di gravidanza ha affermato di sostenere il diritto di scelta della donna.

A questo proposito va ricordato che lo scorso ottobre il Parlamento slovacco ha respinto una proposta di legge sull’assistenza sanitaria che prospettava un inasprimento delle regole esistenti in materia di aborto. La proposta era stata presentata dalla deputata Anna Záborská del partito conservatore OL’aNO. Per Čaputová, l’eventuale decisione di cambiare la legislazione sull’aborto doveva essere il risultato di una discussione pubblica aperta e non diventare “uno strumento di conflitto sociale”. Affermazione giunta in risposta a una lettera dell’europarlamentare e questore del Parlamento europeo Monika Beňová (Smer-Sd, Direzione-Socialdemocrazia), che invitava i deputati del Consiglio nazionale a rispettare i diritti fondamentali delle donne.

E nella saga dei vaccini, che ha visto la Slovacchia unico Stato Ue, insieme all’Ungheria, ad acquistare una partita del vaccino russo Sputnik V nel marzo scorso, Čaputová non era stata informata della decisione dell’esecutivo, come anche il resto del governo all’infuori dell’allora primo ministro Igor Matovič e del ministro della Salute Marek Krajca. La presidente era infatti contraria all’uso del prodotto russo senza la preventiva approvazione da parte dell’Agenzia europea del farmaco (Ema).

Popolarità alle stelle
“La gente nutre grandi speranze e prima o poi il sostegno diminuirà, non potrò fare fronte a tutte le aspettative”, aveva detto Čaputová prima di essere eletta, chiarendo che non avrebbe potuto fare quello che gli elettori si aspettavano da lei. “Su questo sono onesta – aveva aggiunto – e ciò mi rende diversa dai politici al potere”.

Evidentemente molti suoi connazionali la pensano così. Infatti, secondo un sondaggio realizzato dall’agenzia Focus ad aprile, per il 60% degli slovacchi la presidente è la figura politica più affidabile della Slovacchia anche se in confronto a marzo la sua popolarità è diminuita di 6 punti percentuali.

Foto di copertina EPA/Mads Claus Rasmussen