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Necessaria, ma da valutare

Si fa presto a dire transizione energetica

17 Mag 2021 - Luciano Lazzeri - Luciano Lazzeri

Non si può non essere d’accordo con Greta Thunberg, quando propone la transizione energetica verde, costi quel che costi (whatever it takes, direbbe qualcun altro), ma è legittimo chiedersi a quanto ammontino questi costi. Va detto che attualmente la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili copre circa un terzo della richiesta (fonte Terna) e che il grosso della produzione di fossile è fatto da impianti a gas ad alta efficienza, meno inquinanti di quelli a olio combustibile o a carbone, usati fino a 40 o 50 anni fa.

La caduta di emissioni, rispetto al tutto fossile, è dunque intorno al 40/50% rispetto ai tempi del carbone e dell’olio. Occorre indubbiamente far meglio e ridurre le emissioni almeno del 90%.

Per ottenere tale riduzione serve, secondo calcoli e dati disponibili in letteratura per altri Paesi (Stati Uniti, Regno Unito, Germania), operare in tre direzioni: la produzione, lo stoccaggio energetico e la trasmissione.

Le alternative al fossile
Quanto alla produzione occorre concentrarsi su impianti eolici e fotovoltaici, geotermia e biomasse. Gli impianti eolici sono i più economici e la loro produzione andrebbe incrementata anche di un fattore dieci o più, tuttavia le aree d’ interesse sono tre – Sicilia, Sardegna e Puglia – e, nel caso delle prime due, vi è un palese problema di trasmissione, come si vedrà di seguito. Gli impianti fotovoltaici, da potenziare almeno cinque volte, possono essere collocati quasi ovunque perché la differenza di produttività ad esempio tra Sicilia e Piemonte meridionale non supera il 10%. Tuttavia la collocazione tecnicamente ottimale sarebbe a terra, con talora inevitabile utilizzo di aree a vocazione agricola, con qualche non immotivata opposizione.

Interessante è la soluzione usata in California, Australia e Germania, dove una miriade di piccoli impianti sul tetto sono interconnessi con una potenza totale paragonabile a quella di una centrale esistente a carbone e senza alcun utilizzo di terreno agricolo, sia pure con qualche perdita di rendimento. L’idraulica è attualmente la fonte maggiore con grossi impianti siti essenzialmente nel nord, ma è difficile pensare ad un loro potenziamento significativo. La geotermia è una fonte tradizionale (l’Italia è stata leader mondiale) ed ha il vantaggio di poter esser programmabile insieme all’idraulica a bacino; notevoli sforzi sono stati fatti per ridurre l’impatto ambientale, ora pressoché nullo e dunque rappresenta un valido, sia pur minore, complemento.

Molto minore può essere il contributo di impianti a biomassa, essenzialmente per motivi economici, a meno di implementare una virtuosa filiera di coltivazione e produzione (vecchia idea, mai realizzata su larga scala). Altre forme non sono ancora industrialmente mature, ma la ricerca applicata deve continuare. Va anche detto che, al momento, è tecnicamente impossibile rinunciare completamente agli impianti fossili a gas, che, con potenza ridotta rimarrebbero, essenzialmente come riserva di emergenza e supplemento.

È inevitabile che talora (e non così infrequentemente) si abbia un surplus di produzione. La produzione di idrogeno verde potrebbe essere un interessante complemento, ancorché non facile da implementare. Al momento, la produzione di idrogeno blu da gas è la più economica

Non si può prescindere dallo stoccaggio energetico, perché molte delle citate forme di produzione non sono programmabili (vento, sole); gli impianti idraulici a bacino sono indispensabili e ne esistono di notevoli in Italia nell’arco alpino ed il loro uso, attualmente assai basso, va potenziato di un fattore almeno pari a dieci. Tuttavia non si può al momento prescindere, malgrado il costo assai elevato, da batterie, ad esempio a ioni di litio; la citata soluzione di impianti fotovoltaici su tetto prevede infatti anche una batteria con autonomia intorno a un’ora e mezza.

È lo stesso problema delle auto elettriche e dunque non è ottimistico aspettarsi una riduzione di costo nel futuro dato l’interesse e la relativa ricerca in atto
Per i motivi descritti è necessità irrinunciabile, anche se impegnativa, il potenziamento per un fattore dieci delle linee di trasmissione in alta tensione essenzialmente da Sardegna e Sicilia (probabilmente in corrente continua).

Cosa implicano queste riduzioni di emissioni?
La prima conseguenza è economica: un investimento di circa 200 miliardi di euro, in sostanza un Recovery Plan da farsi comunque in un programma di molti anni e dunque non irrealizzabile; a questo si accompagna un pesante, ma non intollerabile, aumento del costo della componente energetica della bolletta elettrica (probabilmente un raddoppio), per effetto del cambio di mix produttivo e dell’adozione delle costose batterie.

Un problema assai importante, anche se spesso trascurato, è costituito dal considerevole aumento dello spazio dedicato alla produzione energetica. Lo spazio occupato in Italia dagli impianti fotovoltaici sarebbe comparabile con l’intera provincia di Pisa (escludendo ovviamente la Piazza dei Miracoli) e se si aggiungono anche quelli eolici si occupa anche Livorno. Inoltre, sotto un impianto eolico si possono fare coltivazioni agricole o attività zootecniche, non così per il fotovoltaico, che andrebbe a maggior ragione collocato su tetti o aree non utilizzabili in altro modo

Occorre prevedere lo sviluppo di un’industria di supporto per fabbricare qualche decina di migliaia di turbine eoliche, centinaia di milioni di pannelli fotovoltaici e grandi impianti per trasmissione elettrica in alta tensione, per non parlare di altri componenti elettronici. I volumi richiesti non sono al momento compatibili con la disponibilità, ma è possibile e virtuoso favorire le Ppp (Public-Private-Partnership).

Occasione di sviluppo industriale
Le procedure di approvazione e di aggiudicazione devono essere veloci e vanno fatte su modelli simili a quelli usati per il ponte di Genova, anche correndo qualche rischio. Basta pensare alla proliferazione dei comitati locali come “Not In My Backyard”, che hanno bloccato per molto tempo, e con motivazioni spesso assolutamente stravaganti, l’esecuzione di importanti opere, quali impianti eolici, fotovoltaici o l’elettrodotto Socoi tra Sardegna, Corsica e Italia.

La transizione energetica è una necessità, non priva di costi; per renderli sostenibili occorre in primis esserne consapevoli e poi specificare e programmare gli interventi (ad esempio dove collocare gli impianti eolici, quale modello scegliere per quelli fotovoltaici, come utilizzare quelli geotermici ed idraulici), garantendo il flusso dei finanziamenti e delle approvazioni, evitando non necessari appesantimenti burocratici e controllando rigorosamente il raggiungimento degli obiettivi.

Oltre che una necessità, si tratta di un’imperdibile occasione di sviluppo industriale, come già capito in molti altri paesi, in primis la Germania

Foto di copertina EPA/ALEX PLAVEVSKI
L’autore ha utilizzato una serie di calcoli originali che è disponibile a condividere con gli interessati: gvcknl2@tin.it