La destra religiosa chiude l’era del più longevo premier di Israele
Ultima fermata per Benjamin Netanyahu. Dopo quattro elezioni in due anni e l’ultimo tentativo di rimanere in sella all’indomani degli 11 giorni di conflitto con Hamas, per il premier più longevo della storia di Israele sarebbe arrivato il momento di lasciare il potere. Ad archiviare l’era Netanyahu è quello che è stato a lungo considerato un suo delfino, Naftali Bennett, leader milionario della formazione della destra religiosa Yamina, che con appena 7 seggi (ma sarebbero diventati 6 a causa di una defezione) punta alla premiership, a capo di un’intesa di “tutti contro Netanyahu”, l’unica che è riuscita a mettere insieme deboli numeri in Parlamento. “Un governo del cambiamento”, lo chiama Bennett – che ha annunciato l’impraticabilità di un nuovo esecutivo di destra guidato da Netanyahu -, ma anche “la decisione più difficile della mia carriera politica”. Come già in campagna elettorale, il capo di Yamina mette l’agenda economica post-pandemia in cima alle priorità.
Bennett è stato capo di gabinetto del leader del Likud quando questi era ancora capo dell’opposizione, nel 2006, e ha fatto parte a vario titoli dei numerosi governi presieduti da Bibi: come ministro dell’Istruzione, poi dell’Economia, e quindi della Difesa. In passato alla guida dello Yesha Council, l’organo rappresentativo delle istanze dei coloni, con Bennett un esponente della destra religiosa arriva alla testa dello Stato. “È tempo di dire grazie e arrivederci a Netanyahu”, ha detto riferendosi a un Paese troppo lacerato fra sostenitori e oppositori del premier uscente, che ha polarizzato la scena politica nazionale.
Nella sera del 30 maggio, dopo aver riunito i suoi eletti, Bennett ha confermato la volontà di provare a formare un esecutivo di unità nazionale insieme al leader della formazione centrista Yesh Atid, Yair Lapid, il cui mandato esplorativo ricevuto dal presidente della Repubblica Reuven Rivlin scade mercoledì 2 giugno.
“Quattro tornate elettorali hanno indebolito il Paese. Si tratta di una crisi politica senza eguali nel mondo. Stiamo smontando l’edificio dello Stato e rischia di crollare tutto”, ha spiegato Bennett, che vuole così evitare il rischio di quinte urne all’orizzonte. La maggioranza di governo vedrebbe, oltre a Bennett e Lapid, anche la formazione “New Hope” dell’ex Likud Gideon Sa’ar, la destra laica di Avigdor Lieberman, Blu e Bianco di Benny Gantz e pure i laburisti e la sinistra di Meretz, e avrebbe bisogno dell’appoggio esterno di almeno una parte delle forze arabo-israeliane.
Lapid sarà premier a rotazione, assumendo l’incarico fra due anni, un’intesa tipica della politica recente israeliana. “Non sarà un governo di sinistra come dice Netanyahu”, ribatte però Bennett all’indirizzo del capo dell’esecutivo uscente, che aveva accusato l’ex delfino di aver tradito gli elettori, “ma sarà anzi più spostato a destra rispetto all’attuale. Non faremo ritiri e non consegneremo territori”.
Foto di copertina EPA/YONATAN SINDEL / POOL