Macron omaggia Napoleone e si prepara alle presidenziali
PARIGI. Emmanuel Macron non poteva che concludere col consueto “Vive la République!” anche il suo discorso “napoleonico” del 5 maggio, ma certo ha rischiato la stonatura, trovandosi accanto alla tomba di un imperatore. Il presidente se l’è cavata con un’ardua sentenza fatta di sei parole : “Napoléon est une part de nous”.
L’imperatore è nei cromosomi della storia e anche della società di tutti noi. Non ci servono anatemi sul passato, ma scelte per coniugare al futuro i nostri valori fondanti, nazionali ed europei. Bonaparte è stato imperatore per un decennio. Macron – si parva licet componere magnis – cercherà tra esattamente un anno il biglietto per il suo secondo quinquennio. Messi in frigorifero i progetti di grandi riforme (come quella pensionistica, che ha paralizzato a lungo il Paese in una spirale di scioperi), il presidente chiederà la fiducia dei connazionali sulla base soprattutto del modo in cui ha affrontato l’emergenza sanitaria e i conseguenti problemi economico-sociali.
In questi quattro anni, Macron ha disatteso le sue grandi promesse di cambiamento, ma ha dato la sensazione di una gestione salda del potere in una fase di crisi di varia natura: dalle proteste dei “gilet gialli” alla pandemia, dal terrorismo alle polemiche in ambito europeo, dagli scioperi all’impegno militare nel Sahel. I francesi lo hanno criticato spesso, ma non hanno mai pensato che mancasse un pilota alla guida del loro aereo.
Il quadro della situazione
Adesso comincia la stagione delle scelte. Dal 2002, a seguito della riduzione da 7 a 5 anni del mandato all’Eliseo, le presidenziali precedono di poche settimane le legislative, attraverso cui i francesi eleggono i 577 membri dell’Assemblea nazionale (unico ramo del Parlamento frutto del suffragio universale diretto). Se la prima parte della presidenza Macron ha avuto ben poche verifiche elettorali, adesso si va verso una sorta di ingorgo di consultazioni: il 20 e 27 giugno ci saranno i due turni delle amministrative (regionali e provinciali, o per meglio dire dipartimentali), in attesa delle presidenziali (aprile-maggio 2022) e delle legislative del giugno 2022. Sei domeniche elettorali nazionali in meno di un anno e mezzo.
Alcune telegrafiche considerazioni danno il quadro della situazione. Il livello di popolarità di Macron è basso, ma non catastrofico; il suo elettorato è solido, con uno zoccolo duro superiore al 20%. Il tema della sicurezza, che torna in primissimo piano col regredire della pandemia, vede in difficoltà Macron e avvantaggia le varie opposizioni alla sua destra.
La vera forza del presidente in vista del voto sta nell’altrui debolezza: nella difficoltà sia della destra neo-gollista (Les Républicains, Lr) sia della sinistra verde-rosa-rossa di riunirsi attorno a candidature comuni. Il partito Lr rimane fortissimo a livello locale (controlla la maggioranza delle regioni e i due terzi dei dipartimenti), ma è in palese difficoltà a compattarsi a livello nazionale: lo spostamento verso destra dell’asse politico macronista, con la crescente importanza dei ministri ex Les Républicains (il premier Jean Castex, il superministro dell’Economia Bruno Le Maire, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, la ministra della Cultura Roselyne Bachelot), sottrae spazio a questa formazione e la mette in difficoltà nel distillare una forte candidatura all’Eliseo (mentre c’è chi sogna la carta Michel Barnier, ndr).
Ancora una volta contro Le Pen
I sondaggi per le presidenziali 2022 sono unanimi nell’accreditare la tesi di un secondo turno Macron-Marine Le Pen, come accadde nel 2017. In tale scenario, la conferma di Macron all’Eliseo sarebbe senza dubbio probabile, ma l’attuale rafforzamento del Rassemblement national (Rn) della sovranista Le Pen – oltre alla scomparsa dell’”effetto novità”, che ebbe nel 2017 la candidatura Macron – dovrebbero parzialmente modificare l’esito delle urne: dall’eclatante 66-34% del 7 maggio 2017 si passerebbe a una vittoria macronista decisamente più “ristretta”, in un contesto di più elevato astensionismo.
Tale vittoria potrebbe aprire scenari sorprendenti in vista delle legislative del giugno 2022: non è impossibile che – una volta rieletto all’Eliseo – Macron sia poi costretto a coabitare con una maggioranza parlamentare a lui sgradita (maggioranza che non sarebbe certo lepenista – il Rn è troppo sfavorito dal sistema elettorale per le legislative -, ma che potrebbe fondarsi sui Républicains). Qui è comunque opportuno fermarsi con le ipotesi e tornare alla situazione sul terreno.
La prospettiva delle regionali
La polemica del momento in Francia riguarda direttamente le regionali del prossimo giugno e di rimbalzo le presidenziali del 2022. I due grandi partiti della coalizione governativa (Lrem, La République en marche di Macron e il MoDem, Mouvement démocrate di François Bayrou) si preparano a sostenere nella regione Paca (Provenza-Alpi-Costa azzurra) il candidato repubblicano, Renaud Muselier, presidente uscente minacciato da una possibile alta marea lepenista.
L’obiettivo dichiarato è quello di impedire ai sovranisti la conquista di una regione tanto importante, ma è chiaro che Macron vuole soprattutto alimentare le divisioni in seno al partito neogollista. Più i Républicains litigano tra loro e più dovranno accontentarsi del potere locale. In presenza di una sinistra indebolita, disorientata e divisa, Macron farà di tutto per sgambettare le speranze presidenziali del centrodestra targato Lr.
Nella foto di copertina EPA/MICHEL EULER / POOL MAXPPP OUT Emmanuel Macron arriva all’Academie Française in occasione del bicentenario della morte di Napoleone Bonaparte