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Stop dopo 7 anni

La Svizzera lascia il tavolo negoziale: niente accordo quadro con Bruxelles

28 Mag 2021 - Redazione - Redazione

Dopo sette anni di negoziato, si registra un nulla di fatto nei negoziati fra Svizzera e Unione europea: la Confederazione elvetica ha deciso (unilateralmente, sottolineano dalla Commissione) di abbandonare le trattative per l’adozione di un accordo quadro con Bruxelles. Restano quindi in piedi, per ora, i circa 120 trattati bilaterali stipulati nel corso del tempo fra le parti, riguardanti questioni che vanno dal commercio ai dispositivi medici. Le intese settoriali offrono alla Svizzera un canale privilegiato nell’accesso al mercato unico in cambio delle frontiere aperte e dell’allineamento del diritto elvetico a quello dell’Ue.

Alcuni di questi accordi hanno quasi 50 anni e la stessa Commissione aveva avvertito che molti di questi “invecchieranno inevitabilmente”, mettendo in guardia inoltre che senza il più ampio partenariato “non saranno concluse nuove intese con la Svizzera e quelle esistenti potrebbero non essere aggiornate”. L’attuale rete di accordi che regolano il rapporto non scomparirà quindi all’improvviso, ma inizierà ad appassire quando gli elementi che la compongono diventeranno obsoleti.

Disallineamento in vista
La Svizzera è il quarto partner commerciale dell’Unione europea. Il Paese alpino, da parte sua, commercia più con l’Ue che con chiunque altro, e solo l’anno scorso la Confederazione ha esportato nell’eurozona circa 160 miliardi di euro di beni e servizi. Per comprendere bene cosa questo fallimento negoziale rappresenta, si può fare un immediato esempio concreto. Per coincidenza, infatti, mercoledì – nelle stesse ore in cui Berna optava per lo stop ai negoziati – è scaduto un accordo di mutuo riconoscimento per i dispositivi medici come le macchine per la dialisi e gli strumenti per la chirurgia oculare, il che significa che sarà più complicato per i produttori scambiare tali dispositivi tra l’Ue e la Svizzera. Anche l’accesso al mercato unico per i prodotti agricoli potrebbe essere ostacolato poiché le attuali disposizioni non si adatteranno automaticamente alle nuove norme dell’Ue.

La posta in gioco per la Svizzera è quindi la cooperazione in una serie di settori economici essenziali. Il governo di Berna ha affermato di aver iniziato a fare scorta di attrezzature mediche e di aver adottato altre “misure preventive” di protezione legali per le società svizzere in attesa dell’imminente apertura di barriere con l’Ue. La decisione della Svizzera di abbandonare i colloqui significa quindi che con la scadenza dei trattati esistenti, il commercio tra l’Europa e la Svizzera potrebbe essere drammaticamente limitato. “A poco a poco, le economie cominceranno a disallinearsi“, come spiega chi negli ultimi anni ha seguito il dossier Brexit.

La scelta della Confederazione
Bruxelles si è detta rammaricata per la decisione presa dal Consiglio federale e motivata da “differenze sostanziali”. A monte di questo fallimento troviamo differenti vedute in materia di libera circolazione dei cittadini, protezione dei salari e aiuti di Stato. La scelta di Berna di ritirarsi ha fatto seguito alla dura opposizione politica interna all’accordo quadro, che è stato visto come una violazione della sovranità svizzera, nonostante un ampio desiderio nel Paese di mantenere stretti legami con l’UE.

Da non dimenticare inoltre il fatto che un accordo avrebbe anche ricevere l’ok da un referendum nazionale come previsto dall’ordinamento svizzero, con l’approvazione sia della maggioranza della popolazione complessiva che della maggioranza nei 26 cantoni del Paese. Ignazio Cassis, ministro degli Esteri elvetico, facendo riferimento a tale possibilità, aveva dichiarato ai giornalisti di non credere ai sondaggi che suggeriscono un ampio sostegno popolare per l’intesa (il 64%, secondo gfs.bern). Alla fine, il governo di Berna sembra aver scelto di allontanarsi dal tavolo piuttosto che rischiare una sconfitta alle urne.

In un’intervista all’inizio di questo mese, l’ambasciatore dell’Ue in Svizzera, Petros Mavromichalis, aveva già avvertito che i negoziati erano “la cronaca di una morte annunciata”. “Oggi è una vittoria per la democrazia diretta e quindi per il popolo svizzero”, ha detto invece Marco Chiesa, presidente dell’Udc, partito di destra che da ormai molti anni è il più rappresentato al Consiglio federale, dove esprime anche il presidente Guy Parmelin. Il governo di Berna aveva ventilato a lungo la possibilità di abbandonare i negoziati.

Parlare a Berna perché Londra intenda
Le trattative, iniziate nel 2014, sono diventate nel corso del tempo sempre più urgenti per Bruxelles, in particolare dopo la Brexit a causa delle preoccupazioni riguardo a un’ipotetica imitazione del modello svizzero da parte del Regno Unito: restare fuori dalle strutture istituzionali europee ma essere in grado di sfruttare i vantaggi garantiti dal mercato unico.

L’Ue voleva quindi riequilibrare una relazione che consente alla Svizzera di godere di un accesso di vasta portata al mercato unico pur rimanendo al di fuori delle strutture formali del blocco europeo. Nessun altro Paese, osservano a Bruxelles, gode degli stessi termini “privilegiati” della Svizzera.

Tuttavia rimane probabile che le conseguenze più acute si faranno sentire in Svizzera data la dimensione della sua economia e la capacità di Bruxelles di esercitare il proprio potere regolatorio sugli Stati vicini.

A cura di Damiano Mascioni
Foto di copertina Commissione europea