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L’agenda della "Global Britain"

Sul disarmo nucleare Londra balla da sola

10 Apr 2021 - Carlo Trezza - Carlo Trezza

Il recente annuncio britannico avvenuto nel quadro della quinquennale “Integrated Review of Security, Defense ,Development and Foreign Policy”  di rialzare da 180 a 260 il numero delle testate sui missili nucleari dislocati a bordo dei propri sottomarini a propulsione atomica è sorprendente ed anche inquietante e si aggiunge alla già controversa precedente decisione di sostituire gli attuali sottomarini nucleari Vanguard con la nuova e più costosa generazione di sommergibili denominata Dreadnought.

Uno dei principali risultati che i cinque stati (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) cui il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (Tnp) consente di detenere l’arma atomica si vantano di aver conseguito, è la drammatica riduzione dei loro arsenali nucleari. In effetti dai  circa 60mila ordigni complessivamente detenuti al culmine della guerra fredda, si è  passati oggi a circa 13mila testate. Queste ultime sono possedute al 90% dalla Russia e dagli Stati Uniti che hanno  anche effettuato la stragrande maggioranza delle riduzioni. Anche potenze minori come la Francia ed il Regno Unito hanno effettuato alcuni tagli. In particolare, Londra aveva preannunciato nella precedente “Integrated Review” un’ulteriore riduzione che avrebbe portato da 225 a 180 il numero delle  testate destinate ai suoi 4 sottomarini nucleari. 

Un annuncio in controtendenza
L’annuncio britannico è quindi in controtendenza non solo rispetto ai precedenti impegni nazionali ma anche rispetto al trend riduttivo prevalente tra i cinque Stati nucleari. Precedenti affermazioni di questi ultimi indicanti che “la corsa agli armamenti nucleari è finita; che gli stock sono al livello più basso; che ulteriori sforzi devono esser effettuati nel campo del disarmo nucleare” avevano  lasciato intendere che le riduzioni effettuate, quasi tutte unilateralmente, fossero irreversibili. Esse vengono ora contraddette da Londra e mettono in discussione la credibilità, già contestata, dell’intera categoria degli Stati nucleari e la validità del concetto del disarmo unilaterale.

Anche i tempi dell’annuncio sono sorprendenti poiché esso avviene alla vigilia della quinquennale Conferenza di Riesame del Trattato di Non Proliferazione Nucleare prevista a New York nell’agosto prossimo. Tale conferenza offre di norma ai 5 Stati nucleari un’occasione per rassicurare la comunità internazionale sul loro perdurante impegno a favore del disarmo nucleare come prescritto dall’Articolo 6 del Trattato. Ai cinque vengono da anni rimproverati i magri risultati sinora raggiunti nell’applicazione di tale articolo.

La visione del Regno Unito
Nel loro documento, le autorità britanniche rimangono alquanto enigmatiche nello spiegare i motivi di questa decisione (evolving security environment, including the developing range of technological and doctrinal threats). Ciò che però si evince dalla lettura dell’intero documento è un’accresciuta percezione della Russia come la “più acuta minaccia alla nostra sicurezza” mentre la Cina viene definita “a systemic competitor.

Ciò conduce Londra a sostenere la centralità del rapporto con gli Stati Uniti (anche se per Washington la Cina è oggi il principale antagonista) e con la Nato mentre con l’Europa la cooperazione si prefigura solo “laddove i nostri interessi coincidono”. Questa visione isolazionista e di rinnovata guerra fredda induce Londra anche a ritornare alla passata ambiguità sulle circostanze in cui il Regno Unito ricorrerebbe all’uso dell’arma nucleare, un approccio dottrinale che appare più in linea con la passata amministrazione Trump che con quella di Biden.

L’annuncio britannico non si può che  interpretare come un ulteriore passo indietro sul cammino del disarmo nucleare che si aggiunge all’uscita degli Stati Uniti e della Russia dal Trattato Inf sulla proibizione dei missili nucleari a raggio intermedio e al ritiro dell’amministrazione Trump dall’intesa Jcpoa sul nucleare iraniano.

Tali passi indietro indeboliscono inesorabilmente il Tnp, un trattato considerato, soprattutto dalle potenze nucleari, come un pilastro della pace e della sicurezza internazionale, e finiscono per rafforzare il nuovo Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (Tpnw) entrato in vigore quest’anno, che è fortemente osteggiato proprio dagli Stati nucleari del Tnp poiché non riconosce più la legittimità del loro status nucleare.

Foto di copertina EPA/CARRASCO RAGEL