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Dopo il sabotaggio di Natanz

Si torna a negoziare sul nucleare iraniano: una prova per l’Ue

14 Apr 2021 - Carlo Trezza - Carlo Trezza

Non si è sinora interrotto, nonostante il nuovo deprecabile sabotaggio della centrale iraniana di Natanz mirante ad ostacolarlo, il negoziato in corso a Vienna per un ritorno all’applicazione dell’accordo sul nucleare iraniano Jcpoa (Joint Comprehensive Plan of Action) concluso nel 2015. Tale intesa era stata originariamente stipulata tra l’Iran ed il gruppo detto “E3/EU+3” (Francia, Germania, Regno Unito/ Unione europea + Cina, Federazione Russa e Stati Uniti). La composizione del gruppo si è nel frattempo modificata poiché l’Amministrazione Trump è uscita dall’accordo nel 2018 e gli Usa non hanno quindi titolo per partecipare agli attuali incontri.

Una delegazione americana guidata dall’inviato speciale per l’Iran Robert Malley, risulta tuttavia seguire la trattativa di Vienna da un albergo attiguo a quello dei negoziati. A causa della Brexit, il Regno Unito non appartiene più organicamente al gruppo “E3/EU“ e quindi viene meno la compattezza di tale formazione.

Le difficoltà del negoziato
I lavori di questo  ultimo tentativo di salvataggio sono improntati a concretezza attraverso la creazione di due gruppi di lavoro incentrati sui due principali filoni di violazioni che si sono verificate dopo l’uscita degli Usa dall’accordo: la ripresa delle sanzioni americane di cui il Jcpoa prevedeva  la rimozione e la conseguente ripresa di attività nucleari iraniane proibite dall’accordo. 

Il negoziato si svolge in un quadro politico quanto mai delicato. L’amministrazione Biden appena insediata aveva preannunciato l’intenzione di rientrare nell’accordo. Essa deve tuttavia far fronte in via prioritaria ad una crisi pandemica ed economica senza precedenti per uscire dalla quale ha bisogno del pieno consenso del Congresso dove prevale un perdurante senso di sfiducia verso l’Iran.

Anche se è tramontata la passata sudditanza dell’amministrazione Trump nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu, permane anche nell’attuale amministrazione il forte senso di solidarietà verso Israele il cui leader è visceralmente contrario al Jcpoa e, da oltre un decennio, preannuncia l’imminenza della bomba atomica iraniana.

Mentre il governo annuncia di aver avviato l’arricchimento dell’uranio al 60% nell’impianto di Natanz, preoccupazioni di politica interna sussistono anche nel campo iraniano poiché sono prossime le elezioni presidenziali a Teheran, dove l’ala moderata attualmente al potere si confronta con forze più estremiste alle quali dovrà probabilmente cedere il passo se non riuscirà nelle prossime settimane ad ottenere risultati concreti dal negoziato in corso.

Il nodo della “prima mossa”
Uno degli ostacoli principali della trattativa è l’ostinazione, quasi infantile, di Teheran e Washington su chi deve fare il primo passo per rimettersi in riga con l’accordo. Si sta quindi lavorando per stabilire un meccanismo di riavvicinamenti sincronizzati al Jcpoa da entrambe le parti.

Altra esigenza sostenuta in particolare dagli ambienti congressuali Usa è l’introduzione nella trattativa di argomenti estranei alla natura esclusivamente nucleare dell’attuale intesa quali la questione dei diritti umani in Iran, il programma missilistico iraniano che si affianca a quello nucleare e la questione delle milizie sciite che costituiscono una longa manus iraniana nel Medio Oriente.Tutte questioni che sono legittime, ma che non possono che essere affrontate in un contesto regionale più ampio, con attori diversi e che, se affrontate nell’attuale contesto negoziale, lo farebbero sicuramente deragliare. 

Il ruolo dell’Ue
Nella presente situazione non è stata messa sufficientemente in luce la centralità del ruolo dall’Unione europea. Sin dai tempi del negoziato sull’accordo di Vienna, la delegazione dell’Ue, allora guidata da Federica Mogherini, è stata l’interlocutore ufficiale dell’Iran. Essa si è trovata anche in prima linea nel resistere all’intenzione di Trump di mandare all’aria l’intero accordo.

L’annesso IV del Jcpoa designa esplicitamente l’Alto rappresentante dell’Ue  per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea (oggi lo spagnolo Josep Borrell) quale coordinatore della Joint Commission che gestisce l’applicazione dell’accordo. In tale veste, vista anche l’assenza americana e l’isolamento britannico, spetta all’Europa, di fatto e di diritto, la guida del negoziato in corso.

Si tratta di un banco di prova fondamentale per la credibilità della nuova diplomazia europea e l’occasione per un rilancio che va incoraggiato e sostenuto non solo dagli Stati membri ma anche dall’opinione pubblica ,il potere legislativo ed i mezzi di informazione.

Nella foto di copertina EPA/IRAN PRESIDENT OFFICE la centrale nucleare iraniana di Natanz