Una finestra di opportunità per la distensione tra India e Pakistan
Gli sviluppi della situazione fra Pakistan e India a seguito del cessate il fuoco raggiunto nella crisi confinaria del Kashmir potrebbero avere l’opportunità di evolversi verso una cospicua distensione anche grazie alla cooperazione in ambito sicurezza in via di consolidamento nella Shanghai Cooperation Organization (Sco).
La notizia del messaggio del primo ministro indiano Narendra Modi all’omologo pakistano Imran Khan, giunta il 22 marzo 2021, giorno precedente la festa nazionale del 23 (ricorrenza della Risoluzione di Lahore e dell’approvazione della Costituzione del 1956, che fece del Paese la prima repubblica islamica del mondo), non ha colto completamente di sorpresa il mondo delle relazioni internazionali. La missiva, che con toni distensivi e costruttivi propone un approfondimento ed una stabilizzazione della pace fra India e Pakistan, è figlia di un momento di rappacificazione predetto e previsto da molti analisti attraverso un’attenta lettura del fattivo rispetto del cessate il fuoco che dalla sua stipula non ha visto il verificarsi del neppur minimo incidente.
La contingenza della crisi sanitaria può essere senza dubbio una delle cause della postura indiana, come si lascia trasparire nella comunicazione indirizzata al governo pakistano, ma le radici dell’atteggiamento di Narendra Modi (conservatore e legato ad una logica di politica di potenza) giacciono con ogni probabilità in una ricerca di nuovi equilibri regionali scatenata da complessi fattori.
La congiuntura economica
Innanzitutto l’India sta fronteggiando una severa crisi economica che ha radici più profonde e precedenti l’emergenza sanitaria: il Paese, che ha bisogno di riforme economiche ormai da anni, ha dimostrato un’insofferenza, soprattutto fra le classi più basse, che potrà mettere in difficoltà la dirigenza del Bharatiya Janata Party (Bjp) e non può permettersi una instabilità regionale troppo impegnativa. Al contempo il governo del Bjp ha subito come una sconfitta l’uscita dalle trattative per il Regional Comprehensive Economic Agreement (Rcep) e deve comprensibilmente ottenere risultati di spessore nell’ambito del commercio internazionale per risalire la china a seguito della crisi economica post-pandemia che lascerà tracce molto pesanti soprattutto sulla bilancia commerciale del Paese.
Insomma l’economia del governo di Nuova Delhi è pressoché in rovina e un perdurante conflitto con Islamabad finirebbe per indebolirla ulteriormente, offrendo così spunto ai detrattori interni dell’amministrazione del Bjp (come avvenuto con le proteste contro le riforme del settore primario).
Il comportamento del governo indiano non deve quindi lasciare più di tanto sorpresi, se esaminato da un punto di vista dell’opportunità. La reazione di Imran Khan, alla guida dell’esecutivo pakistano dal 2018, è stata per ora misurata: si è espresso positivamente in occasione della festività induista di Holi, celebrata anche in Pakistan, e ha accettato la lettera di Modi lasciando intendere, nel messaggio di replica, di essere intenzionato a percorrere la via della pace con tutti i Paesi vicini, India compresa. Un’ulteriore circostanza positiva degli ultimi giorni è la riapertura dei dialoghi fra i due Paesi per la questione delle risorse idriche, riattivando la commissione permanente dell’Indo (organo di coordinamento fra i due Paesi).
Il ruolo della cooperazione regionale
L’esercitazione congiunta sotto l’egida della Sco che – se verranno confermate le decisioni annunciate in seno all’organizzazione di Stati durante le riunioni del mese di marzo a Tashkent – potrebbe vedere impegnate in uno scenario anti-terrorismo le risorse di intelligence e sicurezza e le forze militari dei due Paesi, oltre a quelle degli altri aderenti al patto, sarà un ulteriore significativo passo nel processo di pacificazione.
Le precedenti esercitazioni di tale tipo sono state interessante occasione per misurare l’integrazione delle risorse militari e delle capacità di comando e controllo di Paesi come la Russia e la Cina (che prendono parte all’organizzazione). Il confronto collaborativo in campo militare fra New Delhi e Islamabad, se andrà in scena con la programmata esercitazione (dal nome di “Pabbi Antiterror 2021”) che si terrà in Pakistan tra settembre e ottobre di quest’anno, sarà un’opportunità per le due potenze nucleari del subcontinente nell’ottica dell’approfondimento del dialogo. Per il momento, però, l’esercito indiano ha detto di non aver ricevuto alcun invito formale da parte delle autorità pakistane.
L’occasione potrebbe fornire una chance altrettanto importante alla diplomazia cinese nell’ottica di ergersi a mediatrice e garante della soluzione delle controversie confinarie fra India e Pakistan e pertanto security provider diplomatico nell’area.
L’atteggiamento dei militari a Islamabad
Resta però da vedere quale possa essere l’atteggiamento dell’apparato militare pakistano, tanto influente nelle decisioni politiche di Islamabad, di fronte ad un riavvicinamento deciso fra i due Paesi. L’esercito della repubblica islamica vedrebbe infatti andare a ridimensionarsi il peso di difensore della sovranità nazionale e della legittimità islamica in caso di completo appianamento degli attriti.
Ma diversi segnali (come ad esempio la proroga della nomina del capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Qamar Javed Bajwa) sembrano confermare che il rapporto di forze fra esecutivo e militari sia, nella fattispecie del governo Khan, ancora a favore del secondo, che potrebbe far sentire le proprie istanze in seno alla dirigenza politica del Paese.
Foto di copertina EPA/RAHAT DAR