Ciad: Déby cerca il sesto mandato come presidente
Domenica 11 aprile i cittadini del Ciad sono chiamati alle urne per le elezioni presidenziali. L’uscente Idriss Déby, a quasi 69 anni, si è ricandidato per quello che potrebbe essere il suo sesto mandato consecutivo. Al potere dal 1990, Déby è attualmente uno dei presidenti in carica più longevi al mondo.
Come accade spesso nei contesti politici africani, anche in Ciad nel corso degli anni sono state effettuate delle modifiche ad hoc alla Costituzione per permettere all’attuale presidente di mantenere la propria carica.
Déby salì al potere alla fine del 1990, in seguito a un colpo di Stato che spodestò l’allora presidente, Hissène Habré. Nel 1991 modificò la Carta Nazionale ponendo le basi per una riforma istituzionale e per la promulgazione, nel 1996, di una nuova Costituzione. Secondo quest’ultima, il presidente della Repubblica del Ciad non poteva restare in carica per più di due mandati, della durata di cinque anni l’uno.
Nel 1996 si tennero le prime elezioni a suffragio universale dal momento dell’indipendenza, avvenuta nel 1960, e Déby venne eletto presidente. Rieletto nel 2001 per quello che sarebbe dovuto essere il suo secondo e ultimo mandato, nel 2005 promosse una modifica costituzionale – approvata da un referendum – che eliminò il limite massimo di due mandati. Ciò ha permesso a Déby di restare in carica per altri quindici anni, avendo vinto le elezioni del 2006, 2011 e 2016.
Dal 2018, una nuova Costituzione ha riportato il numero massimo dei mandati a due e ha allungato a sei anni la durata della presidenza. Questa nuova legge costituzionale, tuttavia, non tiene conto del numero di mandati già svolti prima della sua promulgazione. Questo significa che Déby può presentarsi sia alle elezioni del 2021 che a quelle del 2027, restando potenzialmente al potere fino al 2033.
Secondo l’attuale Costituzione, il presidente della Repubblica del Ciad viene eletto tramite sistema uninominale a doppio turno. Se al primo turno nessuno ottiene la maggioranza assoluta dei voti, viene organizzato un secondo turno di ballottaggio tra i due candidati più votati. Quello che riceve il maggior numero di voti al secondo turno viene eletto presidente della Repubblica.
I candidati alle elezioni
Il 3 marzo la Corte Suprema ha pubblicato la lista definitiva dei candidati per la corsa alle presidenziali. Delle diciassette candidature pervenute, solo dieci sono state considerate valide.
Senza particolari sorprese, il 6 febbraio 2021 Idriss Déby è stato indicato come candidato dal suo partito, il Mouvement Patriotique du Salut (Mps).
Quanto all’opposizione, inizialmente si è riunita in una coalizione, l’Alliance Victoire (Av), formata da sedici partiti. Il 9 febbraio l’Av ha scelto Théophile Bongoro come candidato unico della coalizione. Questa scelta però ha colto tutti di sorpresa, a causa soprattutto della poca notorietà di Bongoro nel panorama politico ciadiano. Infatti, Bongoro ha fondato il Parti pour le rassemblement et l’équité au Tchad (Pret) solo nel 2018 e non ha mai partecipato a un’elezione presidenziale.
L’Alliance Victoire ha subìto una scossa pochi giorni dopo la proposta del proprio candidato alla presidenza. Uno dei partiti che la componevano, l’Union nationale pour la démocratie et le renouveau (Undr) di Saleh Kebzabo ha deciso di ritirarsi dalla coalizione e ha scelto come candidato lo stesso leader del partito. Presentatosi già alle elezioni del 2001, del 2006 e del 2016, Kebzabo ha accusato l’Mps di Déby di avere influenzato la scelta del candidato dell’Alliance Victoire, portandola a individuare una figura poco influente sulla scena politica nazionale.
Tra le candidature presentate e validate figura anche Félix Nialbé, leader dell’Union pour le renouveau et la démocratie (Urd). Uno dei principali partiti di opposizione in parlamento, l’URD ha deciso di non aderire alla coalizione di partiti riunita sotto l’Alliance Victoire e di concorrere da solo.
Il ritiro di Kebzabo, Bongoro e Ngarlejy
A fine febbraio, le forze militari governative hanno fatto irruzione nell’abitazione di un altro oppositore del presidente uscente, Yaya Dillo Djerou, accusato di aver calunniato la moglie di Déby e già escluso dalla corsa dalla Corte Suprema. L’irruzione è sfociata in una sparatoria che ha provocato la morte di cinque persone, tra cui due familiari di Dillo, e il ferimento di altre cinque.
Il giorno seguente, Kebzabo ha annunciato il suo ritiro dalla corsa alla presidenza, denunciando l’evidente militarizzazione del clima politico e la tensione e l’insicurezza che gravano sugli oppositori di Déby.
Allo stesso modo, anche Bongoro dell’AV e Yorongar Ngarlejy, candidato di Fédération, Action pour la République (FAR), hanno ritirato la loro candidatura, dichiarando che il clima attuale non permette elezioni pacifiche e trasparenti.
Le reazioni dei cittadini
A esprimere il malcontento per il clima in cui si svolgeranno le elezioni dell’11 aprile, non sono solo gli oppositori politici e gli ormai ex candidati alla presidenza. A febbraio, in seguito alla scelta di Déby di ricandidarsi, anche numerose persone hanno deciso di protestare attraverso scioperi e manifestazioni. I cittadini hanno denunciato una cattiva gestione dell’economia, aggravata dai prezzi bassi del petrolio e dalle ribellioni armate di gruppi arabi musulmani nel nord del Paese. In risposta, Déby ha preso il controllo dei media locali per rimarcare il proprio dominio sulla scena politica ciadiana.
Il tentativo di vietare forme di protesta in periodo di elezioni e i numerosi arresti di oppositori politici e rappresentanti della società civile hanno attirato l’attenzione di Amnesty International,che ha chiesto di garantire la libertà di protesta dei manifestanti. La stessa organizzazione sorveglierà il Paese durante la giornata elettorale, auspicando che questa si tenga in un clima pacifico e trasparente.
A cura di Sebastian Cuschié, autore Africa de Lo Spiegone
***Lo Spiegone è una testata giornalistica formata da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate alle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.