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Tra Bruxelles e Roma

Dal certificato verde digitale uno strumento per la ripartenza

19 Apr 2021 - Francesco Bascone - Francesco Bascone

La tenuta di alcuni settori economici già flagellati dalla moria di aziende, come del morale dei cittadini, è condizionata dal fattore tempo (ogni mese, ogni settimana conta). La ripartenza dipende strettamente dal raggiungimento di una considerevole quota di popolazione vaccinata. Sotto questo profilo, la posizione del Regno Unito, che ha saputo accaparrarsi tempestivamente un buon numero di dosi in modo da avvicinarsi a quel traguardo entro giugno, è radicalmente diversa da quella dei paesi dell’Unione europea che puntano a fine estate.

Se il ritardo nel chiudere i contratti con le case produttrici, o le clausole troppo flessibili che non ci garantiscono la puntualità nelle forniture, sono solo in parte imputabili alle istituzioni di Bruxelles, più difficile è giustificare la lentezza nella predisposizione del certificato vaccinale unificato, presupposto della ripresa dei flussi turistici internazionali.

Le linee-guida di un apposito regolamento erano state redatte a fine gennaio, due settimane dopo la presentazione della proposta da parte del premier greco Kyriakos Mītsotakīs, e aggiornate il 12 marzo; solo il 14 aprile scorso i 27 si sono accordati in Coreper – la riunione dei rappresentanti permanenti a Bruxelles, ndr – su un mandato per negoziare con il Parlamento europeo le caratteristiche di questo strumento. Tale documento ne fornisce un quadro abbastanza dettagliato, anche se non definitivo.

Perché non è un passaporto
Anzitutto non parliamo più di passaporto vaccinale; viene anzi esplicitamente escluso che si tratti di un documento di viaggio. L’attuale denominazione è Digital Green Certificate, certificato verde digitale. Sarà un certificato che attesta data, tipo, luogo della vaccinazione o, in alternativa, un certificato di guarigione (recovery) che scade dopo sei mesi, o infine un certificato di test con esito negativo (validità 2 giorni). Ovviamente le relative facilitazioni, che spetta al Paese di ingresso o di permanenza determinare, non saranno le stesse. Non è chiaro perché debba chiamarsi verde, forse un’allusione al semaforo che autorizza il passaggio.

Al fine di poter meglio gestire ingenti flussi di visitatori, il documento sarà in linea di massima digitale, cioè un codice QR leggibile automaticamente ma anche a occhio (human-readable). In via sussidiaria potrà essere richiesto il cartaceo da chi non ha lo smartphone. Dovrà essere emesso in inglese oltre che nella lingua nazionale, ed è gratuito. Al fine di rendere più difficili le falsificazioni, è allo studio una firma digitale.

Per rispondere in anticipo alle obiezioni basate su presunti ostacoli costituzionali (principio di uguaglianza, a protezione di chi non ha potuto o voluto farsi vaccinare), il mandato evoca il principio della libertà di circolazione, che può essere sacrificato ad esigenze di salute pubblica ma solo nella misura strettamente necessaria; pertanto chi è immune (e, si suppone, non trasmette il virus, anche se al riguardo le ricerche sono ancora in corso) deve essere esentato dalle restrizioni.

Sempre in virtù del suddetto principio, combinato a quello di non-discriminazione,  a chi non è in possesso del certificato non potrà essere vietato l’ingresso in frontiera, ma potrà essere imposto l’obbligo di quarantena, isolamento e/o test, da cui i vaccinati o guariti saranno esentati.

Quello che continueremo probabilmente a chiamare digital pass servirà inoltre in molti Paesi per filtrare le persone ammesse ad entrare in teatri, cinema, musei, negozi, alberghi, ristoranti al chiuso, a partecipare a grandi eventi, a praticare sport di contatto, fino a quando rimarranno in vigore le restrizioni. L’alternativa – chiusura per tutti fino a quando si può riaprire per tutti – sarebbe rovinosa per i settori alberghiero, della ristorazione, del piccolo commercio e, ancor più, dello spettacolo e dello sport.

Parola chiave interoperabilità
Il Consiglio Ue concentra l’attenzione sulla facilitazione dell’attraversamento delle frontiere intra-comunitarie, ma accenna anche alla possibilità di riconoscere i certificati emessi da Paesi terzi identificati dalla Commissione, e di coordinarsi con analoghe iniziative di altre organizzazioni internazionali (Oms, Icao ecc.). Per l’economia di Paesi a vocazione turistica come il nostro, facilitare l’ingresso di turisti extra-europei è di importanza vitale. Ma elaborare le necessarie intese per rendere compatibili i rispettivi sistemi – la parola chiave dell’intera operazione è interoperabilità –  richiede tempo.

Perciò ci si può domandare se le istituzioni di Bruxelles, che hanno prospettato una conclusione dell’iter entro fine giugno, non se la prendano troppo comoda. L’Italia avrebbe interesse a sollecitare una velocizzazione della procedura. Israele, Cipro e la Grecia hanno già annunciato che da maggio intendono accogliere senza obbligo di quarantena gli stranieri muniti di certificato di vaccinazione.

Quando la Commissione avrà messo a punto il modello di certificato interoperabile, gli Stati membri dovranno adattarlo alle condizioni locali, decidere quali facilitazioni accordare, approntare il software e distribuire un hardware per la lettura automatica. Si rischia di far passare la stagione turistica se i preparativi non vengono portati avanti sin d’ora, in parallelo con i lavori comunitari, in base alle informazioni già disponibili.

Il pass italiano sia embrione dell’europeo
Il pass testé annunciato dal governo Draghi per spostamenti fra regioni è destinato a divenire fra qualche mese un doppione. Ben venga se concepito come embrione di quello europeo, la cui attuazione verrebbe accelerata; un diversivo dannoso se verrà invece sviluppato senza tener conto della futura interoperabilità.

A maggior ragione, se viene considerato necessario un dibattito sulle questioni di principio fra le forze politiche di governo e in Parlamento, andrebbe portato avanti al più presto in modo che la strada sia spianata per la messa in pratica appena il modello sarà fornito da Bruxelles.

Foto di copertina EPA/JOHN THYS / POOL