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L’anniversario dell’accordo

Ue-Turchia 5 anni dopo: dall’energia passa il rilancio della cooperazione

18 Mar 2021 - Luca Franza - Luca Franza

Nel complesso scacchiere del Mediterraneo orientale, l’energia ricopre indubbiamente un ruolo strategico di primo piano, che però tende ad essere travisato. Le ingenti risorse di gas naturale presenti nella regione vengono infatti spesso descritte come una delle cause scatenanti del conflitto tra la Turchia e gli altri Paesi litoranei. Da un’analisi informata emerge che non è così. Al contrario, l’energia potrebbe essere uno strumento per ammorbidire le tensioni e rilanciare la cooperazione nella regione.

Il primo elemento su cui è necessario far luce è che gli interessi energetici non spiegano le azioni turche di destabilizzazione nel Mediterraneo orientale. Trovare nuovi giacimenti di gas non dovrebbe essere una priorità per la Turchia e probabilmente, in effetti, non lo è. Il gas non è dunque il pomo della discordia, bensì la vittima di un’instabilità geopolitica le cui radici vanno ricercate altrove. L’argomentazione si può costruire su sei pilastri.

La partita del gas
Innanzitutto, l’inizio delle attività di trivellazione turche hanno coinciso con un calo della domanda turca di gas nel 2018 e 2019. Se è vero che la domanda è cresciuta nel 2020, lo ha fatto sulla spinta di fattori contingenti piuttosto che strutturali, come il calo della produzione idroelettrica provocato dalla siccità e l’introduzione di regolamenti restrittivi sull’uso di lignite per la produzione di energia elettrica. Nel lungo termine, tuttavia, è incerto se la domanda turca di gas aumenterà ed è improbabile che aumenterà in modo così consistente da giustificare una caccia all’oro blu.

In secondo luogo, anche nell’anno in cui la domanda è cresciuta, ovvero il 2020, la Turchia ha comunque goduto dell’accesso ad approvvigionamenti ben diversificati a prezzi competitivi. Il Paese è infatti riuscito a calibrare le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) rispetto a quelle di gas via condotta in base alle fluttuazioni dei prezzi. La Turchia si trova in una posizione favorevole per rinegoziare i propri contratti d’importazione in scadenza nei prossimi cinque anni a condizioni vantaggiose.

Inoltre, l’argomentazione per cui la Turchia ambirebbe a produrre più gas entro i propri confini per ridurre la dipendenza dal gas russo poggia su basi deboli. Il Paese sta infatti acquistando dalla Russia i sistemi militari S400 e sta costruendo la nuova centrale nucleare di Akkuyu in partenariato proprio con la Russia. Ankara non sembra dunque particolarmente preoccupata della propria dipendenza strategica da Mosca in altri dossier.

Le mosse della Turchia
Se le azioni turche nel Mediterraneo orientale fossero state motivate dalla volontà di avere accesso a risorse domestiche di gas, la scoperta di nuovi giacimenti di gas nella zona economica esclusiva turca del Mar Nero avvenuta l’anno scorso avrebbe dovuto portare a una diminuzione delle attività di trivellazione di Ankara nel Mediterraneo orientale. Questo invece non è accaduto.

Un’osservazione ancor più importante è che i mercati internazionali del gas attraversano una congiuntura di eccesso di offerta. Di conseguenza, i prezzi del gas si sono mantenuti su livelli molto bassi nel 2020. Gli ultimi mesi hanno visto un aumento repentino che avrà tuttavia vita breve considerando l’avvio di nuovi progetti GNL nei prossimi anni fino al 2025 e oltre. La permanenza di prezzi bassi per un periodo prolungato di tempo renderà relativamente difficile lanciare nuovi progetti gas oltre a quelli su cui sono già state prese decisioni finali d’investimento.

Contribuendo a creare instabilità geopolitica, la Turchia sta in realtà compromettendo i piani di sfruttamento delle risorse energetiche della regione. Gli investitori internazionali sono riluttanti a investire in aree percepite come ad alto rischio geopolitico e le alternative non mancano in un mondo caratterizzato da sovrabbondanza di risorse di idrocarburi. La Turchia appare particolarmente bisognosa del supporto di capitali e tecnologie occidentali, compreso nel Mar Nero dove l’impresa nazionale Tpao non dispone delle tecnologie di estrazione in acque profonde necessarie ad estrarre il gas dal giacimento di Sakarya recentemente scoperto.

Energia e cooperazione
Al contrario, l’energia può contribuire a rilanciare la cooperazione regionale e a rompere il circolo vizioso che vede il governo turco attizzare la retorica nazionalista e l’avventurismo geopolitico in risposta a défaillance economiche per distrarre l’opinione pubblica, alienandosi così ulteriormente possibilità di crescita economica allontanando gli investimenti. Innanzitutto il Forum per il Gas del Mediterraneo orientale potrebbe essere ampliato, sia nella membership che nel mandato. Per entrarvi a far parte, è cruciale che la Turchia rinunci alle provocazioni e che si trovi la quadra sui negoziati sulle demarcazioni delle acque territoriali. 

Il Gnl è un’altra area promettente di cooperazione che vede coinvolti Turchia, Ue e Stati Uniti. L’Ue è un punto di riferimento per altri importatori grazie al suo ruolo catalizzatore rispetto all’apertura dei mercati internazionali del Gnl e alla sua legislazione d’avanguardia che le ha permesso di procurarsi Gnl a prezzi ultracompetitivi negli ultimi anni. Gli Stati Uniti sono dal canto loro un grande esportatore di Gnl.

L’Unione europea e l’Italia
Il Green Deal europeo è un altro importante volano di cooperazione. La Turchia dispone di un potenziale di produzione di energia eolica invidiabile. L’Ue dal canto suo vanta eccellenze in questo comparto, aprendo così opportunità di business e sinergie. La Turchia potrebbe anche svolgere un ruolo interessante come destinazione di near-shoring rispetto alle ambizioni europee sull’accorciamento delle catene del valore nelle tecnologie low-carbon. Alla Turchia potrebbe essere anche assegnato un ruolo di primo piano nella dimensione esterna della strategia europea sull’idrogeno, che al momento guarda soprattutto a Nordafrica ed Est Europa come potenziali fornitori.

Anche l’Italia può svolgere un ruolo importante. La Turchia è l’unico Paese del G20 a non aver ancora ratificato gli accordi di Parigi sul clima. Sarebbe un grande successo per l’Italia, presidente del G20 quest’anno, fare in modo che tutti i paesi del raggruppamento ratificassero l’accordo. Per la Turchia questa sarebbe l’occasione per porre fine ad anni di isolamento politico e gettare le basi per una collaborazione con l’Ue attraverso il Green Deal, attorno al quale ruotano grandi opportunità economiche.