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Verso le urne a dicembre?

Tutte le incognite del nuovo governo di unità nazionale in Libia

22 Mar 2021 - Francesco Semprini - Francesco Semprini

Il futuro della Libia si deciderà nello spazio temporale che intercorre tra due anniversari tondi del Paese nordafricano. Il primo è quello del 17 febbraio 2021, decima ricorrenza della Primavera araba che ha portato all’abbattimento del regime di Muammar Gheddafi. Il secondo è il 24 dicembre 2021, quando la Libia celebra il 70° esimo anniversario della propria indipendenza. In mezzo, dieci mesi (di fatto nove a partire da ora) in cui il protagonista assoluto sarà, oltre al popolo libico, il nuovo governo di unità nazionale (Gun) guidato dal premier Abdulhamid Dbeibah che dovrà traghettare il Paese verso nuove elezioni fissate, appunto, per la vigilia di Natale, secondo la “roadmap” delle Nazioni Unite.

Un passaggio reso possibile dall’azione di Stephanie Williams, capo ad interim di Unsmil (la missione Onu), che ha promosso il “Forum di dialogo politico libico” (Lpdf), culminato con l’individuazione di liste e candidati per la creazione di un governo transitorio in vista delle elezioni del 24 dicembre.

Il tema è stato al centro di un recente Forum di AffarInternazionali con l’ambasciatore Pasquale Ferrara, inviato speciale per la Libia del ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Dall’opzione militare a quella politica
Il 15 marzo è avvenuto il passaggio di consegne tra il Governo di accordo nazionale uscente (Gna) di Fayez al Sarraj e il nuovo Governo di unità nazionale, nato dal voto del Forum per la lista di Mohammed el-Menfi (candidato presidente) e Dbeibah (candidato premier) avvenuto poco prima del decimo anniversario della primavera libica.

“È inconfutabile che si tratti di un passaggio storico, non solo perché pone fine alla logica dello scontro armato nella fissazione degli equilibri interni. Ma perché si tratta di un governo che ha incassato la fiducia del Parlamento, cosa che il Gna di Serraj, e prima gli altri esecutivi, non avevano mai ottenuto”, spiega Daniele Ruvinetti, strategic advisor, esperto di Libia ed autore su formiche.net. Il consesso, riunito per l’occasione a Sirte (città simbolo delle lacerazioni interne), ha dato ampia fiducia all’esecutivo con 132 voti su 133 votanti e 178 deputati aventi diritto. Si tratta quindi di un governo titolato in pieno a guidare il Paese verso l’inizio della riunificazione.

Fattori interni ed esterni
“Ciò è stato possibile anche grazie all’abilità di Aghila Saleh”, chiosa Ruvinetti. Il presidente del Parlamento di Tobruk uscito sconfitto dalle votazioni del Lpdf alle quali si era presentato in una lista col ministro degli Interni di Tripoli Fathi Bashaga, rischiava di rimanere tagliato fuori dai giochi con l’elezione della lista di “outsider”. “La notte prima della votazione della fiducia c’è stato un accordo tra Dbeibah a Saleh in cui sono stati cambiati alcuni ministri nella lista presentata dal neonato esecutivo – rivela l’esperto -. In cambio, Saleh ha garantito un’ampia fiducia ottenendo di rimanere presidente del parlamento e comandante supremo delle forze armate”, ruolo che spetta al capo dell’Assemblea.

A rendere possibile il passaggio del nuovo esecutivo è stato l’allineamento di una serie di posizioni relative agli attori regionali. “A partire dagli egiziani entrati in ‘modalità cooperazione’, hanno giocato un ruolo importante per giungere al compromesso”, puntualizza Ruvinetti. Anche Turchia e Russia hanno lavorato ad un’intesa perché sempre più consapevoli che l’opzione militare non fosse praticabile. L’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca ha infine ridotto il peso degli Emirati, lo sponsor più intransigente di Khalifa Haftar e della sua guerra a Tripoli.

I compiti del governo transitorio
Si contano sulle dita d’una mano le azioni che il nuovo esecutivo dovrà portare avanti in vista della scadenza naturale del 24 dicembre. La prima, ovviamente, è traghettare il Paese alle urne, quindi completare il processo di cessate il fuoco, procedendo al contempo allo smantellamento delle milizie e alla loro sostituzione con forze di sicurezza regolari. C’è poi il capitolo economico-sociale volto a garantire l’erogazione di determinati servizi pubblici, come la fornitura di energia elettrica.

Infine, dovrà lavorare per rafforzare e rilanciare la cooperazione con Unsmil, la cui guida è ora passata all’ex ministro degli Esteri slovacco Jan Kubis. Ci sono poi due aspetti su cui l’esecutivo potrebbe avviare un confronto: l’unificazione delle istituzioni economiche e l’uscita delle forze straniere dal territorio libico, in particolare mercenari.

L’incognita Haftar
È chiaro che i cambiamenti in atto non soddisfano il generale Khalifa Haftar, il quale aveva dato il benvenuto al nuovo governo eletto nel corso del Lpdf ma non si è pronunciato al momento della fiducia. La conferma giunge dal fatto che il giuramento dell’esecutivo, inizialmente previsto a Bengasi, si è tenuto a Tobruk “per motivi di sicurezza”.

“Di fatto il generale ha visto tagliati fuori tutti i suoi uomini dal governo, assistendo al contempo al reinserimento di Aghila (che sembrava morto dopo la sconfitta di Ginevra) che lo ha messo in ombra – conclude Ruvinetti -. Haftar stesso ha fatto trapelare alle cancellerie internazionali il suo scontento e non ha voluto incontrare Dbeibah”. Al momento appare difficile che l’uomo forte della Cirenaica possa procedere ad azioni forti di disturbo, e quindi preferisce rimane defilato puntando forse a un reinserimento in vita dell’agognata data elettorale del 24 dicembre ergendosi probabilmente a guardiano della sovranità nazionale della Libia conquistata proprio il 24 dicembre 1951.