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Stop all'intesa commerciale

La strada per l’accordo fra Ue e Mercosur è tutta in salita

31 Mar 2021 - Francesco Tabarrini - Francesco Tabarrini

Il Mercosur compie 30 anni ma il patto commerciale con l’Unione europea sembra destinato a non vedere la luce. Dopo 20 anni di negoziati e un accordo di massima raggiunto solo nel 2019, le parti non sono ancora convinte e molto probabilmente i nodi non si scioglieranno nel breve periodo. Al contrario c’è chi si dice pronto a rinnegare tutto, soprattutto in Europa.

Il Mercosur, inaugurato nel 1991 con il Trattato di Asunciòn, costituisce un’area commerciale che mira a realizzare la libera circolazione di merci, capitali, servizi e persone tra i suoi Stati membri. Ad oggi ne fanno parte a pieno titolo Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, assorbe i tre quarti del volume commerciale del continente sudamericano, comprende più di 250 milioni di persone e insiste su una superficie che è quattro volte quella dell’Unione europea, a cui spesso viene paragonato, almeno negli obiettivi finali.

I negoziati con l’Ue hanno avuto inizio nel 2000 e hanno conosciuto fasi diverse, alternando periodi di stallo ad accelerazioni. L’Ue è il partner di investimento numero uno del Mercosur con un un volume di investimenti che è quasi triplicato dal 2000 ad oggi, superando i 350 miliardi di euro e rappresenta il suo secondo partner commerciale, dopo la Cina. I dati pre pandemia mostrano che nel 2019 le esportazioni dell’Ue verso i Paesi del Mercosur sono state pari a 41 miliardi di euro, mentre le importazioni Ue sono state di 35,9 miliardi.

Nel 2016, a seguito dell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, l’Unione europea, spinta tra le braccia del partner sudamericano dal lancio della politica del ‘Buy American’, ha rinnovato il processo di negoziazione con il Mercosur fino ad arrivare, il 28 giugno 2019, ad un accordo politico di massima per un patto commerciale.

I veti in Europa…
L’intesa raggiunta dalla Commissione europea – definita “un momento storico” dall’allora presidente Jean-Claude Juncker- prevede la creazione di un mercato da 800 milioni di consumatori con la produzione di un quarto del Pil mondiale e l’abbattimento di circa 4 miliardi di euro di dazi tra i due blocchi con un accordo che si muove su due direttrici: l’esportazione di prodotti dell’Ue che fino ad allora avevano dovuto far fronte a tariffe elevate e talvolta proibitive, come automobili (tariffa del 35%), macchinari (14-20%) e prodotti chimici (fino al 18%); l’importazione di prodotti agricoli e alimentari provenienti dal Mercosur con l’abbattimento dell’80% dei dazi sul 99% dei prodotti all’ingresso in Europa.

Nonostante l’entusiasmo iniziale, ben presto però il clima si è gradualmente raffreddato fino ad arrivare oggi al punto di massima distanza tra le due parti. Mentre l’accordo è sottoposto a revisione legale in vista della ratifica, più di uno Stato all’interno dell’Ue ha palesato l’intenzione di porvi il veto e all’interno del Parlamento europeo è cresciuta l’opposizione all’intesa commerciale, lamentando l’incompatibilità del patto con gli obiettivi del Green Deal europeo e con l’Accordo di Parigi sul clima, in particolare in seguito alla deforestazione dell’Amazzonia, su cui si basano le politiche agricole dei quattro del Mercosur.

Dopo l’Irlanda, anche la Francia ha dichiarato di non aver intenzione di avallare l’accordo “così com’è”, preoccupata per le sorti della foresta pluviale e – meno esplicitamente – dalla minaccia della carne bovina sudamericana per le esportazioni francesi. Da considerare, poi, anche i rapporti tutt’altro che cordiali tra il presidente francese Emmanuel Macron e il brasiliano Jair Bolsonaro.

Recentemente è arrivato il “no” anche dell’Austria di Sebastian Kurz, pressato dalla componente Verde che appoggia il governo: il cancelliere ha dichiarato di vedere l’accordo come una minaccia alla credibilità europea in materia ambientale. A tal proposito, il vice-cancelliere Kogler ha inviato una lettera ad António Costa, premier portoghese, che attualmente detiene la presidenza di turno dell’Ue; un punto sollevato anche da centinaia di organizzazioni non governative europee.

…e in Sudamerica
A nulla sembra esser valso proprio l’impegno diplomatico del Portogallo che, invece, vorrebbe portare a conclusione i negoziati finali entro giugno e che si è mostrato non solo il maggior supporter delle relazioni tra i due blocchi commerciali, ma ultimamente forse anche l’unico. Oltre a cercare di serrare le file tra gli europei, la diplomazia portoghese si è ritrovata infatti anche a dover rianimare la volontà di Brasile e Argentina. La presidenza Bolsonaro, al cui operato gli europei attribuiscono le difficoltà nella chiusura dell’accordo, non fa mistero della sua politica nazionalista in Amazzonia, mentre in Argentina – presidente di turno del Mercosur –  l’alternanza al governo ha portato alla presidenza Alberto Fernández, politico di centro-sinistra molto critico sul patto.

Proprio l’Argentina, ha più volte denunciato un presunto “squilibrio” a favore dell’Ue nell’accordo e le sue intenzioni volerne rinegoziare alcune parti minacciando addirittura di uscire dalle trattative. L’ambasciatore argentino presso l’Ue, Pablo Grinspun, tuttavia ha fatto sapere che il Paese “continua ad essere determinato” a finalizzare l’accordo, ma ha avvertito che il processo è in una “fase particolarmente difficile”. In ogni caso, pur esistendo precedenti, sarebbe impensabile arrivare ad una conclusione del patto senza il consenso dell’Argentina. Così come l’ipotesi di chiedere al Mercosur maggiori impegni ambientali con accordi separati.

I tempi per una svolta però sono stretti: la presidenza portoghese scade a giugno; la Slovenia, prossima di turno, nutre altre priorità e il 2022 vedrà protagonista la Francia, non proprio il maggior supporter dell’accordo. Infine, va considerato che lo stallo – se non addirittura il fallimento – dell’accordo potrebbe lasciare spazi ad altri attori, già presenti e vivaci in America Latina, come la Cina, pronta a subentrare all’Ue nei flussi commerciali con il Mercosur e facilitata dalla collaudatissima diplomazia vaccinale nella regione.

Foto di copertina EPA/STEPHANIE LECOCQ