La Libia ha un governo unitario e ancora tante sfide davanti
Mercoledì 10 marzo il Parlamento libico si è riunito nella sua interezza a Sirte, città natale di Muammar Gheddafi oggi presidiata dalle forze del generale Khalifa Haftar e confine tra le aree di controllo del governo di Tripoli e di quelle dell’est. In quella che di fatto è una sorta di zona franca tra le due Libie litoranee, il Parlamento ha confermato con un proprio voto ad ampia maggioranza il governo di transizione prodotto dal dialogo politico intra-libico promosso dalle Nazioni Unite (Libyan Political Dialogue Forum).
Con il voto di Sirte, la Libia torna ad avere, per la prima volta dal 2014, un governo unitario e legittimo, seppur temporaneo e limitato, pochi giorni dopo le manifestazioni di piazza nel decimo anniversario della rivolta libica. Si tratta di un governo di unità nazionale che ruota attorno al tandem Abdel Hamid al-Dbeibah e Mohammed al-Menfi, rispettivamente nuovi primo ministro e presidente, e attorno a cui è stato costruito un governo con un numero molto ampio di ministri per bilanciare le fazioni interne e gli attori esterni che hanno un peso nelle vicende del Paese.
L’esecutivo nasce ufficialmente con un obiettivo limitato nel tempo e nel mandato, ossia quello di preparare le elezioni del dicembre 2021 e soprattutto porre in qualche modo fine all’esasperazione della vita quotidiana dei libici, che tanto ad est quanto ad ovest non reggono più i sacrifici e le limitazioni prodotte dalla guerra.
Tandem Tripolitana-Cirenaica
La limitatezza del mandato, la forte spinta da parte delle Nazioni Unite ed il divieto per rappresentanti del governo ad interim di candidarsi alle prossime elezioni, ha fatto sì che il complesso meccanismo di nomine e negoziazioni arrivasse in porto, anche se una parte dei ministri che sono usciti dal Forum di dialogo politico dell’Onu sono stati modificati dal Parlamento nel processo di conferma.
Inoltre, non c’è stato accordo sulla carica di ministro della Difesa, il cui interim sarà tenuto dal premier al-Dbeibah fino a che est ed ovest non raggiungeranno un intesa su un nome comune. Il governo transitorio libico si insedierà ufficialmente il 15 marzo, anche se non è ancora chiaro dove esso sarà collocato territorialmente, visto che la ripartizione dei membri del governo in base alla provenienza geografica difficilmente renderà possibile poter concentrare in una città l’intero esecutivo.
Il nuovo governo nasce con la formula del tandem tripolitano-cirenaico per superare lo stallo che nessuna delle fazioni libiche potrebbe raccogliere un consenso sufficiente per poter guidare il governo. È su varie liste di coppie candidate premier-presidente tripolitano-cirenaici che i 75 delegati nominati o scelti dal Forum delle Nazioni Unite hanno votato. Attorno a questi diversi tandem si è costruito un più ampio meccanismo di spartizione delle principali cariche politiche ed economiche del Paese in modo che tutte le componenti territoriali, etniche e di potere economico e militare fossero rappresentante, inclusi gli attori esterni.
Figure nuove
Contrariamente alle aspettative, da questo peculiare meccanismo di dialogo politico intra-libico non si è affermato il ticket politicamente più forte del Paese che era composto dal duo Aguila Saleh/Fathi Bashagha, anche se il primo, speaker del Parlamento di Tobruk e anche uomo di riferimento dell’Egitto in Libia, e il secondo, ministro degli Interni del governo di Tripoli filo-turco, resteranno i principali referenti politici del nuovo governo di unità nazionale.
Interessante notare che l’intesa che ha messo tutti d’accordo è stata raggiunta attorno a figure come al-Dbeibah e al-Menfi, importanti dal punto di vista economico, ma politicamente secondarie. È in qualche modo il successo di un’innovativa formula di compromesso che vede emergere figure pragmatiche e fluide, trasversali alle varie basi di potere e che per legami familiari, etnici e collegamenti tanto con le figure del vecchio regime di Gheddafi quanto con gli ambienti della rivoluzione, rappresentano la miglior cerniera tra le tante anime frantumate della Libia di oggi.
Prospettive future
La creazione di un nuovo governo di unità nazionale che, per il momento, ha un ampio consenso sia interno che internazionale rappresenta un importante sbocco del processo avviato a Berlino un anno fa, quando le Nazioni Unite hanno iniziato a riprendere in mano il filo della transizione politica che era stato spezzato dall’attacco militare di Haftar contro la Tripolitania. Dopo che l’offensiva di Haftar si è trasformata in una dispendiosa ed infruttuosa guerra di logoramento alla periferia di Tripoli a causa del massiccio intervento militare turco, la contrapposizione tra Tripolitania e Cirenaica si era congelata attorno alla città di Sirte seguendo le sfere di influenza turca e russa.
Come l’intervento turco aveva bloccato l’avanzata di Haftar su Tripoli, così il rafforzamento della presenza russa aveva impedito la controffensiva delle forze di Tripoli verso la Cirenaica. Il dispiegamento di migliaia di mercenari stranieri da ambo le parti, tra cui russi e siriani, ha portato però alla forte perdita della ownership libica del conflitto con un impressionante presenza non solo di interessi stranieri, ma anche di forze militari straniere. Il deterioramento della situazione economica, lo stallo militare e l’eccessivo peso straniero sono tutti fattori che hanno contribuito a creare quegli spazi di manovra per un’intesa intra-libica che fino ad oggi era stata impossibile.
I compiti del nuovo governo transitorio sono però davvero ardui e non sarà facile in pochi mesi mettere in sicurezza economica il Paese e preparare le elezioni per dicembre in assenza di una legge elettorale e con una Costituzione in bozza. Non è dunque da escludersi che il nuovo governo ad interim possa essere prorogato oltre il 2021.
Foto di copertina EPA-EFE/STR