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Le tensioni tra Nato e Russia sul fronte baltico 

29 Mar 2021 - Susanna Capretti - Susanna Capretti

Quanto è solido l’equilibrio attuale nei Paesi baltici? Anche negli ultimi anni la relazione tra la Nato e la Russia è stata spesso caratterizzata da momenti di tensione, in particolare lungo le coste del mar Baltico. Da un lato, la Russia si sente minacciata dall’espansione e rafforzamento ad Est dell’Alleanza, mentre dall’altro, la Nato condanna la politica aggressiva di Mosca, in particolare in seguito all’illegittima annessione della Crimea nel 2014.

In tal contesto, la questione del Baltico rimane estremamente rilevante non solo per il rafforzamento politico dell’Alleanza, ma anche per sviluppare un’adeguata preparazione alle sfide per la stabilità e la sicurezza pan-Europea.

Perché i baltici?
In primis, l’importanza strategica dei baltici risiede in un fattore di tipo geografico: l’Estonia, la Lettonia e la Lituania costituiscono infatti l’unica regione dell’Europa orientale in cui i territori della Nato e della Russia confinano in modo diretto. A seguito dell’occupazione da parte delle forze sovietiche, una buona parte delle rispettive popolazioni è ad oggi di etnia russa, favorendo le rivendicazioni di Mosca su quei territori e la sua Compatriot Policy. In seguito all’adesione delle tre repubbliche alla Nato, la Russia ha inoltre implementato il suo sistema difensivo nell’enclave di Kaliningrad con sistemi di difesa missilistica S-300 e S-400, la cosiddetta “bolla” A2/AD (Anti-Access/Area Denial), contribuendo a rendere meno accessibile in caso di crisi il già fragile Suwalki Gap tra Polonia e Lituania.

Un altro aspetto da sottolineare riguarda la questione energetica, e gli svariati tentativi da parte delle Repubbliche baltiche, in particolare della Lituania, di ridurre la dipendenza dal Cremlino. In questo contesto si inserisce l’apprensione di Mosca causata dalla presenza militare della Nato negli Stati baltici, accresciuta nel 2016 con l’Enhanced Forward Presence, al fine di garantire la sicurezza dei tre Alleati. 

La guerra ibrida della Russia
Nel 2014, l’annessione della Crimea da parte della Russia ha aumentato ulteriormente i timori della Nato e dell’Ue sul rischio di potenziali invasioni militari delle Repubbliche baltiche da parte della Federazione, a causa delle minoranze russofone presenti tra le loro popolazioni. Inoltre, resta evidente la vulnerabilità di tali gruppi nei confronti delle campagne sovversive di Mosca, spesso compiute pilotando l’informazione attraverso il controllo dei media, un concetto noto come guerra ibrida. In tal contesto, la guerra ibrida condotta dalla Russia implicherebbe quindi un’ingerenza su più fronti, dalla dimensione militare alla propaganda, agli attacchi ai sistemi informatici. 

La minaccia cibernetica rimane una questione impellente per la sicurezza dei Paesi baltici, in particolare a seguito dell’infiltrazione russa del 2007 nel sistema bancario estone, successivamente rinominata Web War I. Nonostante il coinvolgimento del Cremlino non sia stato definitivamente confermato, in seguito all’attacco l’Estonia ha preso l’iniziativa per la creazione del Nato Cooperative Cyber Defence Centre of Excellence (Ccd Coe) di Tallinn, le cui attività rappresentano un valido contributo per l’Alleanza e i suoi membri nell’ambito della difesa cibernetica.

Garantire lo status quo come priorità comune
Alla luce delle recenti tensioni in Bielorussia e della più attuale crisi con l’Unione europea, legata all’arresto dell’oppositore di Putin Alexei Navalny, appare opportuno pensare che evitare un’escalation delle rivalità tra Nato e Russia costituisca una priorità comune ad entrambe le parti. In particolare, la tensione nel Baltico resta una questione di primaria importanza per la Nato, e una preziosa occasione per riaffermare il peso dell’Alleanza in uno scenario internazionale sempre più precario. In questo scenario, sarà determinante il cambiamento di rotta del presidente Joe Biden rispetto al suo predecessore Donald Trump, sia in merito alla Nato che al ruolo degli Stati Uniti all’interno dell’Alleanza. L’amministrazione democratica ha infatti rinnovato il suo impegno incondizionato nel garantire la sicurezza degli Alleati, in primis le Repubbliche baltiche, sulla base della clausola di difesa collettiva enunciata nell’articolo 5 del Trattato di Washington. 

In ambito europeo, Biden ha mostrato inoltre una ferma opposizione al gasdotto Nord Stream 2, il quale favorirebbe una maggiore dipendenza energetica dalla Russia e la possibilità per quest’ultima di esercitare pressioni sui partner europei. Con il supporto dell’amministrazione Biden, nel prossimo futuro gli Alleati dovranno quindi cercare di favorire una maggiore coesione interna ed esterna, sia a livello Nato che con i maggiori partner dell’Alleanza, al fine di rinnovare le relazioni con la Russia su tematiche quali il controllo degli armamenti e lo sviluppo di nuove tecnologie potenzialmente dirompenti

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