Le “Due Sessioni” che gelano la Primavera di Hong Kong
Il ponte sul mare più lungo del mondo, che attraversa il delta del fiume delle perle, unisce Zhuhai a Macao ed Hong Kong e, lungo il suo percorso, si getta in gallerie sottomarine, inabissando anche i sogni di libertà, sognati nel corso di una lunga primavera, fiorita di giallo come gli ombrelli che hanno rappresentato il simbolo dei movimenti di protesta dal 2014 fino ad oggi. Le manifestazioni oceaniche che hanno infiammato sempre più l’ex colonia, sono state spente dall’idrante rappresentato dalle “Due Sessioni” che, in meno di un anno, hanno introdotto la legge sulla salvaguardia della sicurezza nazionale, vigente dal primo luglio 2020 e, nel marzo 2021, hanno approvato incisivi emendamenti all’allegato I e II della Legge fondamentale della RAS di Hong Kong riguardanti il sistema elettorale, una chiara risposta alla reiterata quinta richiesta di una piena democrazia, attraverso elezioni a suffragio universale.
La fine del modello “Un Paese due sistemi”
Il nuovo apparato di sicurezza tentacolare sta impattando profondamente sul modello “Un Paese, due Sistemi”, assicurando una solida presenza dei rappresentanti del governo della Repubblica Popolare sul territorio dell’ex colonia e consentendo di perseguire penalmente tutti i comportamenti riconducibili, anche solo vagamente, a tradimento, sovversione, secessione e sedizione, eventualmente in collusione con le potenze straniere.
Conseguenze ancora più gravi si celano dietro le riforme elettorali che riguarderanno le modalità di selezione del Capo del Governo, fino ad oggi designato da un Comitato Elettorale di 1200 componenti, con una procedura elettorale di secondo grado. Viene prevista una più rigorosa selezione del Comitato, che arriverà a 1500 componenti, ed un meccanismo di salvaguardia che riserverà la candidatura alla carica di Chief Executive (oggi Carrie Lam) ai soli “patrioti”.
Il nuovo Comitato nominerà anche i 20 membri che si aggiungeranno ai 70 componenti del Consiglio Legislativo, in cui solo la metà dei membri veniva eletta a suffragio universale diretto, in circoscrizioni delimitate geograficamente (Geographical Constituencies) a fronte di un’altra metà dei seggi ricoperti attraverso la rappresentanza delle categorie professionali, nei cosiddetti “collegi funzionali”. In questo modo sarà impossibile il controllo dell’organo da parte degli eletti a suffragio universale, il cui numero è probabilmente destinato ad essere ulteriormente ridotto.
La fucina della nuova Cina
Sul ponte, che si può attraversare dopo un controllo stringente quanto veloce, fatto con sofisticati macchinari capaci, grazie all’intelligenza artificiale, di verificare la coincidenza fra riconoscimento facciale, impronte digitali, temperatura corporea e numero di patente, viene applicata la normativa della RPC che sta penetrando inesorabilmente fino al cuore di Hong Kong, travolgendone la Legge Fondamentale, ultimo baluardo delle libertà di cui godevano i sette milioni di cittadini dell’ex colonia, modificandone lo status internazionale, erodendone l’autonomia, l’indipendenza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti umani.
Il ponte, frutto delle più avanzate capacità costruttive ed economiche, simboleggia la piena integrazione di Hong Kong nella nuova Cina, tecnicamente efficientissima, che si è riscattata dalla secolare immagine di Paese arretrato scientificamente, ed è l’ultima tessera del mosaico della ricostruita sovranità di un Impero plurimillenario violato dai trattati ineguali.
La narrazione di Xi Jinping
In questa ottica il governo di Xi Jinping rivendica l’applicazione della giurisdizione domestica per quanto concerne Hong Kong e l’applicazione del principio dell’unica Cina per quanto riguarda Taiwan, derubricando come affari interni le questioni legate alla minoranza uigura dello Xinjiang. Il presidente presenta la via cinese al socialismo, con la sua eccellenza culturale, in una prospettiva multilaterale, come un nuovo modello non solo per affrontare la pandemia e superarne i drammatici esiti, ma anche per una proiezione internazionale del soft power cinese che correla ad uno sviluppo inclusivo e sostenibile il raggiungimento di un’armonica pace globale.
Un’altra Primavera finita
E così anche questa primavera è stata spazzata via, decretando “la fine di Hong Kong come il mondo l’ha conosciuta”, come ha twittato Joshua Wong, anche grazie ad un Occidente in crisi che non riesce a ridare vigore ai valori democratici, sommersi da una soporifera indifferenza soggiogata dal business.
Per sciogliere questo gelo e costruire nuovi ponti tra est ed ovest, è necessaria una legislazione coerente all’istituzione del regime globale di sanzioni dell’Ue in materia di diritti umani, senza deragliare, per esempio, di fronte agli interessi correlati all’Accordo complessivo sugli investimenti con la Cina o all’intesa sul gasdotto russo Nord Stream 2, che possono inficiare la credibilità stessa dell’Unione, nella misura in cui non rendano effettivamente non negoziabili i valori fondamentali delle democrazie avanzate.
L’auspicio finale è che il ponte, che attraversa il delta del fiume delle perle, possa rappresentare anche domani un luogo di incontro tra est ed ovest e, nel grande gioco strategico tra superpotenze che stanno riorganizzando l’ordine globale, ridare nuova linfa ai valori occidentali, fondendoli con l’ispirazione orientale attenta ai doveri e ai bisogni collettivi per fare, del nuovo mondo multilaterale, una comunità umana dal destino condiviso, ma senza oppressori e senza gulag. Questa è la vera sfida.
Nella foto di copertina EPA/JEROME FAVRE la Chief Executive di Hong Kong Carrie Lam