L’Armenia può dare ancora un’altra chance a Pashinyan
Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha annunciato che il Paese andrà a elezioni anticipate il 20 giugno. La decisione fa seguito a una crisi politica prolungata, iniziata subito dopo la fine della guerra con l’Azerbaigian nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, grazie alla quale Baku ha potuto riconquistare i territori persi agli inizi degli anni ’90. In quell’occasione, Pashinyan è diventato il primo leader armeno ad essere stato militarmente sconfitto.
Nonostante ciò, l’attuale premier conta comunque di vincere nelle urne, magari non con la stessa ampia maggioranza di tre anni fa (quando riscosse il 70% dei consensi) ma comunque con un appoggio popolare tale da permettergli di andare avanti con un nuovo mandato e rinnovata legittimità.
Pashinyan è convinto della vittoria anche perché l’opposizione sembra politicamente screditata e associata agli schemi di corruzione del governo precedente. Anche se le elezioni possono aiutare Pashinyan a superare lo stallo politico con un nuovo mandato, le urne non risolveranno le cause profonde della crisi, in gran parte legata alla natura ibrida delle istituzioni politiche armene, a cavallo fra democrazia e autocrazia, e ai danni che il conflitto nel Nagorno-Karabakh hanno procurato al Paese nel suo cammino verso la transizione democratica.
L’influenza del conflitto
Il conflitto ha segnato la società portandola alla polarizzazione. In Armenia, il dibattito è sempre stato animato da slogan etno-nazionalisti: il conflitto nel Nagorno-Karabakh non solo ha plasmato lo sviluppo della statualità armena ma, sotto i governi precedenti, ha anche accentuato le carenze democratiche e la tolleranza per la corruzione. L’élite armena si è sempre servita del conflitto come una scusa per rafforzare la centralità del governo e del settore della sicurezza a discapito dello sviluppo democratico del Paese.
Anche oggi, come ci mostra la crisi, il conflitto nel Nagorno- Karabakh rimane un jolly nelle mani dei populisti di un’opposizione screditata, che lo usa come mezzo per provare a tornare al potere. Detto ciò, anche l’attuale primo ministro ha delle responsabilità nella crisi attuale. Sembra che egli stesso abbia fatto poco per migliorare il sistema di checks and balances fra governo, Parlamento e sistema giudiziario: il potere rimane ancora troppo accentrato nella persona del primo ministro con poca o nessuna condivisione della responsabilità con le altre istituzioni dello Stato.
Anche se l’Armenia è una repubblica parlamentare, proprio il Parlamento rimane impotente nel tentativo di portare avanti l’iniziativa legislativa o di compiere il suo ruolo principale di supervisore del potere esecutivo.
I progressi fatti fino ad oggi
Dal 2018, Pashinyan ha iniziato ad affrontare un problema di vecchia data quale la corruzione sistemica. Il Parlamento ha approvato una proposta legislative che estende il potere dei pubblici ministeri di indagare sugli atti di corruzione dei funzionari statali; ed è stato anche istituito il Comitato anticorruzione, un tribunale anticorruzione specializzato; le autorità investigative hanno iniziato a indagare sui crimini economici degli ex funzionari governativi con l’obiettivo di migliorare la trasparenza e i requisiti di dichiarazione dei beni da parte di politici e funzionari statali sono stati rafforzati.
Tuttavia, la nomina dei due candidati da parte del governo per il Consiglio giudiziario supremo – importante entità statale che gestisce la selezione, la nominare, i provvedimenti disciplinari e i licenziamenti dei giudici – è stata ampiamente percepita come un tentativo da parte dell’esecutivo di esercitare influenza sulle decisioni della magistratura che deve rimanere, invece, indipendente.
Sebbene rimangano da affrontare molte sfide sulla via della transizione democratica, intanto, come dimostra anche l’ultimo rapporto di Freedom House, nonostante la crisi economica seguita alla pandemia e alla guerra contro l’Azerbaigian, Pashinyan è riuscito a trasformare l’Armenia in uno dei migliori performer in termini di sviluppo democratico e costruzione dello Stato nella regione del Caucaso meridionale, sorpassando anche la Georgia, che da anni era considerata come il frontrunner della politica di partenariato europeo. Forse proprio per questo Pashinyan meriterebbe un’altra chance e un altro mandato.
Foto di copertina EPA/ARMENIAN GOVERNMENT PRESS OFFICE