Israele ancora al voto: tutti i partiti in corsa
Per la quarta volta in due anni, Israele si prepara a nuove elezioni. Il governo di emergenza formato la scorsa primavera da Benjamin Netanyahu e Benny Gantz è crollato dopo pochi mesi e domani il Paese tornerà alle urne. Ben 39 partiti saranno in lizza. Tuttavia, secondo i sondaggi, solo una manciata di questi ha possibilità concrete di superare la soglia di sbarramento del 3,25% necessaria a ottenere seggi alla Knesset.
La formazione di destra Likud, guidato dal primo ministro uscente Benjamin Netanyahu mantiene una solida base elettorale e secondo le previsioni di voto potrebbe aggiudicarsi circa 31 seggi della Knesset, qualificandosi al primo posto tra tutti i partiti. Una larga parte dell’elettorato continua a rimanere fedele a Netanyahu, che al momento detiene il record di premier più longevo del Paese, nonostante sia sotto processo per frode e corruzione. L’iter giudiziario contro il premier sarebbe dovuto iniziare lo scorso maggio, ma a causa della pandemia da Covid-19 è stato sospeso ed è ripreso all’inizio di febbraio. Nella corsa per riconfermarsi premier, Netanyahu è inoltre appoggiato da due partiti ultraortodossi, Shas e Giudaismo Unito nella Torah, che al momento potrebbero ottenere rispettivamente 8 e 7 seggi.
I sondaggi assegnano poi il secondo posto a Yesh Atid, partito di centro-sinistra guidato da Yair Lapid, con 19 seggi. Il leader del gruppo aspira a diventare il capo del blocco anti-Netanyahu, presentandosi come una valida alternativa al primo ministro uscente e promettendo stabilità e sicurezza.
La terza posizione è invece condivisa da New Hope e Yamina, che potrebbero ottenere 10 seggi ciascuno. Il primo partito, guidato da Gideon Sa’ar, è formato da ex membri del Likud e da altri esponenti del centrodestra che vogliono rimpiazzare Netanyahu ed evitare al contempo che la sinistra salga al potere. Yamina, anch’esso politicamente a destra ma d’ispirazione religiosa, è invece guidato dall’ex ministro della Difesa Naftali Bennett.
Il ruolo dei partiti minori
I pronostici non assegnano al momento a nessuno dei gruppi politici principali la maggioranza assoluta di 61 seggi. Pertanto, i partiti minori avranno dunque, come di consueto nel sistema elettorale israeliano, un ruolo cruciale nella composizione della prossima Knesset e nella formazione del nuovo governo. Oltre a Shas e Giudaismo Unito nella Torah, che sostengono il Likud, sono da segnalare:
- Yisrael Beiteinu, un partito di destra che si propone di rappresentare gli ebrei provenienti dall’ex Unione sovietica e potrebbe ottenere 9 seggi. Dopo aver fatto parte del governo di coalizione a fianco di Netanyahu nel 2009 e nel 2013, Yisrael Beiteinu si è allontanato dal premier, rimproverandogli un’eccessiva debolezza nei rapporti con gli haredim. La questione degli ultra-ortodossi e del loro rapporto con gli altri cittadini, già molto delicata, si è inasprita a causa delle restrizioni imposte per salvaguardare la salute pubblica durante la pandemia. Molti haredim hanno ostentatamente violato le norme di sicurezza, ritenendole incompatibili con i propri precetti religiosi.
- La Lista Comune, formata dai partiti arabi Hadash, Balad e Ta’al, alla quale i sondaggi assegnano 8 seggi. Il partito Ra’am, che aveva fatto parte della coalizione dal 2015, ha abbandonato all’inizio di quest’anno per motivi ideologici. Mentre i tre partiti della Lista Comune sono secolari e di sinistra, Ra’am è conservatore e islamista.
- Lo storico Partito laburista di Merav Michaeli, al quale potrebbero essere assegnati 5 seggi
- Blue e Bianco, la lista anti-Netanyahu guidata da Benny Gantz nelle scorse consultazioni, è colata a picco in meno di un anno, dopo che il leader è entrato nel governo di coalizione col premier, spaccando il suo partito. Se nelle scorse elezioni il partito era stato secondo solo al Likud, attualmente i sondaggi gli assegnano solo 4 seggi.
- Meretz, partito di sinistra, laico e sionista che si oppone aspramente a Netanyahu e potrebbe avere 4 seggi.
- Il Partito Sionista Religioso, di estrema destra, anche quest’ultimo con la prospettiva di 4 seggi.
Ancora Netanyahu?
Più che sulla creazione di un governo capace di risolvere i problemi dei cittadini in maniera concreta, queste elezioni sembrano focalizzate sul decidere se far restare al potere o meno Netanyahu, che in caso di vittoria diventerebbe Primo ministro per la sesta volta consecutiva. Stando ai sondaggi attuali, l’insieme dei partiti favorevoli a Netanyahu, ovvero Likud, Shas, Giudaismo Unito nella Torah e il Partito Sionista Religioso, dovrebbero ricevere complessivamente 46 seggi.
Al contrario, il blocco che si contrappone a “Re Bibi”, formato da Yesh Atid, New Hope, Yisrael Beytenu, i Laburisti, Blu e Bianco e Meretz, arriverebbe a 54 seggi. Il collante di questo secondo gruppo, formato da partiti molto diversi tra loro, sembra essere proprio la volontà di impedire a tutti i costi il ritorno di Netanyahu. Yamina rimane invece un’incognita. Non è ancora chiaro se Bennett sia disposto a collaborare con un eventuale governo capeggiato dal Likud o con i suoi oppositori.
Per influenzare la composizione della Knesset, i partiti minori dovranno prima di tutto avervi accesso superando la soglia di sbarramento del 3,25%. Pertanto il minimo cambiamento delle percentuali proiettate dai sondaggi potrebbe avere conseguenze importanti e ribaltare completamente la situazione.
A cura di Viola Pacini, autrice MENA de Lo Spiegone
***Lo Spiegone è una testata giornalistica formata da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate alle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.
Foto di copertina Emmanuel DUNAND / AFP