Quasi il 90% dei voti per Nguesso nel Congo-Brazzaville
Denis Sassou Nguesso si conferma alla guida della Repubblica del Congo anche per i prossimi cinque anni. I dati provvisori, diffusi pochi giorni fa dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) attribuiscono al presidente uscente l’89% dei consensi.
I risultati definitivi del voto di domenica 21 marzo sono attesi nei prossimi giorni, ma la vittoria del leader del Parti Congolais du Travail (Pct) è certa. Secondo il presidente della CENI, Henri Boucka, Nguesso in alcune aree del Paese ha ottenuto il 100% dei voti, mentre nei distretti della capitale, Brazzaville, il suo consenso si attesta intorno al 90%. Una riconferma al primo turno era quello che il presidente uscente voleva, come annunciava lo slogan della sua campagna elettorale: “Un coup, K.O.”.
La giornata elettorale
Secondo i dati diffusi dalla Ceni, in seconda posizione si è collocato Guy Brice Parfait Kolélas con quasi l’8% dei consensi, mentre, l’altro principale sfidante di Nguesso, Mathias Dzon, ha ottenuto poco meno del 2%.
Circa il 68% degli aventi diritto al voto – 2,5 milioni di persone disponevano di una scheda elettorale su una popolazione di 5,4 milioni di abitanti – si è recato alle urne. L’apertura dei seggi, prevista per le 7 del mattino, in molte aree è stata posticipata alle 9, dato che gli elenchi degli aventi diritto al voto, registrati dal ministero dell’interno, non erano ancora stati esposti. Inoltre, anche dopo la loro affissione molti elettori hanno faticato a trovare i propri nomi sulle liste e, quindi, in alcuni casi non hanno potuto partecipare alla consultazione.
Come accaduto in Uganda nelle elezioni di gennaio, anche nella Repubblica del Congo l’accesso a Internet e ai social media è stato bloccato già alle prime ore del mattino, escludendo il Paese dal resto del mondo. Gli osservatori internazionali non sono stati ammessi al monitoraggio delle elezioni. Le Nazioni Unite e l’Unione Europea non sono state invitate, mentre la richiesta della Conferenza episcopale della Chiesa cattolica di poter dispiegare, nel Paese, i suoi 1.100 osservatori è stata rifiutata dal ministero dell’interno.
Un voto che lascia alcuni interrogativi
Nonostante avesse contratto il Covid-19 negli ultimi giorni di campagna elettorale, Kolélas ha mostrato fino all’ultimo la sua determinazione. “Combatto contro la morte, ma vi chiedo comunque di andare e votare per il cambiamento. Non avrò combattuto per niente. […] È in gioco il futuro dei vostri figli”. Con queste parole il leader dell’Union des Démocrates Humanistes-Yuki (Udh-Yuki), in un video, diffuso venerdì scorso sui social media dai responsabili della sua campagna elettorale, aveva incitato i suoi sostenitori a recarsi comunque alle urne e votare per il cambiamento.
Kolélas era stato inizialmente ricoverato in un ospedale della capitale, in attesa di essere trasferito in Francia. Il leader, però è morto lunedì mattina poco prima di atterrare sul suolo francese. L’articolo 70 della Costituzione congolese stabilisce che, nel caso in cui uno dei candidati alla presidenza muoia o sia impossibilitato a partecipare al primo turno di voto, la Corte costituzionale ha la possibilità di posticipare o annullare il processo elettorale. In questo caso, nonostante lo stato di salute di Kolélas fosse noto da venerdì, la Corte, allineata con il governo, non ha fermato le operazioni di voto e non ha mostrato dopo la sua morte l’intenzione di annullare il risultato.
Arresti e accuse di brogli
Il giorno delle elezioni è trascorso nella calma, i negozi erano chiusi e nella capitale circolavano veicoli delle forze dell’ordine, ma le settimane precedenti sono state caratterizzate da tensioni. Gli arresti di Alexandre Ibacka Dzabana, attivista per i diritti umani, e di Raymond Malonga, direttore di “Sel-Piment”, un giornale satirico critico nei confronti del governo, ne sono un esempio.
Con l’apertura della campagna elettorale, l’Organisation Congolaise de défense des Droits Humains (Ocdh), un’organizzazione che monitora lo stato di violazione dei diritti umani nel Paese, aveva definito la Ceni un attore di parte, incapace di garantire la trasparenza necessaria alle operazioni. Una critica mossa anche da Mathias Dzon che non ha riconosciuto i risultati ufficiali. Dzon e Mayanda, il coordinatore della campagna elettorale di Kolélas, hanno pure annunciato che i due principali leader dell’opposizione erano, in realtà, in testa nello spoglio in molte aree e di temere brogli governativi.
Dzon, si è anche unito agli altri candidati di opposizione nel criticare la decisione del governo di chiamare al voto le forze dell’ordine quattro giorni prima del resto della popolazione. I militari – tra i 55mila e i 60mila – hanno infatti votato il 17 marzo. Secondo il presidente della Ceni, questa misura, applicata per la prima volta nella Repubblica del Congo, è stata giustificata dalla volontà di permettere ai militari di garantire nel modo migliore la sicurezza nel giorno del voto. L’intento infatti era evitare il verificarsi di nuove ribellioni come quelle che seguirono le elezioni del 2016, quando Frédéric Bintsamou – meglio conosciuto come pastore Ntumi – scatenò un’insurrezione nella regione del Pool, nel sud del Paese.
Lo status di militare però non viene menzionato negli elenchi elettorali esposti ai seggi. Le forze dell’ordine, secondo Engambe, uno dei candidati dell’opposizione, potrebbero quindi aver votato sia in uniforme che in abiti civili, avvantaggiando il governo. Inoltre, non è chiaro quando sia avvenuto lo spoglio delle schede dei militari, nonostante fonti governative abbiano assicurato che i voti sono stati contati lo stesso giorno di quelli dei civili.
A cura di Aurora Guainazzi, autrice Africa de Lo Spiegone
***Lo Spiegone è una testata giornalistica formata da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate alle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.
Nella foto di copertina EPA/EVGENIA NOVOZHENINA / POOL il presidente congolese Denis Sassou Nguesso in visita di Stato in Russia