Biden si allinea all’Europa sulle sanzioni alla Russia
Che Joe Biden non si sarebbe approcciato a Mosca in punta di fioretto era evidente fin dall’insediamento, quando un alto funzionario dell’intelligence aveva dichiarato che l’amministrazione entrante sarebbe stata la prima dell’era post-sovietica a non promettere una relazione più mite con la Russia. Tuttavia, in un contesto di competizione internazionale, in cui è sempre più importante restare aperti al dialogo, non c’era da aspettarsi che partisse in quarta, per restare sulla scherma.
Il 2 marzo, congiuntamente all’Unione europea, come spesso dovremo riabituarci a vedere, gli Stati Uniti hanno adottato nuove sanzioni e nuove designazioni sulla Russia per la nota vicenda dell’avvelenamento di Navalny e per la sua incarcerazione. Il caso Navalny rappresenta per Biden un affronto a due principi fondamentali per la tutela della sicurezza e dell’ordine internazionale: l’impiego di armi di distruzione di massa (si veda anche la linea rossa tracciata nel 2012 da Obama), e la repressione di un movimento politico di vera opposizione.
Armi chimiche
Dopo che la neurotossina Novichok (in russo “nuovo arrivato”) fu utilizzata da agenti speciali militari russi (la Russia respinge le accuse) per uccidere l’ex spia russa e doppio agente per l’intelligence britannica Sergei Skripal e sua figlia a Salisbury, nel Regno Unito, l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche modificò per la prima volta la Convenzione sulle armi chimiche per inserirla nella Lista 1 contenente gli agenti chimici che hanno quasi esclusivo impiego come arma chimica. Dopo circa un anno, l’uso di questo stesso agente nervino contro Navalny – secondo le autorità occidentali – da parte dell’intelligence russa ha innescato la reazione dell’Occidente.
A ottobre 2020, l’Unione europea ha sanzionato sei alti funzionari, membri dell’entourage del presidente Putin e il GosNIIOKhT, l’istituto di ricerca statale incaricato della distruzione degli stock di armi chimiche ereditati dall’Unione sovietica, ai sensi del regolamento 2018/1542, relativo a misure restrittive contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche.
Il 2 marzo, gli Usa hanno esteso l’applicazione dell’US Chemical and Biological Weapons Control and Warfare Elimination Act del 1991, interrompendo l’assistenza alla Russia prevista dal Foreign Assistance Act of 1961, fatte salve alcune deroghe di carattere umanitario; vietando l’esportazione verso la Russia di armi e della relativa assistenza finanziaria nonché di beni e tecnologie sensibili per la sicurezza nazionale; e vietando agli enti governativi di fornire alla Russia crediti o qualsiasi altra forma di assistenza finanziaria. Il Dipartimento di Stato ha, inoltre, inserito in blacklist cinque entità russe, tra cui l’Fsb (il servizio di sicurezza federale russo) e il Gru (il servizio di intelligence delle forze armate russe), e due agenti dello stesso Gru ai sensi dell’ordine esecutivo 13382 sul contrasto alla proliferazione di armi di distruzione di massa e ha vietato certe transazioni con sei centri di ricerca, riconoscendoli come entità che agiscono nel settore della difesa e dell’intelligence russa. Infine, altre 14 entità russe sono state sottoposte a restrizioni da parte del Dipartimento del Commercio per ragioni di non proliferazione.
Diritti umani e governance democratica
Una seconda parte di sanzioni ha colpito membri dell’entourage di Putin per l’arresto arbitrario e la condanna di Navalny nonché per la repressione delle proteste pacifiche a suo sostegno. Il 2 marzo, l’Ue ha sanzionato per la prima volta quattro individui ai sensi del regolamento 2020/1998 relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani, il cosiddetto Magnitski Act europeo. In particolare: il capo della commissione investigativa, Alexander Bastrykin, il procuratore generale, Igor Krasnov, il capo della Guarda nazionale, Viktor Zolotov, e il capo del servizio carcerario federale, Alexander Kalashnikov. Come per le designazioni sopra citate, il regolamento prevede il congelamento dei beni e il divieto di circolazione per queste persone.
Contemporaneamente l’Ofac (l’ufficio di controllo dei beni stranieri del Dipartimento del Tesoro Usa) ha inserito in blacklist sette alti funzionari russi, ricalcando quasi del tutto le designazioni dell’Ue del giorno stesso e dell’ottobre 2020. Si ricorda che tutte le sanzioni statunitensi menzionate hanno efficacia extraterritoriale, pertanto costituiscono un fattore di rischio anche per gli operatori economici non statunitensi.
La scelta atlantista
Di fronte alla scelta tra un atteggiamento più indulgente verso la Russia, come quello dell’amministrazione Trump, anche in funzione anti-cinese, e un atteggiamento più duro, teso a consolidare la partnership con gli alleati occidentali all’insegna di principi condivisi, con questo ultimo round di sanzioni, l’Amministrazione Biden ha dimostrato di propendere per l’opzione atlantista.
Nonostante la proroga del Trattato New Start e una porta aperta lasciata da Biden sul completamento del gasdotto Nord Stream 2, una volta fatta salva la sicurezza energetica dell’Ucraina, non sembrano esserci, per ora, le condizioni per la riapertura di un dialogo. Semmai, c’è da attendersi un’altra stoccata, probabilmente proprio su Nord Stream 2.
Questa pubblicazione fa parte di una serie realizzata in collaborazione con lo Studio Legale Padovan.