Biden e López Obrador provano a voltare pagina
Joe Biden vuole rilanciare il ruolo e la presenza degli Stati Uniti tanto nel tradizionale “cortile di casa” delle Americhe quanto a livello globale, ma per farlo ha bisogno del Messico. È questo il messaggio che il neo-presidente Usa ha portato con sé all’incontro virtuale con l’omologo messicano Andrés Manuel López Obrador, a inizio marzo.
Già nei primi giorni da presidente, Biden aveva subito reso nota la volontà di “sistemare” le cose in casa prima di dare inizio a quel “ritorno” dell’America sulla scena internazionale annunciato durante il discorso di insediamento. E così è stato. Dopo aver riservato al presidente messicano la seconda chiamata ufficiale a un leader straniero della sua amministrazione, il meeting della scorsa settimana ha rappresentato anche il secondo incontro bilaterale della presidenza Biden.
Niente di casuale. Le relazioni con il Messico rappresentano, infatti, per Biden il primo vero banco di prova per iniziare a tracciare il suo cammino di discontinuità con la precedente amministrazione. Una sfida non da poco. Sebbene, infatti, Trump intrattenesse ottimi rapporti personali e istituzionali con López Obrador, la sua presidenza ha portato ad uno dei momenti di massima tensione della storia dei due Paesi a causa della gestione largamente discussa dei flussi migratori e della questione del muro alla frontiera, cavallo di battaglia di Trump e teatro dell’ultima apparizione ufficiale dell’ex presidente.
Ricominciare dal Messico risponde, dunque, alla duplice esigenza di rilanciare il profilo internazionale degli Stati Uniti e di resettare le relazioni, rinforzandole, con un partner strategico nel continente tanto dal punto di vista geografico quanto economico e commerciale.
Un partner fondamentale
Nel colloquio iniziale tra i due leader è lo stesso Biden ad ammettere che non sempre i due Paesi sono stati “buoni vicini” ma che entrambi gli Stati “sono più forti e sicuri quando lavorano insieme”. Il presidente Usa richiama poi l’impegno dell’amministrazione Obama-Biden nel guardare al Messico non solo come a un Paese di frontiera ma come un interlocutore di eguale rango.
I dati confermano questa tesi. Il Messico, con i suoi 126 milioni di abitanti, condivide 3200 chilometri di confine con gli Stati Uniti attraverso cui, ogni anno, transitano in entrambe le direzioni 538 miliardi di dollari in merci (dato del 2020), quasi 2 miliardi al giorno. Nel 2019 il Messico si è attestato come secondo maggior importatore di merci americane e come secondo maggior partner esportatore verso gli Usa, con un volume d’affari rispettivamente di 256 miliardi e 358 miliardi di dollari l’anno, con tassi di crescita del 99% per le esportazioni e del 102% per le importazioni nell’ultimo decennio (2009-2019).
Non stupisce dunque che uno degli argomenti caldi del vertice sia stato il potenziamento e il rilancio delle relazioni economiche e commerciali tra i due Paesi. In particolare, la volontà di riconfermare gli accordi del T-Mec (Usmca in inglese), il trattato commerciale che comprende anche il Canada e che da luglio 2020 ha dato vita alla più grande area di libero scambio regionale al mondo.
Il tema immigrazione
Il dossier più scottante sul tavolo dei due presidenti rimane però sicuramente quello dei flussi migratori. Nella dichiarazione congiunta, pubblicata al termine dell’incontro, i due leader hanno sottolineato l’impegno comune a cooperare sulle questioni migratorie, con cui Obradror ha sposato l’approccio regionale e condiviso lanciato da Biden, ma sempre nell’ottica della dottrina di “rispetto e sovranità” reciproci propugnata dal presidente messicano.
Biden, che ha fatto dell’immigrazione una delle sue massime priorità legislative e diplomatiche, ha avanzato poi l’ipotesi di un piano di investimenti da 4 miliardi di dollari per la stabilizzazione e lo sviluppo economico delle zone meridionali del Messico e del centroamerica, da cui proviene la maggior parte degli immigrati irregolari fermati alla frontiera Usa. Dal canto suo Obrador ha chiesto, inoltre, l’introduzione di un nuovo regime di regolamentazione per i lavoratori messicani e centroamericani negli Usa.
La partita dei vaccini
Sul fronte della lotta alla pandemia, Obrador ha dovuto, invece, incassare il “no” secco degli Usa alla richiesta di condividere le proprie scorte di vaccino con il Messico. La Casa Bianca, già prima dell’incontro, aveva fatto sapere di non poter provvedere alla distribuzione di dosi del vaccino ad altri Paesi prima della fine delle vaccinazioni dei cittadini statunitensi, ma Biden – ha dichiarato Obrador al termine dell’incontro – “si è mostrato comunque molto disponibile e comprensivo delle esigenze del Messico di riuscire ad ottenere i vaccini per combattere la pandemia”. A tal proposito proprio il presidente messicano aveva assunto un approccio molto duro verso il Consiglio di sicurezza dell’Onu, volto a protestare per la distribuzione ineguale dei vaccini tra nord e sud del mondo.
“In generale, è stato un incontro amichevole e rispettoso con molta enfasi sulla cooperazione allo sviluppo. Una conversazione positiva per entrambi”, il commento finale di Obrador. Parole che possono essere accolte a Washington come un primo successo per Biden tanto nell’ottica di serrare i ranghi tra i tre Paesi del nord, quanto nel lungo cammino di ritorno degli Stati Uniti come punto di riferimento indiscusso del continente americano tutto.