IAI
Il debutto di Lloyd Austin

Tutti gli occhi sugli Stati Uniti alla ministeriale Nato

21 Feb 2021 - Ester Sabatino - Ester Sabatino

Il 17 e il 18 febbraio si è tenuto l’incontro dei ministri della Difesa dei Paesi membri della Nato, il primo dall’insediamento dell’amministrazione Biden; un’ occasione di confronto sulle tematiche che interesseranno l’Alleanza nei prossimi mesi.

La ministeriale è iniziata con la presentazione delle prime proposte del segretario generale Jens Stoltenberg derivanti dalle raccomandazioni incluse nel report del gruppo di esperti sul processo Nato 2030, che dovranno confluire in una proposta strutturata da presentare al prossimo summit di Bruxelles. Tra i suggerimenti principali del segretario generale rientra quello volto ad avere obiettivi di resilienza più chiari e misurabili a livello nazionale, in modo da assicurare standard minimi tra gli alleati, che tengano in considerazione anche la capacità di resistenza delle infrastrutture critiche e delle tecnologie.

Questo sforzo, insieme alla possibile costituzione della Nato Defence Innovation Initiative per incrementare la cooperazione sull’innovazione tecnologica tra gli alleati possono essere considerati come dei tasselli necessari ad assicurare migliori e più elevati livelli di resilienza dell’Alleanza in un momento storico e politico in cui le sfide — dalla pandemia e i suoi risvolti economici, alla presenza di rivali sistemici, passando per la permanenza delle sfide terroristiche e dell’instabilità sul fianco sud dell’Alleanza e il cambiamento climatico — richiedono un’azione coordinata e condivisa tra gli alleati.

Nuovi rapporti fra Alleati
Dal punto di vista dei rapporti transatlantici, la ministeriale è stata anche l’occasione di verifica dell’approccio che l’amministrazione Biden vorrà mantenere con gli Alleati europei. Come sottolineato in una recente pubblicazione IAI, tra le principali sfide di Biden vi era il ripristino della fiducia con gli altri 29 stati membri della Nato.

È in questa direzione che vanno le dichiarazioni del segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin sulla conclusione dei rapporti tesi dell’era Trump e sull’intenzione della nuova amministrazione di rivitalizzare le relazioni con gli Alleati. Ciò non significa avere il supporto economico e capacitivo incondizionato dell’alleato strategico, il quale ha ribadito la necessità di un’alleanza in cui ci sia un migliore coordinamento interalleato, ma per la quale ogni Stato membro partecipi adeguatamente, riferendosi con ciò all’annosa richiesta statunitense di un maggiore contributo economico alla Nato. La questione di un più equo burden-sharing diventa infatti ancora più pressante a causa della forte recessione economica causata dalla pandemia mondiale ed è verosimile, se non scontata, la possibilità di riduzione dei budget di difesa negli anni a venire, interrompendo così il trend di aumento di spesa degli ultimi sette anni.

La preoccupazione di avere un finanziamento adeguato non è rappresentata solo dalla richiesta costante dell’alleato americano di raggiungere il target del 2% di spesa del Pil per la difesa, ma è stata ulteriormente palesata ponendo rinnovata attenzione sul contributo alle voci capability e contribution che completano le 3C del Nato Defence Pledge. Il proliferare di armi non convenzionali e ad alto contenuto tecnologico impone una particolare attenzione e necessità di  collaborazione sia all’interno dell’Alleanza che con l’Unione europea e i Paesi partner, con l’obiettivo del mantenimento del vantaggio tecnologico di cui la Nato gode al momento, ma che rischia di ridursi a fronte di investimenti crescenti da parte dei rivali sistemici dell’Alleanza.

Dall’Iraq all’Afghanistan
Passando invece al dispiegamento di forze alleate, mentre sulla presenza in Iraq è stato deciso un consistente ampliamento della missione Nato, passando da un contingente di 500 unità attuali a uno di 4mila, sulla presenza in Afghanistan nessuna decisione è stata presa durante la ministeriale, ma è stata ribadita la necessità di arrivare a una soluzione coordinata e condivisa.

La decisione dell’ex presidente Trump di ritirare unilateralmente le truppe Usa dal territorio afghano aveva creato non pochi malcontenti tra gli Alleati e i Paesi partner presenti sul territorio. Il dispiegamento delle truppe in Afghanistan era stato infatti guidato dal principio “in together, out together”, che ha rischiato di essere disatteso durante la precedente amministrazione.

Affermando invece la necessità di avere una soluzione condivisa implica il coordinamento con gli alleati e i Paesi partner, che dovranno decidere entro il termine dell’accordo di Doha tra gli Usa e i talebani del 1° maggio se la situazione locale afghana possa permettere il ritiro coordinato delle truppe. È stata così inaugurata una nuova fase di rapporti transatlantici in cui il coordinamento e la condivisione di decisioni sembrano aver assunto nuovamente importanza centrale, condizione indispensabile per arrivare alla discussione e approvazione di un nuovo concetto strategico che guiderà l’Alleanza negli anni a venire.

Foto di copertina EPA/Stephanie Lecocq