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Equilibri nel Golfo

Disgelo con il Qatar: l’Arabia Saudita impone la sua leadership

8 Gen 2021 - Eleonora Ardemagni - Eleonora Ardemagni

Dopo tre anni e mezzo di embargo, il Qatar viene riaccolto dai vicini. Sicuramente dall’Arabia Saudita, con pragmatismo e gradualità. La “Dichiarazione di Al Ula”, firmata il 5 gennaio dagli Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc; cioè, Arabia Saudita, Bahrein, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Oman e Qatar), più l’Egitto, ha un gergo che si presta a sfumate interpretazioni: quello della diplomazia più difficile.

Il risultato del summit, si legge, “riflette le speranze e le aspirazioni dei popoli della regione di ripristinare la collaborazione fra tutti gli Stati membri”; quindi il vertice “riafferma la volontà dei leader” di “superare tutti gli ostacoli alla collaborazione”. Stop. Nessun impegno né tempistica precisa, solo un forte messaggio di leadership da parte di Riad. Le cui reali implicazioni saranno tutte da verificare, specie sui tanti campi di battaglia geopolitica del mondo arabo-islamico.

Un messaggio per tanti interlocutori
Questo è un messaggio da parte dei sauditi diretto alle monarchie alleate, per il rivale Iran, per il Medio Oriente e l’intero mondo islamico. Nonché per il presidente eletto degli Stati Uniti Joe Biden e un Congresso potenzialmente più critico dell’uscente verso la politica regionale saudita.

Soprattutto, è un messaggio di leadership tradizionale, quasi “patriarcale” da parte dell’Arabia Saudita, che (ri)abbraccia il dissidente Qatar per mostrare, in primis agli ambiziosi alleati degli Emirati Arabi Uniti (Eau), chi ha sempre l’ultima parola nelle scelte politico-strategiche nel Gcc. Nella consapevolezza che i dissidi sono stati – e in parte sono ancora – troppi e che la “Dichiarazione di Al Ula” è un significativo punto di partenza, ma non di arrivo, nel processo di ricostruzione della fiducia con il Qatar.

Patto tra Riad e Doha
L’Arabia Saudita ha da subito riaperto i confini aerei, terrestri e marittimi con il Qatar. Secondo il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan Al Saud, tutti gli Stati che avevano interrotto le relazioni diplomatiche e boicottato il Qatar (quindi Arabia Saudita, Eau, Bahrein e, fuori dal Gcc, Egitto), ripristineranno relazioni diplomatiche complete. L’intesa politica verterebbe su tre punti: riapertura degli spazi aerei, ritiro delle cause intentate presso tribunali internazionali e fine delle campagne di stampa ostili.

Appare però evidente che l’accordo sia principalmente un patto tra sauditi e qatarini: lo ha sigillato l’abbraccio offerto ai media dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman Al Saud (Mbs, che ha insolitamente presieduto il vertice al posto del padre Salman) all’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani.

Infatti, sono Riad e Doha ad aver avviato e perseguito un pragmatico processo di riavvicinamento politico, mediato dagli Stati Uniti e soprattutto dal Kuwait. Iniziato, non a caso, nell’autunno 2019, ovvero all’indomani degli sconvolgenti attacchi di matrice iraniana agli impianti di Saudi Aramco: quando il “nemico” percepito fa male, una “famiglia politica” serra i propri ranghi. Adesso che l’Iran viola robustamente l’accordo sul nucleare del 2015 (annunciando l’arricchimento dell’uranio al 20% nel sito di Fordow), il disgelo fra sauditi e qatarini trova ad Al Ula una prima vetrina formale.

Emirati alla finestra
D’altronde, lo scontro con Teheran è la prima, vera partita dell’Arabia Saudita; come il contenimento del Qatar e, di riflesso, della Fratellanza Musulmana e della Turchia è la prima partita strategica degli Emirati Arabi nella regione. “Abbiamo ancora del lavoro da fare e andiamo nella giusta direzione” ha commentato al vertice, con toni ancora cauti, il ministro di Stato agli Esteri degli Eau, Anwar Gargash, omaggiando, però, la “leadership saudita”.

Quasi il copione di un altro accordo, quello di Riad negoziato dai sauditi in Yemen nel 2019 tra il governo riconosciuto e i secessionisti del Consiglio di transizione del sud, informalmente appoggiati dagli Emirati. In quell’occasione, Abu Dhabi lasciò a Riad lo scettro formale del negoziato: i sauditi rientrarono così nella partita per il sud yemenita. E non è una coincidenza che, a un anno dalla firma, il governo unitario di Aden abbia infine giurato il 26 dicembre scorso, pochi giorni prima della “Dichiarazione di Al Ula”.

Come reagiranno alleati e proxies?
Ma il messaggio che Riad ha voluto inviare, dal luogo simbolo della storia pre-islamica saudita, suona chiaro: in questa fase, unità, “solidarietà” e “stabilità”, nelle parole del principe ereditario, devono avere la priorità su rivalità nazionali e personalismi.

I giorni della creazione del Saudi-Emirati Coordination Council del 2018, piattaforma che di fatto commissariava il frammentato Gcc sostituendolo con un più agile formato a due, sembrano parecchio lontani. Proprio il comunicato finale del vertice del 2021, dedicato agli scomparsi emiri di Oman (Qaboos) e Kuwait (Sabah), ovvero a una generazione di instancabili mediatori, sancisce l’istituzione di un Consiglio di coordinamento anche fra Arabia Saudita e Bahrein a livello di principi ereditari (uno è stato annunciato anche con il Kuwait). Invece, il più recente incontro del Consiglio saudita-emiratino, nel giugno scorso, non si è tenuto al più alto livello.

La rinnovata intesa sarà tutta da verificare sul campo. Nelle trame geopolitiche fra Medio Oriente e Mediterraneo (Yemen, ma soprattutto Libia e Mediterraneo orientale), nel Corno d’Africa (Somalia, Sudan), e in misura minore tra Maghreb e Sahel (Marocco, Mauritania, Mali).

Come reagiranno i tanti attori locali sponsorizzati da sauditi ed emiratini contro qatarini e turchi (e viceversa), che da anni giocano le loro partite di potere locale grazie alla spaccatura nel Gcc? Intanto, l’Arabia Saudita si riprende il timone politico delle monarchie arabe del Golfo, volontariamente condiviso negli ultimi anni con gli intraprendenti Emirati Arabi. Chiudendo un accordo che detta la linea, nonché la narrazione, ma lascia “mani piuttosto libere”, grazie a tavoli bilaterali, circa modalità e tempi di esecuzione.