Le nuove linee guida della diplomazia del Green Deal europeo
A pochi giorni dall’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che tra i primi ordini esecutivi ha firmato il provvedimento per il rientro degli Usa nell’Accordo di Parigi sul clima, i 27 ministri degli Esteri dell’Ue si sono ritrovati a Bruxelles per discutere di diplomazia energetica e climatica.
Mentre gli Stati Uniti cercano così di superare anche in ambito climatico la pesante eredità trumpiana (per la prima volta nell’amministrazione ci sarà anche un inviato speciale per il Clima, l’ex segretario di Stato John Kerry, ndr), l’Unione europea guarda al futuro e ridefinisce i suoi parametri diplomatici per garantire al Green Deal europeo un perimetro d’azione esterna adeguato agli obiettivi che intende perseguire.
Le conclusioni del Consiglio Affari esteri
“Accelerare la transizione energetica globale, assicurando allo stesso tempo l’accessibilità economica, la salvaguardia dell’ambiente e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”: questo l’obiettivo primario della diplomazia energetica europea che emerge dalle conclusioni adottate dal Consiglio Affari esteri tenutosi lunedì scorso a Bruxelles.
Le conclusioni risultano caratterizzate da un’ampia visione, necessaria a fronte delle tante opportunità ma anche non trascurabili sfide che la transizione energetica pone nei confronti dell’Unione. Il Consiglio ha infatti sottolineato come una politica estera coerente con gli impegni interni dell’Ue sia essenziale per assicurare il successo del Green Deal europeo, importante motore di crescita economica e sociale oltre che strumento di contrasto ai cambiamenti climatici.
Tra gli elementi della nuova diplomazia energetica europea che suscitano maggior interesse vi è l’impegno a “scoraggiare tutti gli ulteriori investimenti in progetti di infrastrutture energetiche basati sui combustibili fossili nei Paesi terzi”. Inoltre, l’Ue chiede “l’eliminazione globale dei sussidi ai combustibili fossili dannosi per l’ambiente” per evitare fenomeni di carbon lock-in nei Paesi più fragili.
Nel cammino verso una neutralità climatica equa ed inclusiva, il Consiglio riconosce un ruolo di prim’ordine alla mobilitazione dei finanziamenti per il clima e alle pratiche finanziarie sostenibili. L’Ue, che con 23,2 miliardi di euro spesi nel 2019 è il maggior erogatore di finanziamenti pubblici per il clima, punta insieme ai suoi Stati membri a mobilitare “100 miliardi di dollari all’anno dal 2020 e fino al 2025”. Un invito ad incrementare il proprio contributo è inoltre rivolto anche a istituzioni finanziarie internazionali e banche di sviluppo. Tale sforzo risulta essere fondamentale se si intende evitare che il low-carbon divide con i Paesi comunemente definiti in via di sviluppo, già provati dalla sfida pandemica e con deboli budget nazionali, si acuisca ulteriormente.
Particolare attenzione è stata anche riservata alla dimensione climatica della politica e degli accordi commerciali. Il Consiglio, invitando l’Ue a perseguire una politica commerciale coerente con le sue ambizioni climatiche, si unisce alla Commissione che già nel dicembre del 2019 si era impegnata ad inserire una clausola legata al rispetto dell’Accordo di Parigi nei futuri accordi commerciali. Le conclusioni sono, infine, l’occasione per ribadire il pieno sostegno dell’Ue all’azione multilaterale e alla cooperazione internazionale, sostegno che sarà fondamentale proprio nell’anno in cui con la Cop26 e il G20 a guida italiana si definiranno gli assetti futuri dell’azione climatica globale.
Nuovi paradigmi ed equilibri geopolitici
Tuttavia, sebbene la transizione energetica rappresenti un’importante opportunità di crescita a livello globale, essa implica un consistente sforzo diplomatico per la riconfigurazione delle relazioni geopolitiche e la ridefinizione dei paradigmi di sicurezza energetica.
Molti Paesi esportatori fondano di fatto la quasi totalità dei loro bilanci statali sulle rendite derivanti dalla vendita di combustibili fossili. Una transizione non pianificata, con una brusca riduzione della domanda e dei prezzi dei combustibili, moltiplicherebbe fattori di instabilità già largamente presenti in questi Paesi.
Con questa consapevolezza, il Consiglio ha sollecitato l’Ue e gli Stati membri a promuovere piani di diversificazione e sostegno nei Paesi che sarebbero maggiormente colpiti dalla transizione facendo leva su esperienze già consolidate come il Just Transition Mechanism e strumenti di cooperazione tradizionali. Oltre ad un riequilibrio geopolitico, la transizione energetica implica anche una ridefinizione del concetto stesso di sicurezza energetica, in cui la necessità di garantire l’accesso a materiali critici come le terre rare e alle tecnologie strategiche sostituisce problematiche legate all’accesso ai combustibili fossili.
Questa evoluzione è fondamentale al fine di proteggere l’ecosistema industriale ed evitare che nuove dipendenze subentrino alle vecchie. A tal fine, il Consiglio ha concluso che la diplomazia energetica debba perseguire “la sicurezza e la resilienza energetica promuovendo mercati globali aperti, trasparenti, ben regolamentati, liquidi e basati su regole che assicurino una diversità di fornitori e fonti, e promuovendo l’uso dell’euro nel commercio energetico”.
Cambiare per contare
La posizione assunta dal Consiglio si inscrive in un processo di crescente discontinuità nei confronti della tradizionale diplomazia energetica, generalmente incentrata sulla diversificazione degli approvvigionamenti e sulla necessità di assicurare la disponibilità di combustibili fossili a prezzi accessibili.
Con la sua solida vocazione cooperativa, questo nuovo approccio diplomatico si intreccia con il dibattito sull’autonomia strategica da tempo in corso a Bruxelles. Infatti, l’Ue mira a sviluppare una più marcata autonomia strategica al fine di proteggere le catene di approvvigionamento strategiche e definire una politica estera più assertiva ed in linea con la leadership climatica che intende promuovere a livello globale. Elementi che dovranno entrambi essere necessariamente presi in considerazione dalla Commissione e dall’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell, incaricati di redigere una nuova strategia sull’impegno energetico internazionale entro la fine del 2021.
Al di là delle ambizioni climatiche ancora tutte da realizzare di Usa e Cina, questo dibattito mostra come l’Ue non solo sia intenzionata a giocare un ruolo chiave nella partita, ma voglia anche scriverne le regole.
Foto di copertina EPA/Olivier Hoslet