“L’Europa al bivio dopo lo shock”: appunti di viaggio sul futuro dell’Ue
Quando, tra qualche decennio, gli storici racconteranno questo convulso 2021 appena apertosi, descriveranno verosimilmente un momento di cesura, un cambio di stagione. Non sappiamo ancora se sarà così in termini di controllo della pandemia che ha sconvolto il mondo: i vaccini di cui è iniziata ovunque la distribuzione ce ne danno la speranza, non la certezza. Ma sarà così senza dubbio per i destini geopolitici che quella sciagura sembra aver accelerato: da un lato con la “deposizione” – pur tra violenza e veleni – di Donald Trump, che promette di (ri)portare gli Usa al ruolo di costruttori di norme e soluzioni ai problemi globali; dall’altro, con l’oggettivo ulteriore rafforzamento della Cina, pronta ormai a un ruolo di leadership almeno altrettanto incisivo, con tutti i dilemmi conseguenti.
Ma che dire dell’Unione europea? Segnerà questo 2021 la stagione del rilancio, dell’approfondimento, della riscossa di quel progetto “post-nazionale” che nell’ultimo quindicennio ha potuto fare poco più che gestire crisi ed emergenze in successione, perdendo via via spinta, appeal e credibilità, e rischiando a tratti perfino l’implosione? La risposta è tutt’altro che scontata. Ma l’opportunità in tal senso è evidentemente sul tavolo.
Un nuovo momento fondativo
Come coglierla, sfruttando il possibile “momento fondativo” creato al contempo dalla crisi pandemica e dall’archiviazione dell’era Trump/Brexit, è la questione cruciale attorno a cui si confrontano nell’e-book appena pubblicato “L’Europa al bivio dopo lo shock” alcuni tra i più attenti studiosi e analisti di questioni europee ed internazionali.
Frutto dei lavori di un doppio convegno organizzato lo scorso autunno da Reset DOC e Fondazione Corriere della Sera, il volume analizza in dettaglio i due versanti della sfida cui governi e cittadini europei si trovano di fronte all’alba del 2021: da un lato, il varo (e il significato di lungo termine) di quel programma di rilancio che ha infranto ogni tabù macro-economico europeo – non solo per l’entità delle risorse messe a bilancio, ma soprattutto per il mandato alla Commissione di creare e gestire debito comune; dall’altro, il necessario riposizionamento su uno scacchiere globale sempre più bipolare e sempre meno legato al “marchio di fabbrica” liberal-democratico.
Quanto all’aspetto “interno” – ammesso che i due piani siano distinguibili – pare evaporato dopo l’intesa definitiva Consiglio-Parlamento ogni dubbio sul potenziale dirompente, anche sul piano istituzionale, di Next Generation EU. Un “cambio di paradigma per la capacità dell’Ue di affrontare le sfide del XXI secolo”, lo definisce senza mezzi termini Vivien Schmidt. Maturato, come riconoscono nelle loro analisi tanto l’economista André Sapir quanto il politologo Sergio Fabbrini, anzitutto sulla scorta dello storico riposizionamento della Germania di fronte a una calamità senza precedenti.
Un cammino accidentato
Adattamento d’emergenza o trasformazione strutturale, della postura tedesca e dell’impalcatura stessa del progetto europeo? È questo, naturalmente, il nodo che governi e istituzioni Ue dovranno presto sciogliere, e su cui spicca la riflessione del commissario all’Economia Paolo Gentiloni al “taccuino” del vicedirettore del Corriere Federico Fubini. “Conoscendo la storia dell’integrazione, se uno strumento di tale calibro funzionerà – prevede Gentiloni – difficilmente resterà un esperimento isolato”.
Impossibile scordare, al contempo, le difficoltà che quel cammino ha sin qui incontrato: prima, la furiosa battaglia per il varo del nuovo piano, in larga parte sull’asse Nord-Sud d’Europa; quindi, nei mesi più recenti, l’ostinato blocco alla sua approvazione da parte dei due “ribelli” dell’Est, Polonia e Ungheria, in opposizione al principio di condizionalità dei fondi al rispetto dello stato di diritto. Se la soluzione di compromesso acciuffata in extremis ha scongiurato la dispersione del previsto sforzo titanico, è evidente che in particolare la seconda di queste due ferite, come illustra in dettaglio Fabbrini, resterà aperta.
Un vulnus tanto più problematico poiché indebolisce, soprattutto, quella missione strategica che l’Ue sembra essersi data dopo la vittoria di Joe Biden accolta con malcelato entusiasmo: proteggere e se possibile rinsaldare il “fronte democratico” di fronte all’aggressiva competizione del modello politico cinese (e delle frange populiste interne). Ma come?
Una bussola per l’Ue
Sul piano ideale, raccomanda Bernard Guetta, sfuggendo alla tentazione dello sconforto e ritrovando invece l’orgoglio e la fame di valori tutt’altro che appassiti di libertà e democrazia. Sul piano pratico di policy, propone Timothy Garton Ash, strutturando un “network post-egemonico delle democrazie” in grado di competere apertamente, ma anche di cooperare ove utile, con Pechino.
Al contenimento della dipendenza economica e tecnologica dal gigante asiatico, ma anche da quello americano, allude in fondo anche l’altro concetto chiave al centro del dibattito europeo, e dell’e-book: quello di autonomia strategica.
Sul significato esatto di questa nuova formula-passepartout, come il recente dibattito franco-tedesco sul rapporto con la Nato ha reso evidente, le acque restano a dire il vero piuttosto mosse. A tentare di indicare in termini pratici in che modo tale bussola potrebbe orientare la politica estera Ue, nella consapevolezza dei suoi limiti, sono due tra le più brillanti analiste in materia – Marta Dassù e Shada Islam – e lo stesso ministro degli Affari europei Enzo Amendola, in dialogo con Francesca Basso.
Anche per l’Ue, dunque, complice la Conferenza sul Futuro dell’Europa di prossima convocazione, il 2021 può segnare l’anno della svolta? Forse, ammesso di partire dalle raccomandazioni (che chiudono il volume) di chi un consesso simile chiamato a spiccare il “salto federale” l’ha già guidato meno di venti anni fa, con esiti quanto mai amari: Giuliano Amato. Appunti di viaggio per cambiare l’Ue, con visione, ma anche realismo.
L’ebook “L’Europa al bivio dopo lo shock” può essere scaricato qui. Foto di copertina EPA/Francisco Seco / POOL.