Il sismografo politico del Kosovo continuerà a oscillare per tutto l’anno
Il 2020, al netto della pandemia, si è dimostrato un anno politicamente molto intenso per il Kosovo: la sentenza della Corte costituzionale di Pristina dello scorso 22 dicembre sembrerebbe indicare una stagione ugualmente vivace per il 2021.
In quella data, la Corte ha stabilito, rispondendo a un appello presentato da 16 deputati del partito di opposizione Vetevendosje!, l’illegittimità dell’attuale governo guidato da Avdullah Hoti (nella foto di copertina EPA/Valdrin Xhemaj), dato che uno dei parlamentari che ne ha votato la fiducia a giugno (Etem Arifi, membro di un partito della minoranza ashkali) non poteva essere membro del Parlamento in quanto condannato per corruzione. Ciò ha fatto retroattivamente perdere la risicata maggioranza del governo a guida Ldk, la Lega democratica del Kosovo, che si reggeva su appena un voto (venne infatti approvato con 61 voti su 120), spingendo la Corte costituzionale a disporre nuove elezioni entro 40 giorni.
Vjosa Osmani, presidente ad interim del Paese, ha annunciato che le consultazioni anticipate si terranno domenica 14 febbraio.
Ma questa è solo l’ultima scossa di un lungo terremoto politico iniziato nel marzo 2020 quando, a poco meno di due mesi dalla sua formazione, Ldk decise di togliere il suo appoggio all’esecutivo di coalizione guidato da Albin Kurti, leader di Vetevendosje!, per formare un proprio esecutivo con altri partiti tradizionali dell’asse politico kosovaro e la benedizione dell’allora presidente Hashim Thaçi.
Caduta di Kurti e ascesa di Hoti
Oltre al prevedibile scarso feeling tra due forze così diverse come Vetevendosje! e Ldk, la principale pietra d’inciampo sui cui precipitò l’esecutivo Kurti fu l’atteggiamento da tenere nei negoziati con Belgrado sulla normalizzazione dei rapporti tra il Kosovo e la Serbia, con l’allora premier assolutamente contrario a qualsiasi soluzione che prevedesse uno scambio di territori, ipotesi apparentemente gradita a Thaçi e, soprattutto, all’amministrazione Trump, che vedeva in essa una scorciatoia per ottenere un successo diplomatico da poter poi rivendere in campagna elettorale.
La legittimità del disarcionamento di Kurti e l’arrivo di Hoti al governo vennero poi sanciti dalla Corte costituzionale – la stessa che pochi giorni fa ha dato il benservito a quest’ultimo, facendo sollevare più di qualche sopracciglio sulla permeabilità del massimo organo giurisdizionale al potere politico.
Il disegno che contribuì a portare l’attuale primo ministro al governo doveva trovare il suo coronamento nel vertice che la Casa Bianca aveva organizzato a Washington a giugno, in cui il presidente serbo Aleksandar Vučić e Thaçi avrebbero ,con molta probabilità, portato avanti il discorso sul land swap con il benestare di Donald Trump e del suo inviato per la questione serbo-kosovara Richard Grenell. Tutto questo sarebbe accaduto se l’ufficio del Procuratore del Tribunale Speciale per il Kosovo (creato per investigare e perseguire i crimini commessi dalle milizie dell’Uçk tra il 1998 e il 2000) non avesse pubblicato l’atto di accusa contro il leader kosovaro, portando alle sue immediate dimissioni e, una volta confermate le imputazioni, al suo arresto a novembre.
Osmani solo ad interim?
L’uscita di scena di Thaçi ha portato al sostanziale fallimento del vertice di Washington – posticipato a settembre e a cui partecipò Hoti al posto del presidente – ma, soprattutto, all’arrivo di Osmani come presidente ad interim fino alla scelta da parte del Parlamento del suo successore nel primo trimestre del 2021.
Osmani, attuale presidente del Parlamento, rappresenta insieme a Kurti la principale voce progressista nel panorama kosovaro: seconda deputata più votata alle elezioni del 2019 e candidata alla premiership, l’attuale presidente ad interim è ormai in rotta con il suo partito, Ldk, che l’ha estromessa dal suo Consiglio direttivo per la sua ferma opposizione all’operazione che ha portato alla caduta del governo Kurti.
Anche se Osmani non si è ancora sbilanciata sulle sue intenzioni per le elezioni parlamentari anticipate del 2021, viene data per probabile la creazione di una sua lista che si affiancherà a Vetevendosje!, il partito di Kurti che avrebbe tutte le carte, stando ai sondaggi, per arrivare alla maggioranza assoluta dei seggi.
Un governo Kurti – o Kurti-Osmani – rappresenterebbe un’importante novità nello stantio panorama politico kosovaro (e regionale), ma il suo raggio d’azione dipenderà comunque da chi verrà eletto alla presidenza: la vittoria di un eventuale candidato dell’asse Ldk-Pdk-Aak e degli altri partiti tradizionali darebbe vita a una difficile coabitazione, contribuendo alla protratta instabilità del quadro politico kosovaro. Al momento, però, ogni tentativo di trovare un candidato unitario da parte dell’attuale maggioranza non ha avuto successo.
Un 2021 che sembra già difficile
I prossimi sviluppi politici interni avranno un importante impatto anche sull’evoluzione del processo negoziale in corso sotto l’egida dell’Unione europea per la normalizzazione dei rapporti tra Pristina e Belgrado: un eventuale governo Vetevendosje! potrebbe infatti assumere posizioni più intransigenti, soprattutto sul principale ostacolo alle trattative: la creazione dell’Associazione dei Comuni Serbi, già prevista nell’accordo tra Kosovo e Serbia del 2013 ma mai stabilita.
In questo, Kurti (qualora tornasse a essere primo ministro) potrebbe avere un significativo appoggio dalla Casa Bianca a guida Biden, sicuramente più vicina alle istanze albanesi che a quelle serbe.
Allo stesso tempo, il probabile inizio del processo a Thaçi – che verrà veicolato dal suo partito, il Pdk, e da una larga fetta dell’opinione pubblica kosovara come un ingiusto processo alla guerra di liberazione del 1999 -, renderà difficile ad un governo Vetevendosje! schierarsi contro l’ex presidente, contribuendo a complicare il quadro politico kosovaro (va detto comunque che anche il partito di Kurti ha un proprio alto esponente alla sbarra all’Aia, Rexhep Selimi).
Tutto sembra così indicare che le faglie politiche esplose nel 2020 continueranno a far tremare la scena politica del Kosovo anche nel 2021.
Le opinioni espresse appartengono unicamente all’autore e non riflettono necessariamente l’opinione della Commissione europea o del Servizio europeo di azione esterna.