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Nuova leadership per la CDU

Il lungo arrivederci della Germania ad Angela Merkel

4 Gen 2021 - Federico Niglia - Federico Niglia

Il decorso della pandemia vede un crescendo dell’immagine, nazionale ed internazionale, di Angela Merkel: con una politica non priva di tratti camaleontici la Kanzlerin ha infatti tenuto a bada gli umori di un’opinione pubblica sempre più provata.

L’eccezionalità della situazione è stata inoltre gestita senza alterare gli equilibri istituzionali interni alla Germania, in particolare quelli tra potere federale e potere dei Länder, prevenendo, al contempo, rotture insanabili all’interno dell’Unione europea. Gli avvenimenti di quest’ultimo periodo consegnano sempre più Angela Merkel al pantheon degli statisti europei, ma rendono al contempo più complesso il passaggio di testimone alla guida per partito cristiano-democratico (Cdu) e, in prospettiva, alla guida della locomotiva dell’Europa, in occasione delle elezioni federali del 26 settembre prossimo.

I pretendenti al trono
Sebbene il congresso della Cdu per eleggere la nuova leadership sia stato sia stato rinviato più volte nei mesi scorsi e sia adesso previsto per venerdì 15 e sabato 16 gennaio – in formato virtuale -, i candidati a succedere alla “meteora” Annegret Kramp-Karrenbauer (“Akk”) sono oramai schierati: si va da Friedrich Merz, l’anti-Merkel esponente dell’ala destra del partito che proprio da Akk era stato sconfitto e che ora cerca il suo momento, ad Armin Laschet, primo ministro del Nord-Reno Vestfalia espressione della continuità rispetto al merkelismo. Terzo nome in corsa, il centrista Norbert Röttgen, presidente della commissione Esteri del Bundestag.

Nella successione a Merkel, i commentatori insistono anche sulla carta cristiano-sociale bavarese, quel Markus Söder che ha saputo ripensare la Csu nel post-Seehofer e che viaggia sempre altissimo nei consensi.

In tempi di Covid-19 non può mancare il nome di Jens Spahn, che come ministro della Sanità rappresenta una delle figure chiave della gestione di questa emergenza. Sebbene sia sotto i riflettori per la gestione della pandemia non bisogna dimenticare che Spahn, che al momento si è proposto in ticket con Laschet, si pone in una forte linea di continuità con Wolfgang Schäuble e ha consolidato la sua reputazione negli anni della crisi economica, in cui è stato viceministro delle Finanze.

La storia di questa competizione tutta al maschile, che in questo marca una forte inversione di tendenza rispetto al presente, resta ancora tutta da scrivere. Rispetto al passato vi è infatti una forte componente di imprevedibilità derivante sia dall’andamento della pandemia sia dagli effetti, ancora non pienamente prevedibili, che questa potrà avere sui cittadini-elettori.

La ricetta “Mutti”
È comunque possibile iniziare a delineare degli scenari per il post-Merkel partendo da alcune prese d’atto di natura strutturale. La prima riguarda l’irripetibilità della formula politica che ha caratterizzato i governi Merkel. Nel corso di un quindicennio questa ha sempre conservato il centro dello spazio politico e ha mostrato una mobilità sullo spazio politico che ha, in più di un’occasione, spiazzato i partiti rivali, in particolare i socialdemocratici dell’Spd: quello che secondo i detrattori era il punto debole della cancelliera, cioè la mancanza di una politica “propria”, si è infine rivelato un punto di forza.

Proprio nel momento in cui si delineava una frattura tra politica e antipolitica Merkel ha saputo appropriarsi delle principali categorie del riformismo mostrandosi capace non solo di contenere quelle che, forse un po’ semplicisticamente, possono essere definite come forze populiste, ma anche riuscendo a ristabilire una nuova coesione sociale e a sintonizzare il Paese su una nuova agenda di riforme. Ora, è improbabile che al suo successore riesca questo gioco di spiazzamento degli interlocutori e degli avversari, che proprio nella fine dell’era Merkel vedono l’occasione per occupare e mantenere il loro spazio politico.

Le caselle identitarie
Una seconda presa d’atto, strettamente collegata alla prima, sta nell’improbabile replicabilità del modello di leadership merkeliano: l’appellativo, affettuoso e alle volte ironico, di Mutti riassume infatti una complessa alchimia di carisma, moderazione e spirito protettivo fortemente legati alla sua biografia personale. Si può sostenere che tutti i candidati alla guida del partito si presentano come meno “ecumenici” rispetto all’attuale cancelliera, come si era già visto con Akk, una leader maggiormente connotata in senso conservatore rispetto a Merkel. In questi termini si può leggere il profilo di Friedrich Merz, ma anche guardando agli altri candidati si ha la percezione, almeno al momento, che tutti siano l’espressione di identità parziali sia all’interno del partito sia rispetto alla società tedesca.

La capacità di uscire dalla propria “casella identitaria” sarà fondamentale per colui che risulterà vincitore della competizione. Questo è fondamentale anche perché la Germania non è responsabile solo verso sé stessa, ma anche verso l’Unione europea. È forse questo il lascito più importante e problematico di Angela Merkel: la centralità nella Ue richiede un forte consenso interno e la forze per imporre al proprio popolo responsabilità che travalicano quelle del buon governo nazionale.

Tale concetto deve fungere da stella polare sia per chi, in prospettiva, mira a guidare la Germania, sia per chi, più nell’immediato, si appresta a guidarne il primo partito.