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Insurrezione pro-Trump a Capitol Hill

Il giorno più buio della democrazia americana

7 Gen 2021 - Giampiero Gramaglia - Giampiero Gramaglia

È di quattro morti, tra cui una donna uccisa da un colpo di arma da fuoco, 13 feriti e 52 arresti il bilancio – provvisorio – degli incidenti di ieri a Washington, dove centinaia di sostenitori di Donald Trump, aizzati dal presidente che non accetta la sua sconfitta nel voto del 3 novembre, hanno preso d’assalto il Congresso, costringendo a sospendere la ratifica dei risultati delle presidenziali, con la vittoria di Joe Biden. Per molti commentatori, è stato “terrorismo domestico”. Biden dice: “Questa non è una protesta, è una insurrezione”.

È probabile che il bilancio, specie degli arrestati, si aggravi nelle prossime ore. La donna uccisa, Ashli Babbit, veterana dell’aeronautica, veniva da San Diego in California: è stata raggiunta da colpi sparati con l’arma di servizio da un agente in uniforme della polizia del Campidoglio -un’inchiesta è in corso, ha detto il capo della polizia di Washington -. Gli altri decessi sono avvenuti per emergenze e complicazioni mediche, durante le proteste.

Degli arresti, 26 sono stati effettuati sul Campidoglio. Molti riottosi pro-Trump sono stati fermati per violazione del coprifuoco, che è stato decretato a Washington e nel Nord della Virginia, in particolare ad Arlington e ad Alexandria.

La plenaria del Congresso
A tarda sera, ora di Washington, la sessione plenaria del Congresso è ripresa. Il Senato e la Camera hanno separatamente respinto la mozione di alcuni senatori e deputati repubblicani di contestazione dei voti del Collegio elettorale dell’Arizona: al Senato 93 no e 6 sì – meno della metà di quelli che erano previsti, prima della sommossa -; alla Camera, invece, 309 no e ben 122 sì, tutti repubblicani (su 211), di poco al di sotto dei 140 previsti.

In sessione plenaria, il Congresso ha poi ricominciato la ratifica dei voti del Collegio elettorale Stato per Stato, fino a quelli della Pennsylvania, messi pure in discussione. Dopo dibattiti separati, Senato e Camera hanno di nuovo respinto la contestazione, con analoghe maggioranze. A questo punto, intorno alle 9.30 di questa mattina in Italia, il Congresso ratifica la vittoria di Biden.

Trump non cede
Nelle ultime ore, ci sono state numerose dimissioni nell’Amministrazione Trump: uomini e donne critici dell’atteggiamento del presidente, che, anche quando ha tardivamente detto ai suoi sostenitori di andare a casa, ha insistito: “Questo è quello che succede quando rubate le elezioni”. Lo stato d’emergenza a Washington durerà fino al 21 gennaio, il giorno dopo l’insediamento di Biden.

Twitter e altri social hanno bloccato l’account del magnate per i suoi post incendiari. E c’è chi evoca, o invoca, il ricorso all’articolo 25 della Costituzione, che prevede che il vice-presidente sostituisca il presidente quando questi non è in grado di svolgere il proprio compito. Altri parlano d’impeachment, ma ne mancano i tempi.

È stato il giorno più nero della democrazia americana: un giorno nero innescato da un presidente che non avrebbe mai dovuto essere scelto e che non accetta di andarsene dopo essere stato bocciato, nelle elezioni del 3 novembre, nel voto popolare – 80 milioni di suffragi a Joe Biden, 74 a lui – e nel meccanismo costituzionale dei Grandi Elettori – 306 per Biden e 234 per lui -.

Scene da guerra civile
Donald Trump è il grande perdente di una giornata il cui bilancio è tragico: fa perdere al suo partito i ballottaggi in Georgia e la maggioranza in Senato, dopo avere perso la Casa Bianca; e perde tutta la credibilità che gli resta, se gliene resta, e se ne ha mai avuta, arringando a suon di falsità la banda di facinorosi suoi sostenitori “convocati” a Washington perché si facciano sentire.

E loro eseguono l’ordine del loro “comandante in capo”. Lo scenario è da guerra civile: la capitale dell’Unione blindata da polizia e guardia nazionale e centinaia, non più di migliaia, di trumpiani che, aizzati dal presidente, assediano il Campidoglio, gli danno l’assalto e vi si introducono, alcuni armati, costringendo i funzionari ad evacuare due edifici e i parlamentari a sospendere i lavori. Ci sono transenne divelte, vetri infranti, muri scalati; e, dentro l’edificio, le maschere anti-gas sostituiscono le mascherine anti-Covid per l’uso dei lacrimogeni. Il tutto sventolando bandiere suprematiste e con richiami allo schiavismo e rivendicando il diritto alle armi.

Le immagini televisive mostrano agenti dell’Fbi con le pistole in pugno nelle aule di Senato e Camera, energumeni che si siedono sugli scranni dei presidenti dei due rami del Congresso, comitive che percorrono come vandali i corridoi del Campidoglio e persone fatte distendere a terra con le mani sopra la testa.

Fatti senza precedenti a Washington. Il presidente eletto Joe Biden denuncia il presidente uscente Donald Trump per avere infiammato gli animi dei suoi sostenitori con ripetute false affermazioni sulle “elezioni rubate” e parla di minaccia inaudita alla democrazia americana. E i media contestano l’inazione del presidente, che, dopo avere fomentato i suoi fan, si limita a un appello perché rispettino la polizia e le forze dell’ordine, che “sono dalla nostra parte”.

Poi, finalmente Trump compare in televisione, dopo che Biden quasi gli ha ingiunto da farlo: “Andate a casa”, dice, insistendo, però, che le elezioni gli sono state rubate e criticando il suo vice Mike Pence, che non lo ha “difeso”.

Il rituale interrotto
Eppure, la democrazia americana stava riuscendo a celebrare i suoi riti: la Georgia aveva appena consegnato il controllo del Senato ai democratici, che vincono entrambi i ballottaggi – l’esito sarà presto ufficiale -; e il Congresso si preparava a formalizzare il successo di Biden nelle presidenziali, riconoscendogli il diritto d’insediarsi alla Casa Bianca il 20 gennaio.

Il magnate, che vuole sempre vincere, si trova cucita addosso l’etichetta di perdente. Ma Trump non s’arrende né al diritto né all’evidenza: rilancia accuse di brogli e truffe, sempre senza lo straccio d’una prova; e nel pomeriggio, prima dell’inizio della plenaria, arringa i suoi fan all’Ellipse, a sud della Casa Bianca, al raduno “Save America”, bollando come “deboli” i repubblicani che intendono certificare la vittoria di Biden.