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Aria di golpe

Nuove tensioni alla vigilia del voto nella Repubblica Centrafricana

23 Dic 2020 - Lo Spiegone - Lo Spiegone

“Un tentativo deliberato di interrompere” le elezioni presidenziali e legislative di domenica prossima, 27 dicembre, sarebbe in atto, ad opera di gruppi armati, nella Repubblica Centrafricana: in risposta, le Nazioni Unite hanno schierato i caschi blu della missione di stanza nel Paese per garantire il regolare svolgimento delle consultazioni, mentre il presidente uscente invita i cittadini a non temere e a recarsi alle urne. Ieri la notizia, confermata anche dalle fonti ufficiali, che i ribelli hanno preso controllo della città di Bambari.

Durante la sua travagliata storia, la Repubblica Centrafricana ha vissuto decenni di violenza e instabilità. Nel dicembre 2012 la Seleka (“alleanza”, in sango) – una coalizione di gruppi armati, principalmente musulmani – ha organizzato un colpo di Stato che, nel marzo 2013, rovesciò il governo di François Bozizé.

In risposta alla brutalità delle forze Seleka si sono formati gli “Anti-balaka” (“invincibile ” in sango), una coalizione di combattenti per lo più cristiani-animisti, che hanno aggiunto un elemento di animosità religiosa alla violenza. Nel settembre 2013, le forze Anti-balaka hanno iniziato a commettere diffusi attacchi, provocando ulteriori disagi ai civili, stretti tra due fuochi.

Le forze Seleka sono state dichiarate illegali dal governo poco dopo l’inizio degli attacchi di vendetta, ma molti ex membri hanno continuato con dei contrattacchi, facendo precipitare la Repubblica in uno stato caotico di violenza e di crisi umanitaria.

Nonostante l’ottimismo dopo l’elezione del presidente Faustin-Archange Touadera nella primavera del 2016, la crisi non si è risolta. Una spartizione territoriale di fatto ha portato a una pausa nei combattimenti musulmano-cristiani, ma sono aumentati quelli tra le fazioni interne all’ex Seleka. Sebbene il governo mantenga il controllo della capitale Bangui, al di fuori di essa la maggior parte dei gruppi armati ha boicottato i tentativi del presidente Touadera di calmare la regione attraverso il disarmo.

L’illegalità nel resto del Paese ha permesso ai gruppi armati di prosperare e gli scontri sono aumentati nelle province centrali, occidentali e orientali. Il conflitto ha anche devastato l’economia, paralizzando il settore privato e lasciando quasi il 75% della popolazione del Paese in povertà.

In vista delle elezioni
Le tensioni stanno crescendo in vista delle elezioni presidenziali e legislative a causa degli attriti tra candidati rivali e dell’escalation di violenza da parte dei gruppi armati che ancora controllano gran parte del Paese, nonostante un accordo di pace firmato il 6 febbraio 2019.

Diversi candidati dell’opposizione stanno facendo leva sul malcontento popolare per l’accordo di pace, che ha assegnato ai leader ribelli posizioni nel governo nonostante i documentati crimini di guerra commessi dalle loro forze.

Tra coloro che hanno fatto domanda per candidarsi alla presidenza c’è l’ex leader François Bozizé, tornato nella Repubblica Centrafricana alla fine del 2019 dopo sei anni di esilio a seguito del rovesciamento del suo governo. La Corte costituzionale, però, ha stabilito che Bozizé non ha soddisfatto il requisito della “buona moralità” a causa di un mandato di cattura internazionale e delle sanzioni delle Nazioni Unite contro di lui per presunti omicidi, torture e altri crimini. Per la Corte, Bozizé viola l’articolo 24 della Costituzione, secondo cui per essere candidati alla presidenza bisogna avere una buona morale e la fedina penale pulita.

Strada spianata, dunque, per un secondo mandato di Faustin-Archange Touadera. Il presidente uscente ha annunciato che parteciperà alle elezioni di dicembre come candidato del partito Movement Cœurs Unis (Mcu), attualmente al governo. Touadera, che era premier sotto Bozize, è presidente dal 2016. Il suo primo mandato ha visto il precario ripristino delle istituzioni statali e la firma del controverso accordo con i gruppi armati nel 2019, che non è però riuscito a portare una pace duratura. Lunedì 21 dicembre, quando si è diffusa la notizia di alcuni esponenti dei gruppi ribelli che, alle porte di Bangui, lavoravano con l’obiettivo di tentare un golpe, Touadera ha esortato i cittadini a non farsi bloccare dalla paura e recarsi alle urne la prossima domenica. L’arma del presidente in carica è infatti presentarsi come fautore e difensore di una pace che il Paese non vive da tempo.

Tra i candidati alle elezioni del 27 dicembre c’è Catherine Samba-Panza, ex presidente ad interim nel biennio 2014-2016, eletta dal Consiglio di Transizione Nazionale. Catherine Samba-Panza non è affiliata a nessun partito politico e può ottenere voti soprattutto nei grandi centri urbani e nella capitale Bangui, essendo stata in passato anche sindaca della città.

Storia dell’ordinamento dello Stato
Secondo il titolo II della Costituzione,la Repubblica Centrafricana è una repubblica presidenziale. L’elezione del presidente avviene tramite un sistema maggioritario a doppio turno: se nessuno dei candidati riceve più del 50% dei voti validi, vanno al ballottaggio i due con il numero maggiore di voti. I 140 membri dell’Assemblée Nationale vengono rinnovati ogni cinque anni, così come il mandato della presidenza della Repubblica. L’Assemblea è l’unica Camera del Parlamento operativa poiché il Senato, previsto dalla Costituzione del 30 marzo 2016, non è ancora stato istituito.

La violenza dei gruppi armati ha ostacolato le operazioni di registrazione degli elettori in alcune parti del Paese: circa 200.000 rifugiati in età di voto non potranno esprimersi nelle elezioni di fine mese.

La registrazione degli elettori è avvenuta in modo irregolare ed è stata ritardata a causa della pandemia che ha anche posticipato l’arrivo dei tablet – necessari per la registrazione degli aventi diritto al voto – e di tutto il materiale elettorale. Dopo un lungo processo di reclutamento del personale addetto ai tablet, è stata finalmente lanciata la registrazione degli elettori, ma le difficoltà sul terreno hanno ben presto obbligato a rimandare più volte i termini di chiusura delle operazioni. Le difficoltà si riscontrano soprattutto lontano dai grandi centri abitati, in regioni fuori dal controllo del governo sotto l’egida dei gruppi ribelli.

Il governo, e soprattutto la comunità internazionale, vogliono che queste elezioni siano trasparenti, credibili, inclusive e consensuali. Tuttavia, il consenso tanto sperato sulla gestione del processo elettorale non è stato raggiunto.

A cura di Armando D’Amaro, autore Africa de Lo Spiegone

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