IAI
COME GESTIRE L'EMERGENZA

Rischi Cbrn e Covid-19: sbagliando si impara

13 Dic 2020 - Karolina Muti - Karolina Muti

A quasi un anno dall’inizio della prima ondata della pandemia, la gestione dell’emergenza da Covid-19 da parte dei Paesi europei ha mostrato profondi limiti e lacune nella prevenzione e nella capacità di gestione coordinata e transfrontaliera di un evento di tipo biologico. 

Eppure, già sette anni fa era stato compiuto un importante passo legislativo a livello europeo in questo campo, con l’adozione della decisione del Consiglio n. 1082/2013 relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero. Quest’ultima si applica alle misure di sanità pubblica a carattere transfrontaliero e dunque, tra le altre, a minacce di origine biologica come le malattie trasmissibili, e comprende disposizioni volte a rafforzare la pianificazione della preparazione e della risposta nell’Ue.

Il livello europeo
A questa decisione seguì poi, nel 2017, un piano d’azione per rafforzare la preparazione contro i rischi per la sicurezza di natura chimica, biologica, radiologica e nucleare presentato dalla Commissione europea.

Il piano tocca dei punti fondamentali, ma sembra non aver portato ancora ai risultati desiderati, come dimostrato dall’impreparazione di quasi tutti i Paesi europei di fronte alla crisi, invitando dunque tutta la comunità – non solo quella Cbrn (chimica, biologica, radiologica e nucleare) – a una riflessione sugli insegnamenti da trarne.

Il documento aveva all’epoca considerato l’organizzazione di formazioni ed esercitazioni transfrontaliere e transettoriali come una delle iniziative dal maggior valore aggiunto per l’Ue. Aveva, inoltre, sottolineato come i Paesi Ue ritenessero lo scambio di informazioni su incidenti, minacce, impianti e tecnologie Cbrn insufficiente e avessero espresso l’esigenza di cooperare con forze militari e Paesi terzi strategici.

Narrare la crisi
Alla luce di queste linee guida si possono individuare fin da subito delle raccomandazioni per colmare le lacune resesi evidenti negli ultimi mesi. In primo luogo, una maggiore formazione, addestramento e preparazione di tutti gli operatori coinvolti nella gestione della crisi, dal personale medico e sanitario, ai giornalisti e operatori dei media che creano la “narrazione della crisi” e che la raccontano ai cittadini. Una proposta concreta in tal senso è stata espressa già nel 2007 in uno studio IAI per conto del Centro militare di studi strategici del ministero della Difesa (CeMiSS). In particolare, emerse la necessità di avere una comunicazione gestita e controllata e si proponeva di individuare dei responsabili della comunicazione e allestire appositi piani comunicativi.

Potrebbe essere inoltre opportuno coinvolgere direttori e giornalisti nella messa a punto di un codice di condotta volontario per la gestione delle informazioni nel caso di un’emergenza Cbnr, con l’individuazione di portavoce con adeguata preparazione tecnica. Questo è ancor più importante in un’epoca in cui la pandemia è stata utilizzata per veicolare notizie false e in cui campagne di disinformazione hanno preso di mira la popolazione europea e i Paesi Nato .  

La formazione e una migliore preparazione devono coinvolgere anche il personale sanitario che nell’attuale crisi pandemica, come è stato già nel 2003-2004 nel caso dell’epidemia della Sars scoppiata in Asia e in Canada, ha riportato tassi molto alti di contagi, diventando così spesso vettore del virus. Il sistema sanitario dovrebbe, invece, essere protetto al massimo, essendo la principale risorsa nella lotta contro la pandemia.

Non basta tuttavia preparare la comunità Cbrn e il personale tecnico. La pandemia ha mostrato quanto, specialmente nelle liberal-democrazie europee, la responsabilità individuale giochi un ruolo cruciale. Per questo motivo è necessaria un’operazione di sensibilizzazione alla tematica Cbrn su scala nazionale ed europea, non solo durante la gestione di una crisi, ma in tempi non emergenziali con un’ottica di prevenzione e preparazione. Sarebbe opportuno, ad esempio, che il governo faccia svolgere nel 2021 alcuni studi indipendenti sugli insegnamenti della pandemia nei diversi settori della società.

Obiettivi ed esperienza
Riconosciuta la necessità di adottare un approccio orizzontale, il piano d’azione del 2017 si poneva quattro obiettivi, tra i quali: rafforzare la preparazione e la risposta agli incidenti di sicurezza Cbrn, creare collegamenti più forti tra la sicurezza interna ed esterna con i principali partner dell’Ue a livello regionale e internazionale, e migliorare la conoscenza dei rischi Cbrn.

In questa direzione opera da alcuni anni anche il cluster Cbrn-P3. Il cluster coinvolge un network di attori pubblici (civili e militari) e privati del settore per promuovere la prevenzione, preparazione e protezione (le tre “P”) da eventi Cbrn, con un approccio multidisciplinare. Le Forze armate italiane sono impegnate, ad esempio in Libano, in un progetto di assistenza al Paese contro le minacce Cbrn (“EU Technical Assistance on Cbrn Risks Mitigation in Lebanon“).

Il 16 dicembre il webinar IAI “La minaccia Cbrn: l’esperienza italiana in Libano e gli insegnamenti della pandemia” sarà l’occasione per mettere a sistema in maniera orizzontale le esperienze sviluppate dai vari stakeholder e trarne gli insegnamenti necessari a garantire la massima preparazione futura.