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L’omaggio di Macron a Valéry Giscard d’Estaing

6 Dic 2020 - Alberto Toscano - Alberto Toscano

In Francia, mercoledì 9 dicembre è una giornata di lutto nazionale in omaggio a Valéry Giscard d’Estaing, scomparso il 2 dicembre all’età di 94 anni. Giscard diventò presidente della Repubblica nel 1974, sconfiggendo quello stesso François Mitterrand da cui sarebbe stato a sua volta battuto sette anni dopo, nel 1981.

Tra queste due grandi battaglie elettorali, combattute senza esclusione di colpi con l’avversario socialista, si è situato il tentativo giscardiano di modernizzzare la Francia. Almeno in parte, quel tentativo è riuscito: abbassamento a 18 anni della maggiore età e quindi del diritto di voto, “legge Veil” sulla legalizzazione dell’aborto, snellimento delle norme relative al divorzio, grandi lavori nelle infrastrutture. Tra questi ultimi, l’alta velocità ferroviaria e l’enorme – a detta di molti, discutibile o perlomeno esagerato – impegno nelle centrali nucleari.

Proprio questa scommessa sull’atomo – che la Francia aveva fatto già prima di Giscard, ma che lui rilanciò in grande stile – pone seri problema alle autorità attuali, visto che per quelle centrali si avvicina la data del pensionamento. Che fare? Si pensa di prorogarne l’attività, riducendo al tempo stesso da dipendenza, che resterà comunque elevata, dal nucleare.

Insieme alla modernizzazione nazionale, Giscard cercava un consenso che superasse i vecchi steccati politici. Questo secondo obiettivo non è stato raggiunto. Voleva riunire “due francesi su tre”, secondo il suo slogan, attorno a un programma di cambiamento. Ironia della sorte, Mitterrand lo ha sconfitto nel 1981 sulla base della parola d’ordine del cambiamento.

Le polemiche con gli avversari politici, con tanto di scandali e rivelazioni talvolta piccanti, lo indebolirono nella seconda parte del suo mandato. Ma ad impallinarlo furono soprattutto le divisioni nella sua maggioranza di centrodestra, rinfocolate dalla nascita di due nuovi partiti: quello liberale-giscardiano Udf (Union pour la démocratie française) e quello neo-gollista di Jacques Chirac, l’Rpr (Rassemblement pour la République).

Valéry Giscard d’Estaing ai funerali di Helmut Schmidt nel 2015. Con l’allora cancelliere tedesco rilanciò il partenariato franco-tedesco. (EPA/KAY NIETFELD)

L’eredità politica
Attuali eredi di questi due partiti sono rispettivamente il MoDem di François Bayrou, parte integrante della maggioranza macronista, e i Républicains, che sono all’opposizione ma che hanno visto alcuni loro esponenti di primo piano convertirsi al macronismo (da sempre, “Parigi val bene una messa”).

La presenza del MoDem al governo e l’idea stessa di un presidente giovane-liberale-modernizzatore, fanno di Emmanuel Macron (nato alla metà della presidenza giscardiana, il 21 dicembre 1977) una sorta di erede spirituale del presidente appena deceduto (anche se Giscard, ex ministro di De Gaulle e di Pompidou, veniva da destra mentre Macron, ex ministro di Hollande, viene da sinistra).

C’è stato dunque un messaggio implicito nell’omaggio televisivo che l’attuale inquilino dell’Eliseo ha tributato il 2 dicembre al suo predecessore. Anche la parte esplicita del messaggio lascia intendere elementi di continuità politica tra la strategia giscardiana e quella macronista, con particolare riferimento alla costruzione di una nuova Europa, alla relazione privilegiata franco-tedesca e al ruolo che lo spazio comunitario deve svolgere negli affari internazionali.

“Se il nostro continente è più unito e più forte, lo dobbiamo anche alla sua passione europea“, dice Macron nel ricordare Giscard. Poi il presidente fa alcuni esempi di realizzazioni ottenute grazie all’impegno del predecessore. In particolare, il passaggio all’elezione diretta del Parlamento europeo e la nascita del Consiglio europeo, il Vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue.

2022 più vicino
Una volta di più, Macron sembra vedere in sé la persona ideale per sviluppare l’opera riformatrice di Giscard in Francia e in Europa, ma rispetto ad allora il mandato presidenziale si è accorciato di due anni e per lui il tempo stringe. Lo schema della battaglia campale delle presidenziali non è più destra-sinistra.

Nell’aprile 2022 lo schema potrebbe essere: Macron da un lato e, dall’altro, vari candidati in ordine sparso. Tutto dipenderà dalla capacità che le vecchie forze politiche avranno di coalizzarsi o comunque di presentare candidati in grado di arrivare al secondo turno. Per Giscard era relativamente facile qualificarsi per il secondo turno, ma è stato difficilissimo battersi con Mitterrand nel duello finale. Per Macron, il vero ostacolo potrebbe consistere nel superare il primo turno, mentre poi – se il duello finale fosse con Marine Le Pen, in un remake del 2017 – la sua permanenza all’Eliseo non dovrebbe essere seriamente in discussione.

Parlando dell’attività internazionale di Giscard in quanto presidente, Macron lo ha presentato come il fondatore del G7. Venuta all’indomani della grande crisi petrolifera del 1973-74, l’idea giscardiana di un “incontro accanto al caminetto” tra i cinque maggiori Paesi industrializzati al mondo (Usa, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito) si caratterizzava come un dialogo di natura economica. Poi, la dura reazione italiana spinse Giscard a invitare il presidente del Consiglio Aldo Moro all’incontro svoltosi nel novembre 1975 al castello di Rambouillet, che è dunque stato un G6 (il Canada entrerà l’anno successivo, nel vertice organizzato stavolta dagli Stati Uniti).

Un’ultima considerazione s’impone. Dice Macron che Giscard “guardò in faccia il Paese con gli occhi di una nuova generazione”. Peccato che lo sguardo di Giscard non si sia soffermato un po’ più sulla ghigliottina e che, tra le sue riforme modernizzatrici, non ci sia stata l’abolizione della pena di morte, arrivata nei primi mesi del primo mandato del rivale Mitterand.