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EU Global Human Rights Sanctions Regime

Diritti umani: test cinese per le nuove sanzioni Ue

19 Dic 2020 - Ludovica Meacci - Ludovica Meacci

Il 7 dicembre scorso il Consiglio dell’Unione europea ha dato il via libera all’istituzione del regime globale di sanzioni dell’Ue in materia di diritti umani. Il cosiddetto EU Global Human Rights Sanctions Regime permette all’Unione europea di imporre sanzioni nei confronti di attori statali e non, compresi singoli individui, entità e organizzazioni, coinvolti in violazioni e abusi di diritti umani ovunque nel mondo. Questo nuovo regime va ad integrare il sistema di sanzioni geografiche esistente, alleggerendo le attuali procedure burocratiche previste per l’imposizione delle misure restrittive.

Dall’anno prossimo l’Ue potrà quindi adottare sanzioni quali il congelamento di fondi e il divieto di ingresso e transito in Europa nei confronti di singoli individui, anche se il loro Paese non è già oggetto di restrizioni da parte dell’Ue. L’idea di dotare il regime sanzionatorio dell’Unione di un approccio globale nasce anche a seguito dell’adozione del Magnitsky Act statunitense nel 2016, con il Parlamento lituano e quello dei Paesi Bassi che per primi hanno spinto per una maggiore ambizione europea.

Nel dibattito europeo su quale postura adottare nei confronti di una Cina sempre più assertiva, il ruolo del nuovo regime Ue in materia di diritti umani occupa un posto privilegiato.

Cosa pensa l’Europa
Con l’entrata in vigore della legge per la sicurezza di Hong Kong e la rinnovata attenzione mediatica per i campi di rieducazione nello Xinjiang a maggioranza musulmana, la questione dei diritti umani nella Repubblica popolare cinese ha guadagnato nuovo slancio politico nell’Ue e nei suoi Stati membri. Il Consiglio dell’Ue ha condannato le aggressioni di Pechino. Il Parlamento europeo ha approvato due risoluzioni che testimoniano un rinnovato interesse dell’Unione nella tutela delle libertà fondamentali della minoranza uigura e dei cittadini di Hong Kong.

Alcuni Stati membri hanno poi pubblicamente espresso il loro dissenso per le sistematiche violazioni della Cina. Spiccano Germania e Regno Unito, che in sede di Assemblea generale alle Nazioni Unite hanno chiesto accesso alle strutture nello Xinjiang per una missione di osservazione indipendente e reiterato la necessità per la Cina di rispettare i suoi obblighi legali internazionali relativi allo statuto di Hong Kong. Inoltre, diversi Stati membri – dal Regno Unito all’Irlanda – hanno sospeso gli esistenti trattati di estradizione che regolavano il trasferimento di fuggitivi e/o condannati nella regione ad amministrazione speciale.

Il nodo cinese
Visto l’ampio consenso all’interno dell’Unione circa la posizione ufficiale da adottare nei confronti delle violazioni di diritti umani perpetrati dalla Cina, ci si aspetterebbe un accordo su quali misure restrittive applicare nei confronti di Pechino.

Come risposta iniziale all’imposizione della nuova legge per la sicurezza ad Hong Kong, il Consiglio ha approvato a luglio un pacchetto di misure coordinate da implementarsi a livello Ue o dei singoli Stati membri, compreso anche il blocco di esportazioni di specifiche tecnologie. Eppure, il Consiglio Affari esteri qualche mese prima non aveva accolto la proposta svedese di imporre sanzioni a Pechino in risposta all’approvazione della nuova legge per la sicurezza.

Con l’adozione del regime globale dell’Ue in materia di diritti umani, l’Alto rappresentante Josep Borrell ha subito chiarito che né l’Unione europea né il Regno Unito sono al momento intenzionati ad adottare misure restrittive nei confronti di individui coinvolti negli abusi ad Hong Kong e nello Xinjiang. Sebbene il nuovo regime consenta anche all’Alto rappresentante di proporre misure restrittive, per imporre sanzioni a livello europeo è necessario un voto unanime dei rappresentanti degli Stati membri in sede di Consiglio. Come già sottolineato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione, un voto a maggioranza qualificata, utilizzando la “clausola passerella” prevista nei Trattati, consentirebbe all’Ue di muoversi in maniera più rapida.su temi come l’imposizione delle sanzioni a difesa dei diritti umani.

Il nuovo regime globale consente all’Unione un maggiore spazio di manovra per la difesa dei diritti umani nel mondo, principio cardine della politica estera Ue. Tuttavia, la mancata proposta di misure restrittive ad oggi lascia pensare che al momento l’Europa non sia pronta ad affrontare uno dei suoi principali partner commerciali e che non ci sia ancora l’accordo necessario tra gli Stati membri, rischiando così di compromettere la credibilità dell’Ue quale attore globale in grado di sostenere la propria posizione e proteggere i propri valori.