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Speciale AffarInternazionali

Dieci anni dalle Primavere arabe

14 Dic 2020 - Redazione - Redazione

Il 17 dicembre di dieci anni fa, il giovane ambulante tunisino Mohamed Bouazizi si dava fuoco. La sua auto-immolazione in segno di protesta contro le angherie subite ad opera della polizia fu la scintilla che, in poche settimane, portò alla fine del regime di Ben Ali, al potere da oltre venti anni. Fu anche il primo atto, dall’inatteso epilogo, di un importante capitolo della storia mediorientale. Nel giro di qualche settimana la sollevazione popolare attraversò i confini tunisini e mise alla corda quasi tutti i dittatori della regione, a partire dall’egiziano Hosni Mubarak, che perse la poltrona senza neanche dare personalmente le sue dimissioni. Seguirono – ognuno a modo suo – la Libia, la Siria, lo Yemen e il Bahrain.

Rivolte arrivate più o meno a compimento, ribaltate dalla restaurazione o trasformatesi in conflitti civili. Le cosiddette Primavere arabe, un nome che non rende giustizia al processo innescato da questa serie di proteste i cui frutti non potevano certo maturare nel corso di una breve stagione. C’è chi alla Primavera araba ha fatto seguire l’autunno e l’inverno, un racconto per stagioni secondo il quale dieci anni dopo siamo nuovamente al punto di partenza, se non addirittura davanti a un quadro peggiore a quello del 2010. Lo scenario di un mero ritorno al passato resta però estremamente riduttivo perché incapace di immortalare i seppur piccoli, ma certamente significativi, cambiamenti (positivi come negativi) messi in moto da un processo ancora in atto, seppure silente e quasi invisibile alla stampa.

Con uno Speciale dedicato che a partire da oggi e nel corso delle prossime sei settimane raccoglierà una serie di approfondimenti, AffarInternazionali vuole riaccendere i riflettori su questo processo raccontato con tanto entusiasmo al suo debutto, ma poi sparito progressivamente dal racconto giornalistico, dove è ricomparso a intermittenza nel tempo in concomitanza di sussulti e fiammate, gioie e dolori. Che cosa resta oggi di quelle rivolte? Che eredità hanno lasciato gli eventi di dieci anni fa nei singoli Paesi che le hanno vissute e nella regione? Quali obiettivi sono stati raggiunti e quali invece sono ancora da centrare?

Sono queste alcune delle domande alle quali questo Speciale cerca di dare una risposta, partendo dalla convinzione che nulla è successo a caso e che serviranno ancora anni per valutare concretamente la portata storica di questo processo. Oltre a trattare la parabola compiuta dai singoli Paesi attraversati da queste rivolte, il nostro Speciale si concentra anche su una serie di temi trasversali su cui vale la pena fare il punto dieci anni dopo l’inizio di questo processo. Che fine hanno fatto i giovani che sono stati il vero motore di questa ondata rivoluzionaria? E tra loro, le donne, che oltre a lottare per la causa democratica del loro Paese, hanno continuato la battaglia per la loro emancipazione e il riconoscimento e il rispetto dei loro diritti. Quali dinamiche geopolitiche regionali si sono messe in moto in questi anni, soprattutto dopo il golpe in Egitto e i conflitti civili in Siria e in Libia?

A chiudere lo Speciale è poi una riflessione sulla politica europea. Che atteggiamento ha avuto l’Unione europea nei confronti di questo processo e quanto efficaci sono state le politiche che la sponda nord del Mediterraneo ha deciso di implementare nei confronti di quella sud all’indomani di questa ondata?

Quesiti, tutti questi, essenziali per analizzare in profondità la portata di questo processo che alcuni commentatori hanno paragonato al ’68, mentre altri hanno dato ormai per fallito. Riavvolgere il nastro per ricostruire il quadro può aiutare – dieci anni dopo – a valutare anche l’efficacia delle politiche disegnate in Europa per stabilizzare la regione e contenere le migrazioni. Politiche troppo spesso incuranti della loro stessa sostenibilità sul terreno.