Consiglio europeo: c’è l’intesa su bilancio e Recovery Fund
Il via libera arriva intorno alle 19, ma era stato ampiamente anticipato dalle voci che si rincorrevano da ore: c’è l’accordo sul prossimo bilancio pluriennale dell’Unione europea, che porta con sé anche i 750 miliardi di Next Generation EU, il piano per finanziare la ripresa che ha nell’Italia la maggiore beneficiaria con 209 miliardi.
L’intesa raggiunta durante le trattative parallele a margine del Consiglio europeo iniziato ieri è stata validata dai capi di Stato e di governo dei Ventisette e sarà inserita nelle Conclusioni del Vertice. Approvato così all’unanimità il pacchetto del bilancio e rientrato in extremis, quindi, il veto minacciato da Ungheria e Polonia nelle ultime tre settimane, che ha tenuto ostaggio il budget Ue perché l’opposizione da parte dei governi di Budapest e Varsavia sul meccanismo sullo stato di diritto che dal 1° gennaio prossimo vincolerà l’erogazione dei fondi europei al rispetto delle regole democratiche negli Stati membri dell’Unione, a cominciare da un sistema giudiziario indipendente.
La tela di Merkel e von der Leyen
Viktor Orbán, il premier ungherese, si affretta a dire che si è fatto ricorso a “uno degli strumenti più importanti del diritto europeo” per affermare la posizione frutto dell’intesa con Ungheria e Polonia; tuttavia, le Conclusioni del Consiglio europeo sono sì un documento di rilevante indirizzo politico, ma non una fonte del diritto dell’Unione. Si tratta semmai di una “rassicurazione per chi ne aveva bisogno”, come ha detto il premier slovacco Igor Matovič, “ma la natura del meccanismo sullo stato di diritto – previsto da un regolamento, ndr – rimane intatta”.
“L’Europa va avanti”, twitta la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, “1.800 miliardi di euro per avviare la ripresa e costruire un’Ue più resiliente, verde e digitale”.
Me è un’altra tedesca la tessitrice che ha portato al compromesso.
È il successo di Angela Merkel, commentano in tanti, compreso il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni: il sigillo finale posto a conclusione di sei mesi di una presidenza vissuta sulle montagne russe per la Germania che ha assunto (e lascerà, passando le consegne al Portogallo) la guida semestrale del Consiglio dell’Unione europea in piena pandemia. A fare la differenza, fra ieri e oggi, sono i 1800 miliardi di euro nel frattempo messi sul piatto per finanziare la ripresa, ma anche – e sul piano istituzionale sono dati non da poco – un ruolo di primo piano per la Commissione che emette titoli di debito europeo che hanno ricevuto una calorosa accoglienza dal mercato finanziario.
I termini del compromesso
Le Conclusioni del Consiglio europeo includono una dichiarazione interpretativa sul punto del contendere e fanno riferimento al nodo condizionalità sullo stato di diritto per impegnare la Commissione a non avviare alcuna procedura di infrazione nel quadro del meccanismo prima che la Corte di Giustizia abbia la possibilità di pronunciarsi sulla legittimità dello schema (un parere che Budapest e Varsavia hanno già detto di avere intenzione di chiedere). Il meccanismo si applicherà retroattivamente a tutte le violazioni a far data dal 1° gennaio 2021, momento della sua entrata in vigore, ma – visti i termini dell’intesa – potrebbe effettivamente essere abilitato con parecchio ritardo, è il timore non sottaciuto di alcuni leader.
Una volta adita, la Corte di Lussemburgo dirà la sua in pochi mesi, si dice certa la vicepresidente della Commissione con delega a Valori e Trasparenza Vera Jourová – che sul dossier stato di diritto non le manda certo a dire agli esecutivi ungherese e polacco -. Molti europarlamentari che hanno seguito da vicino il negoziato sul nuovo meccanismo di condizionalità si sono anche detti fiduciosi che la dichiarazione interpretativa o l’attesa della sentenza della Corte non altereranno la natura dello strumento.
Perché il bilancio settennale dell’Unione 2021-2027 – che finanzia i programmi dell’Ue come Horizon Europe o Erasmus, ma anche la Politica agricola comune e quella di coesione – sia adesso operativo manca soltanto il via libera del Parlamento europeo, nel corso della plenaria della prossima settimana, che sarà aperta da remoto, e dopo oltre nove mesi di assenza, dalla sede di Strasburgo.