Brexit e Pesco: via libera alla partecipazione, ma a certe condizioni
Mentre i negoziati tra Unione europea e Regno Unito sui rapporti post-Brexit arrivano al tornante finale, si definiscono le regole del gioco per eventuali future cooperazioni nel campo della difesa.
A novembre, il Consiglio dell’Unione europea ha approvato un decisione che stabilisce la procedura per la partecipazione di Stati terzi a progetti della Permanent Structured Cooperation, meglio conosciuta come Pesco.
Istituita nel 2017, la Pesco è una colonna portante del processo verso la difesa europea, incoraggiando i Paesi membri a collaborare in ambito militare e industriale. I progetti Pesco variano quanto a durata, Stati partecipanti e tematiche, che comprendono ad esempio la minaccia cibernetica, le capacità di difesa nel contesto navale, aereo e spaziale, e le emergenze chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari.
Aderiscono all’iniziativa 25 Paesi Ue, per un totale di 47 progetti in corso, lanciati tra il 2018 e il 2019. Nel 2020 la Pesco è stata soggetta ad una revisione che dovrebbe aprire una nuova fase caratterizzata da maggiore incisività.
Condizioni di partecipazione
I due aspetti più interessanti del nuovo regolamento riguardano i requisiti fondamentali per la partecipazione di Stati terzi a progetti Pesco, e il conseguente processo di invito di un determinato Paese ad aderire ad uno di essi.
Vi è innanzitutto la condizione che lo Stato terzo condivida i valori e i principi stabiliti del Trattato sull’Unione europea e gli obiettivi fissati dalla Politica estera e di sicurezza comune. Condizione lapalissiana, ma politicamente importante in quanto probabilmente proibitiva per Paesi candidati all’adesione Ue come la Turchia. Il Paese terzo deve inoltre dimostrare di non violare gli interessi dell’Unione, ma anzi di essere in grado di rafforzarne la Politica di sicurezza e di difesa comune.
Altra condizione è che la partecipazione dello Stato terzo porti un sostanziale valore aggiunto al progetto in questione, contribuendo in modo considerevole al conseguimento dei suoi obiettivi. Ciò non deve però in alcun modo dare origine a dipendenze da parte degli Stati membri in termini né di equipaggiamenti, né di capacità di ricerca e sviluppo, né tantomeno di uso o esportazione di sistemi d’arma o tecnologie. Quest’ultima è forse la condizione più concreta e tangibile, a tutela di un appropriato livello di autonomia strategica che l’Ue si è posta come obiettivo fin dalla Global Strategy del 2016.
Iter preciso, parere unanime
Qualora uno Stato terzo voglia partecipare ad un progetto Pesco, dovrà inoltrare un’apposita richiesta di adesione contenente informazioni dettagliate sul motivo della propria decisione e l’obiettivo che si propone di conseguire attraverso tale partecipazione. Una volta ricevuta la richiesta, gli Stati Membri aderenti al progetto dovranno stabilire se essa soddisfa tutti i suddetti requisiti e, soltanto in caso di positiva unanimità al riguardo, il Consiglio potrà invitare formalmente lo stato partner al progetto Pesco.
La condizione di unanimità pone una questione di natura politica, oltre che procedurale, dal momento che uno Stato membro potrebbe porre il proprio veto alla partecipazione di un Paese terzo ad un progetto per motivi che vanno aldilà del contributo che esso potrebbe apportare.
Cosa cambia per il Regno Unito
La definizione di regole precise per la partecipazione di Stati terzi a progetti Pesco era stata invocata da molti, vista la recente uscita del Regno Unito dall’Ue che, in mancanza di accordi speciali, ne fa uno Stato terzo. Ciò significa che, relativamente ai progetti Pesco, Londra è sottoposta alle stesse regole di qualsiasi Paese che non sia mai stato membro dell’Unione, nonostante le importanti cooperazioni già in corso in ambito militare e industriale, a partire da quello aeronautico.
Il contributo delle Forze armate e dell’industria britannica all’insieme delle capacità europee nel campo della difesa è particolarmente degno di nota, ammontando nel 2019 a circa il 17% della spesa militare europea. Tramite questo nuovo provvedimento, i progetti Pesco potranno ancora contare sulle capabilities britanniche, a patto che tutte le condizioni precedentemente elencate siano soddisfatte.
Permettere al Regno Unito di contribuire a progetti Pesco a condizioni ragionevoli per tutte le parti in campo significa aspirare ad un maggiore livello di autonomia strategica europea, che è tanto ambita quanto dibattuta. Inoltre, alzare il livello qualitativo e tecnologico delle capabilities europee tramite la collaborazione con i partner britannici potrebbe aprire la strada verso una maggiore cooperazione tra Unione europea e Nato, anche considerando il ruolo di Londra nell’Alleanza atlantica.
La nuova decisione adottato dal Consiglio rappresenta un primo passo verso la determinazione dei rapporti tra Regno Unito e Ue nel campo della difesa. Dopotutto, la fine di una membership non deve necessariamente significare l’assenza di accordi futuri, anzi.