IAI
Intervista a Filomena Maggino

Una visione diversa per affrontare la crisi. Così l’Italia conquisterà il Benessere

10 Nov 2020 - Serena Santoli - Serena Santoli

Il benessere dei cittadini non è altro che il benessere dell’intero Paese. E per rendere la vita migliore bisogna raggiungere un cambio di mentalità. Filomena Maggino, presidente della cabina di regia “Benessere Italia”, organo di consulenza tecnico scientifico al Presidente del Consiglio nelle politiche sulla qualità della vita dei cittadini, spiega – in questa conversazione con Affarinternazionali – come affrontare la gestione di un Paese in emergenza sanitariacon il diffondersi del coronavirus. Secondo la consigliera, avevamo già delle fragilità,“dovute anche a molti anni di gestione che hanno tenuto al centro un criterio importante, quello degli equilibri contabili, che hanno prodotto quello che abbiamo visto”. 

Professoressa Maggino, siamo rimasti col fiato sospeso per quattro lunghi giorni con lo scrutinio dei voti per svelare il nome del presidente degli Stati Uniti. Joe Biden ha già iniziato a lavorare sui dossier di cui dovrà occuparsi una volta arrivato alla Casa Bianca, tra le priorità: la lotta al coronavirus, far rientrare gli Usa in molti accordi internazionali – in particolare nell’accordo sul clima di Parigi – e rilanciare l’economia. E le borse intanto, festeggiano.
“Dobbiamo congratularci con il nuovo presidente degli Stati Uniti. Sicuramente il presidente eletto riprenderà l’agenda che aveva quando era vicepresidente durante la presidenza Obama. Ci aspettiamo davvero una continuità con la sua attività di allora. Questo indubbiamente rappresenterà un cambiamento di passo su tanti argomenti, compresi quelli che lei citava”.

Non era mai accaduto che gli europei seguissero con tanta passione il conteggio dei voti d’oltreoceano. Perché secondo lei queste elezioni presidenziali americane sono state così importanti per l’Europa?
“Non sono sicura che non sia mai accaduto, in fondo le elezioni di un Paese così importante, hanno sempre catturato l’attenzione di tutti i Paesi e di tutti i cittadini. Naturalmente quando si arriva nei giorni delle elezioni l’attenzione aumenta. L’elezione degli Usa sono sempre un momento importante. Penso che i cittadini di tutto il mondo lo sappiano e per questo seguono con molta attenzione le vicende che ruotano intorno all’elezione americana”. 

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte – impegnato a fronteggiare le restrizioni per l’Italia a causa del nuovo aumento dei contagi da coronavirus, ha da tempo chiarito la sua posizione sul Meccanismo europeo di stabilità, dicendo che andrebbe a gravare sul nostro debito pubblico, e in caso venisse richiesto verrebbe usato per far fronte a spese già sostenute. Secondo lei è davvero così?
“Su questi temi vorrei che si nominassero le cose, avendo però presente un fatto in particolare: il Paese è arrivato a questa emergenza sanitaria già con delle fragilità. Queste fragilità, dovute anche a molti anni di gestione che hanno tenuto al centro un criterio importante che fu quello degli equilibri contabili, hanno prodotto quello che abbiamo visto: alla fine dobbiamo essere tutti consapevoli che ci sono state delle gestioni passate che hanno portato il Paese a una fragilità, a una scossa, particolarmente decisa e importante come quella di un evento come l’epidemia, alla fine, ha cercato di reggere. Prendo l’esempio del terremoto perché aiuta molto. Un edificio che ha già delle crepe, quando arriva una scossa di terremoto non si può pensare che regga, con quelle fragilità. Chiaramente succede qualcosa. Allora dobbiamo riflettere sulla necessità di cambiare mentalità.

Lei intende dire quindi che è necessario adottare un approccio diverso?
“Un cambiamento di mentalità vuol dire che dobbiamo riportare al centro delle decisioni, anche contabili, il vero obbiettivo: quello del benessere dei cittadini, che poi è anche il benessere di tutto il Paese. Quando, cambiamo ottica, vediamo che poi le questioni cambiano anche declinazione. Anche il linguaggio a un certo punto deve cambiare. Il presidente ha fatto presente che non dobbiamo appesantire una fragilità – quella è una delle tante fragilità. Per non appesantire quella fragilità forse dobbiamo cambiare anche il modo in cui la curiamo. Questo è il cambiamento di mentalità che questa crisi ci sta imponendo. Anche Albert Einstein lo diceva: “non si può affrontare una crisi con la stessa mentalità che l’ha provocata”. Questa è la vera sfida è proprio questa”.

Roma ha già beneficiato del programma Sure che, insieme ai prestiti del Mes e a quelli della Bei, è uno degli aiuti usati per contrastare gli effetti della crisi causata dal coronavirus. Sarà pur un aiuto, ma le proiezioni confermano che la disoccupazione si farà sentire sempre di più.
“Il problema dell’occupazione c’era già. È esattamente il discorso che facevo prima: è difficile ed è già in qualche modo appesantito da gravi problemi, e l’epidemia, aggressiva, e si è trasformata in emergenza, soprattutto sanitaria, perché era già fragile il Paese. C’era già la disoccupazione, e potremmo fare un elenco lungo. Perciò ribadisco la questione: la vera sfida è cambiare la mentalità con cui si affronta la gestione di un Paese e si affronta la gestione di un continente. La crisi non può essere superata tenendo conto di quei criteri che andavano bene forse in una situazione normale; se è emergenza, emergenziale deve essere anche il modo di affrontarla. Poi ripeto, rispetto alla riflessione che facevo prima di fatto la fragilità l’abbiamo anche creata perché abbiamo messo al centro delle decisioni, altri criteri e non quelli per il benessere dei cittadini. Non lo dico io, è una riflessione che stanno facendo in tanti. In questo riprendo quanto diceva il famoso economista Federico Caffè: “Se mettiamo al centro dell’attenzione gli equilibri contabili, finiamo col perdere di vista le fragilità delle persone”.

E quali sono gli scenari nel caso non ricevessimo gli aiuti europei?
“Qui ci stanno lavorando in tanti, però gli scenari sono diversi, nel senso che c’è lo scenario dell’aiuto, c’é lo scenario del cambiamento di mentalità, c’è lo scenario che non arrivano gli aiuti, sono questi gli scenari da costruire. Su quelli noi dobbiamo riflettere. Non voglio pensare che non arrivino, chiaramente insieme alla Commissione europea dobbiamo capire qual è il miglior approccio per dare gli aiuti. Per non creare ulteriori fragilità”.

Stiamo aspettando di sapere in che modo i soldi del Recovery Fund verranno spesi. Per ora abbiamo sentito parlare di green e digitalizzazione. Secondo il ministro per l’Ambiente, Sergio Costa, “sarà la sfida più grande, perché riguarda le generazioni future”.
“Sono state richiamate parole d’ordine importanti, anche quella che riferiva il ministro Costa. Aggiungerei qualcos’altro. Alla fine sono tutti temi che contornano una questione importante: rendere la vita dei cittadini migliore. Pensare al Green Deal e alla digitalizzazione come strumenti per migliorare la vita dei cittadini. Non va dimenticato che dobbiamo rimettere al centro il benessere dei cittadini: dobbiamo dare rilievo alle persone nella loro multidimensionalità, e facendo questo, utilizziamo quegli strumenti che diventano importanti in questa prospettiva. Quindi green, così come viene chiamato un certo approccio dell’economia, diventa funzionale a questo. La digitalizzazione diventa funzionale alla vita dei cittadini, come anche il gestire l’ambiente. Capire come può essere gestito è funzionale alla vita dei cittadini. La terra c’era prima di noi, e ci sarà anche dopo. Sta a noi conservare le condizioni per poterci consentire di vivere”.  

L’argomento vaccino per il coronavirus è senza dubbio tra i temi più discussi. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, sostiene che non è la “soluzione miracolosa che cambia tutto da un giorno all’altro”, dopo che il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, aveva annunciato che entro la fine dell’anno avremo già le prime dosi di vaccino. Ma secondo vari esperti le false promesse potrebbero essere ingannevoli.
“Assolutamente. Nel riprendere lo specifico del vaccino, sono molto d’accordo con la presidente della Commissione europea, anche come cittadina. Ma direi qualcosa di più: sono molto d’accordo come ricercatrice, essendo io un’accademica che come statistica si occupa dei rischi circa certe iniziative. Sappiamo tutti che la sperimentazione deve portare a qualcosa che non produca a sua volta ulteriori rischi. Quindi, per ottenere un vaccino sicuro, che sia bene indirizzato, è necessaria una lunga validazione. Serve tempo. Accelerare questo processo potrebbe sembrare a prima occhiata positivo, perché otteniamo subito uno strumento, che però potrebbe rivelarsi col tempo un problema se non sperimentato in modo adeguato. Indubbiamente, per tornare alle parole della presidente della Commissione europea, non si deve neanche pensare che sia la soluzione. Stiamo offrendo tanti strumenti. Anche il nostro comportamento di fatto consente di riprendere la vita in sicurezza. Certe accortezze non le avevamo a febbraio, non le avevamo a marzo, forse per questo ci sono stati quegli effetti. Qualcuno dice però che ora siamo tornati a marzo, ma bisogna anche capire di che dati stiamo parlando, e questo lo dico da statistica: stiamo parlando di due situazioni che non si possono confrontare, proprio rispetto ai dati.

E perché?
“Beh, a marzo non venivano fatti i tamponi a tutti, ma solo a chi era malato. Ora i tamponi vengono fatti in maniera più diffusa e quindi non si possono confrontare queste due situazioni. Evidentemente più cerchiamo, più troviamo. Questo non lo dico solo io ma tanti. Però vorrei anche dire che non essendo le due situazioni paragonabili, l’adozione di certe accortezze e di certi strumenti (mascherine, distanziamento fisico, ecc) consente di procedere e di lavorare. Se questo non viene fatto ci sono ulteriori problemi. In questo senso, la presidente ha ragione. Non è quella la soluzione miracolosa, ma è piuttosto uno strumento, soprattutto per chi lavora a diretto contatto con le persone, che diventa importante per poter procedere. Non è però la soluzione per tutti i cittadini di un Paese”.

Pur scampando a un lockdown nazionale, l’Italia può reggere economicamente a un lungo periodo di convivenza con il virus? E quali sono i rischi più alti di una prolungata convivenza con la pandemia?
“Qui iniziamo quello che sta alla base dell’idea di mettere al centro il benessere dei cittadini, ovvero un cambiamento di mentalità e di visione, che deve essere più sistemica. Ogni volta che si prende una decisione occorre valutarne i rischi e gli impatti su tutti gli altri settori. Quando si parla di rischio di una chiusura, qual è l’impatto? L’impatto su tutti i domini della vita del Paese. Quindi, è chiaro che una convivenza prolungata con la pandemia diventa difficile da gestire, ma soprattutto dobbiamo pensare non solo ai rischi sul settore sanitario, ma anche ai rischi su tutti gli altri settori. Non è facile. Proponendo una visione sistemica, sto suggerendo a chi prende le decisioni di rendersi la vita più difficile per prendere le decisioni, ma forse anche più confortevoli. Finché si ha in mente chiaramente quali sono tutti i rischi. Faccio sempre l’esempio delle decisioni del singolo: quando vedo che i cittadini tengono la mascherina, ma poi la abbassano per fumare, io mi chiedo se tutti sono consapevoli di quali sono i rischi che stiamo correndo nel fumare, non nell’abbassare la mascherina”.

Le generazioni future saranno molto indebitate. Si può fare un’affermazione del genere?
“In questo momento dobbiamo pensare alla ricchezza del nostro Paese, che è la capacità di creare, progettare, produrre, che forse già stavamo perdendo prima della pandemia. Questo è il momento per dirci che dobbiamo riprenderlo. Arriverà il momento della ricostruzione e per gli italiani quello sarà il momento di essere protagonisti”.