L’Europa e l’America di Biden
Quattro giorni e quattro notti insonni: mai gli europei avevano seguito con tanta passione e tanta ansia il conteggio dei voti negli Stati Uniti. Al di là dello psicodramma, perché le elezioni presidenziali americane del 2020 sono state così importanti per l’Europa?
Queste elezioni hanno riguardato, né più né meno, la democrazia negli Stati Uniti. Questo vale per i cittadini americani, ma vale anche per le democrazie liberali e gli Stati autoritari di tutto il mondo.
Dato che gli Stati Uniti sono, volenti o nolenti, il leader del mondo democratico, una crepa nel sistema democratico statunitense rappresenterebbe un colpo letale per le democrazie liberali nel resto del mondo. Sarebbe una conferma delle narrazioni illiberali promosse dai leader autoritari riguardo all’instabilità, all’inefficacia e al fallimento delle forme democratiche di governo. Questa è una narrazione di cui Vladimir Putin si è esplicitamente fatto portavoce e che Xi Jinping ha sottinteso in maniera più sottile.
Il rischio c’era davvero, e in parte c’è ancora. Un presidente in carica che dichiara preventivamente di aver vinto, denuncia brogli, chiede che venga fermato il conteggio dei voti e organizza una battaglia legale a tutto campo per ribaltare il risultato delle elezioni, sta arrecando un gran danno alla democrazia statunitense. I tweet e le conferenze stampa di Donald Trump durante lo spoglio elettorale hanno spinto molti a chiedersi: questi sono gli Stati Uniti o la Bielorussia?
La vittoria di Joe Biden rappresenta una sconfitta per i populisti nazionalisti europei, che trovavano in Trump un leader e un modello da seguire. Il fatto che il sistema democratico negli Stati Uniti stia reggendo, nonostante i tentativi di Trump di minarne le fondamenta, è di buon auspicio per il futuro.
Il modo in cui la transizione si risolverà negli Stati Uniti sarà di enorme importanza per le democrazie liberali, in Europa e nel resto del mondo.
Nel momento in cui l’onda blu ha iniziato a propagarsi sulla mappa, la maggior parte degli europei ha tirato un sospiro di sollievo. Non è un mistero che quello della presidenza Trump sia stato un periodo complicato per l’Europa. Negli ultimi quattro anni, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale un presidente degli Stati Uniti ha messo in dubbio il suo supporto al sistema di difesa collettiva che ruota attorno alla Nato, ha trattato l’Unione europea come un avversario in ambito commerciale, ha minacciato sanzioni secondarie in risposta al rispetto del diritto internazionale da parte europea e ha deliberatamente indebolito le istituzioni e gli accordi multilaterali che sono una parte tanto integrante del dna europeo.
Con un’amministrazione Biden, gran parte di quell’incubo è svanito. L’impegno degli Stati Uniti nei confronti della Nato sarà riaffermato; Washington lavorerà non in contrapposizione, bensì a fianco dell’Ue nei Balcani, si coordinerà con gli europei su Ucraina, Bielorussia, Caucaso, Russia e Turchia, e accoglierà con favore la mediazione europea per facilitare il proprio ritorno nell’accordo nucleare con l’Iran. Dalla risposta alla pandemia al clima, dalla non proliferazione alla ripresa economica, in Biden gli europei troveranno di nuovo un partner americano nella governance globale.
Tuttavia, sarebbe un terribile errore per gli europei credere che il presidente Trump sia stato un’aberrante eccezione nella storia degli Stati Uniti e che le relazioni transatlantiche siano tornate quelle dei vecchi tempi. Le stesse elezioni americane del 2020 ci dicono il contrario. Alcuni in Europa saranno ora tentati di nascondere la testa sotto la sabbia e di fingere il contrario. Farlo sarebbe pura e semplice irresponsabilità.
Trump ha perso le elezioni, ma il trumpismo è vivo e vegeto. Joe Biden ha vinto con un comodo margine di vantaggio nel Collegio elettorale, ma lo ha fatto con maggioranze risicate in diversi degli Stati in bilico. Trump ha ricevuto oltre 70 milioni di voti, un fatto che gli europei non possono permettersi di ignorare. Non solo perché nel 2024 il presidente degli Stati Uniti potrebbe essere una nuova incarnazione di ciò che Donald Trump rappresenta oggi. Né soltanto perché con ogni probabilità – a seconda di come andrà il ballottaggio in Georgia per i seggi al Senato – il presidente Biden dovrà fare i conti con una Camera Alta a maggioranza repubblicana.
In maniera più sostanziale, i valori e gli interessi che Trump ha incarnato sono organici a un segmento importante della società statunitense, che non si può ridurre a un gruppo ormai in declino di uomini bianchi arrabbiati nel Midwest. Trump ha impersonato una visione del mondo che si è fatta strada attraverso generazioni, generi e background etnici. Questa è una realtà che non possiamo ignorare.
Le principali implicazioni per l’Europa sono tre.
In primo luogo, il protezionismo negli Stati Uniti è destinato a restare. È improbabile che l’amministrazione Biden ritorni ai giorni di Obama, quando gli Stati Uniti hanno concordato la Trans Pacific Partnership (Tpp) e stavano negoziando la Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip). Quell’agenda è stata ribaltata dal presidente Trump ed è improbabile che l’amministrazione Biden faccia una nuova inversione a U.
In secondo luogo, la contrapposizione tra Stati Uniti e Cina non cesserà. L’antagonismo verso la Cina è condiviso da entrambe le parti all’interno del Congresso e ampiamente diffuso tra l’opinione pubblica statunitense. Ci saranno naturalmente differenze rispetto al passato, che saranno rilevanti per gli europei. Ma tali differenze potrebbero mettere l’Europa in una posizione più difficile che negli ultimi quattro anni. Questo prima di tutto perché lo scontro tra Ue e Cina potrebbe accentuarsi, dato che il presidente Biden sarà verosimilmente meno incline a stringere accordi con i leader autoritari e più genuinamente preoccupato per la democrazia, i diritti umani e il rispetto dello stato di diritto. Inoltre, se è vero che un’amministrazione Biden coordinerà probabilmente la sua politica verso la Cina con quella europea, l’obiettivo di tale coordinamento sarà quello di spingere l’Europa sulle posizioni statunitensi in merito al decoupling, cioè al “disaccoppiamento”, tra Usa e Cina. Per gli europei sarà infinitamente più difficile prendere le distanze da Joe Biden che da Donald Trump. Dire di no a un amico non è mai facile.
In terzo luogo, l’amministrazione Biden sarà lacerata tra il desiderio di riaffacciarsi sul palcoscenico globale, da un lato, e la necessità di affrontare problemi cruciali a livello interno, dall’altro. Joe Biden è consapevole della necessità di ricostruire i ponti con il resto del mondo, ben sapendo quali danni sono stati arrecati alla reputazione e alla credibilità degli Stati Uniti durante il mandato di Trump. Tuttavia, la nuova amministrazione sarà assorbita dalle priorità nazionali. La lotta alla pandemia e il rilancio dell’economia verranno prima di tutto. A loro volta, gli europei troveranno certamente un interlocutore ben disposto ad ascoltarli a Washington, ma non necessariamente a ciò corrisponderà una presenza americana più attiva da questa parte del mondo. L’aspettativa statunitense che i problemi all’interno e in prossimità del continente europeo siano principalmente di competenza dell’Europa non solo è verosimile, ma è anche ragionevole.
Il rischio più grave per gli europei sotto la presidenza di Biden è quello di trascurare questi tre elementi e di accantonare opportunisticamente la loro ricerca di autonomia strategica. Con il presidente Biden, alcuni europei saranno tentati di nascondere la testa sotto la sabbia, mettendo a tacere qualsiasi ambizione globale. Altri sosterranno che perseguire l’autonomia strategica europea sia incompatibile con il rafforzamento del legame transatlantico e che con Joe Biden alla Casa Bianca quest’ultimo, e non l’autonomia strategica, sia prioritario.
L’autonomia europea non è incompatibile con un più forte legame transatlantico, ne è piuttosto la condizione preliminare. Solo un’Europa con maggiori capacità, e quindi più autonoma, può lavorare in modo significativo con gli Stati Uniti di Biden per rilanciare il multilateralismo. Dalla risposta alla pandemia al commercio, alla sicurezza e al clima, gli europei e gli americani torneranno a essere partner, ma per ottenere risultati, un’Europa più autonoma è imprescindibile. L’autonomia strategica europea e un legame transatlantico rafforzato altro non sono che due facce della stessa medaglia.