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UNA GUIDA A USA2020

Tutto sull’elezione del presidente e del Congresso degli Stati Uniti /4

28 Ott 2020 - Riccardo Alcaro - Riccardo Alcaro

Pubblichiamo a puntate il rapporto sulle elezioni negli Stati Uniti d’America apparso sul Focus euroatlantico n. 15 nell’ambito dell’Osservatorio di politica internazionale, Documentazione per le Delegazioni parlamentari presso le Organizzazioni internazionali, Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, funzionari del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e la rete diplomatico consolare. Il Focus è disponibile sul sito del Parlamento.

Tradizionalmente le campagne presidenziali negli Stati Uniti si giocano su questioni di politica interna – le eccezioni riguardano frangenti storici in cui gli Stati Uniti erano impegnati in una guerra, come fu il caso del 1944 (Seconda Guerra Mondiale), 1968 (guerra del Vietnam) e 2004 (guerra in Iraq), o a evitare una guerra, come nel 1916 e 1940 (in entrambi i casi gli Stati Uniti finirono però per entrare in guerra, rispettivamente nel primo e secondo conflitto mondiale).

L’opinione prevalente è che lo stato dell’economia sia di gran lunga la principale questione per gli elettori, e non c’è dubbio che la questione sia prioritaria anche nel 2020.

La battaglia elettorale
Tuttavia, quest’anno la questione economica è inestricabilmente collegata alla pandemia di Covid-19, che ha travolto gli Stati Uniti in due ondate – aprile prima e successivamente da giugno in poi. I dati sono impietosi.

Al momento di scrivere, gli Stati Uniti sono (ormai da mesi) in testa alle classifiche mondiali per numero di contagi e numero di vittime accertati. Gli Stati Uniti accusano anche un numero di contagi e morti giornalieri tra i più alti al mondo (a settembre e ottobre i contagi hanno oscillato intorni ai 50mila al giorno, e tra giugno e luglio si era arrivati fino a oltre 70mila, mentre i morti oscillano attorno ai mille al giorno). Dopo il Brasile, sono il secondo grande paese per numero di contagiati per milione di abitanti e il decimo in assoluto per numero di morti per milione di abitanti (un dato peggiore di quanto sembra, visto che la classifica include anche micro-Stati come San Marino e Andorra).

La pandemia, naturalmente, non è soltanto un’emergenza di salute pubblica. Le restrizioni al movimento, ai viaggi e alle attività economiche, le quarantene e i confinamenti (lockdown) imposti per arginare la diffusione del contagio hanno avuto pesantissime implicazioni economiche. Nonostante negli Stati Uniti siano state adottate in modo irregolare e non sistematico, con grandi variazioni a seconda degli stati, le restrizioni sono state sufficientemente estese da generare una crisi economica più grave della Grande Recessione del 2008 – seconda solamente alla Grande Depressione che seguì il crollo della borsa di New York nel 1929.

La caduta del Pil nella prima metà dell’anno (prima figura)– su base annuale la stima è un calo del 4,3% – si è riflessa nei dati sulla disoccupazione (seconda figura), schizzata dal 4,4% di marzo al 14,7% di aprile, per poi calare a poco sotto l’8% a settembre.

 

 

 

Economia, sanità e approvazione
In questo senso, quindi, la pandemia è sul piano elettorale tanto una questione di salute pubblica quanto di economia nazionale, col problema che le misure che servono a risolvere l’una aumentano la criticità dell’altra, e viceversa. Il presidente Trump, seguito in questo dalla maggior parte dei membri del Congresso e dei governatori repubblicani, ha espresso una sensibilità molto più marcata per l’economia che per la salute pubblica. Trump ha costantemente sminuito la gravità della crisi sanitaria, emarginando i funzionari preposti alla gestione della pandemia nella sua stessa amministrazione ed esortando gli stati a “riaprire l’economia”, revocando le restrizioni al movimento e alle attività commerciali, il prima possibile.

Questo ha generato un’acuta politicizzazione della gestione della pandemia, in base alla quale l’adozione di misure elementari di prudenza – come il distanziamento sociale o l’uso di mascherine – è diventato spesso terreno di scontro tra il presidente e i democratici. L’approccio del presidente non ha riscosso il favore dell’opinione pubblica, che giudica negativamente l’operato di Trump e ritiene Biden, che ha fortemente caratterizzato la sua campagna con l’urgenza di affrontare meglio la pandemia, un’opzione più affidabile da questo punto di vista.

 

 

I dati riportati nella figura possono trarre in inganno nel giudicare l’approccio seguito dal presidente. Infatti, l’opinione negativa sull’operato di Trump è concentrata in massima parte nell’elettorato democratico e in quello indipendente. La stragrande maggioranza degli elettori repubblicani (82,6%), invece, dà una valutazione positiva. In questo senso, l’approccio di Trump alla pandemia va inquadrato nella sua strategia per la rielezione, tutta incentrata sulla mobilitazione dell’elettorato conservatore piuttosto che sull’allargamento della sua base elettorale.

Il virus alla Casa Bianca
Alla luce di quanto detto sopra, la notizia, diffusa il 2 ottobre, che lo stesso Trump ha contratto il Covid-19 potrebbe rimescolare le carte elettorali. Una tesi è che Trump sarà gravemente indebolito dall’essere rimasto contagiato da un’infezione che ha sminuito al punto da trascurare elementari misure di prudenza. Un’altra tesi è che il pubblico reagisca empaticamente e si ricompatti attorno al presidente. Questo è del resto quanto è successo a due leader nazionali che hanno contratto il virus dopo averne inizialmente negato la rilevanza, il primo ministro britannico Boris Johnson e il presidente del Brasile Jair Bolsonaro.

Non è detto tuttavia che il contagio di Trump abbia effetti significativi sull’esito della campagna, dal momento che il numero di swing voters, gli elettori disposti a cambiare parte politica da un’elezione all’altra, si è drasticamente ridotto negli ultimi vent’anni. Secondo un sondaggio dell’Università di Quinnipac, a inizio settembre solo il 3% dei probabili votanti (quelli cioè che dichiarano che voteranno quasi sicuramente) si dimostrava ancora indeciso su quale parte scegliere.

In ogni caso, è decisamente prematuro fare una valutazione dell’effetto sull’elettorato della notizia della malattia di Trump. Qualora anche Biden fosse contagiato (ad esempio, avendo partecipato di persona al primo dibattito televisivo), si verificherebbe l’eventualità senza precedenti di un candidato presidenziale (o addirittura entrambi) affetto da un virus potenzialmente incapacitante con enormi incertezze conseguenti.

Questa è la quarta puntata di uno studio/guida alle elezioni americane redatto da Riccardo Alcaro (Coordinatore delle ricerche e responsabile del programma “Attori globali” dell’Istituto Affari Internazionali) che è stato illustrato nel corso del webinar organizzato dallo IAI e dalla nostra rivista il prossimo 26 ottobre alle 17.30.