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UNA GUIDA A USA2020

Tutto sull’elezione del presidente e del Congresso degli Stati Uniti / 2

22 Ott 2020 - Riccardo Alcaro - Riccardo Alcaro

Pubblichiamo a puntate il rapporto sulle elezioni negli Stati Uniti d’America apparso sul Focus euroatlantico n. 15 nell’ambito dell’Osservatorio di politica internazionale, Documentazione per le Delegazioni parlamentari presso le Organizzazioni internazionali, Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, funzionari del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e la rete diplomatico consolare. Il Focus è disponibile sul sito del Parlamento.

A un mese dalle elezioni, i sondaggi indicano una netta preferenza dell’elettorato verso l’ex vice-presidente Biden rispetto al presidente in carica Trump. A inizio ottobre il vantaggio dello sfidante si è attestato al 10%, un margine storicamente molto difficile da recuperare in un due-tre settimane, anche perché non è un dato estemporaneo ma in linea con le rilevazioni dei mesi scorsi.

A partire da aprile, da quando cioè la nomina di Biden a candidato presidenziale del Partito Democratico è diventata certa, la media dei sondaggi lo ha dato costantemente in vantaggio in una forbice che ha oscillato tra il 4,4 e oltre il 10%.

 

Fonte: RealClearPolitics, General Election: Trump vs. Biden, dati del 13 ottobre 2020

 

Stati in bilico e sondaggi
Come spiegato nella sezione precedente, tuttavia, il voto popolare non conta per l’elezione del presidente. La competizione riguarda invece la maggioranza del Collegio elettorale. Per avere un quadro più preciso del possibile esito delle elezioni bisogna pertanto considerare la sfida tra Trump e Biden Stato per Stato.

Al momento, i sondaggi assegnano a Biden un margine di vantaggio considerato insuperabile in una serie di Stati che complessivamente valgono 226 grandi elettori. Trump, al contrario, può contare sicuramente solo su 125 grandi elettori.

La gara si svolge dunque in quegli stati in cui il margine di vantaggio dell’uno o dell’altro candidato non è considerato statisticamente inattaccabile, i cosiddetti battleground States. Questi Stati sono: Arizona (11 grandi elettori), Florida (29), Georgia (16), Iowa (6), Maine CD2 (1), Michigan (16), Nevada (6), New Hampshire (4), North Carolina (15), Ohio (18), Pennsylvania (20), Texas (38) e Wisconsin (10). In media, Biden è in vantaggio del 5% in questi stati, sebbene con notevoli differenze.

È il caso di sottolineare che i sondaggi non sono previsioni bensì una fotografia della situazione attuale. In altre parole, la situazione potrebbe essere molto diversa da qui a un mese. Inoltre, la fotografia dei sondaggi è sempre “sfocata”, dal momento che tutti i sondaggi hanno un margine strutturale di errore.

Infine, pur tenendo conto del margine di errore, è possibile che i sondaggi siano inaccurati – nel 2016, per esempio, i sondaggi nazionali si dimostrarono affidabili ma quelli svolti a livello statale risultarono del tutto fuorvianti, sottostimando il sostegno per Trump (gli istituti di sondaggio Usa assicurano di avere corretto il tiro nel 2020, ma è impossibile sapere ora se abbiano ovviato alle carenze di quattro anni fa). In sostanza, il quadro tracciato sopra deve essere considerato come un’illustrazione dello stato attuale della competizione e non un’indicazione dell’esito finale.

Scenari possibili
In questo senso, risultano entrambi plausibili due scenari del tutto opposti: una vittoria larghissima di Biden, se quest’ultimo conquistasse tutti i battelground States, o una vittoria di misura nel Collegio elettorale di Trump, se quest’ultimo dovesse prevalere negli Stati chiave.

Va sottolineato come l‘ipotesi che Trump conquisti la maggioranza del voto popolare sia considerata altamente improbabile. Se dovesse vincere, quindi, avremmo il primo caso nella storia degli Stati Uniti in cui un candidato ha prevalso due volte consecutive pur prendendo meno voti dello sfidante. Sarebbe la terza volta su sei dal 2000, sempre a favore del candidato repubblicano – oltre a Trump nel 2016, anche George W. Bush prevalse nel 2000 nonostante avesse 500 mila voti in meno del candidato democratico Al Gore.

Gli equilibri in seno al Collegio elettorale a favore del Partito Repubblicano sarebbero tali per cui il margine di vantaggio nel voto popolare necessario a Biden per conquistare la maggioranza di 270 grandi elettori sarebbe superiore al 6%. Un’elaborazione del sito di analisi di sondaggi FiveThirtyEight, una vittoria di 2-3 punti percentuali nel voto popolare darebbe a Biden soltanto una chance su due di vincere l’elezione. Se Biden dovesse prevalere su Trump di un punto percentuale non avrebbe praticamente chance di vincere l’elezione.

In sostanza, negli ultimi vent’anni è venuta consolidandosi una situazione in base alla quale per vincere la Casa Bianca il candidato dei Democratici deve ottenere un significativo margine di vantaggio sullo sfidante. Nel 2008 e 2012 Barack Obama ottenne oltre il 7 e il 4% in più dello sfidante, rispettivamente. Al candidato dei Repubblicani basta invece vincere con una minoranza dei voti. Nelle sette elezioni presidenziali tenutesi dal 1992, il candidato repubblicano ha conquistato la maggioranza del voto popolare solo in un’occasione, nel 2004 con Bush figlio.

Questa è la seconda puntata di uno studio/guida alle elezioni americane redatto da Riccardo Alcaro (Coordinatore delle ricerche e responsabile del programma “Attori globali” dell’Istituto Affari Internazionali) che sarà illustrato nel corso del webinar organizzato dallo IAI e dalla nostra rivista il prossimo 26 ottobre alle 17.30.