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UNA GUIDA A USA2020

Tutto sull’elezione del presidente e del Congresso degli Stati Uniti / 1

21 Ott 2020 - Riccardo Alcaro - Riccardo Alcaro

Pubblichiamo a puntate il rapporto sulle elezioni negli Stati Uniti d’America apparso sul Focus euroatlantico n. 15 nell’ambito dell’Osservatorio di politica internazionale, Documentazione per le Delegazioni parlamentari presso le Organizzazioni internazionali, Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, funzionari del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e la rete diplomatico consolare. Il Focus è disponibile sul sito del Parlamento.

 Il 3 novembre 255 milioni di aventi diritto saranno chiamati a scegliere se confermare in carica per un secondo mandato il presidente Donald Trump, candidato del Partito Repubblicano, oppure preferirgli lo sfidante del Partito Democratico, l’ex vice-presidente Joe Biden. In quell’occasione, gli elettori americani voteranno anche per un nuovo Congresso, dovendosi per costituzione rinnovare l’intera Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato.

L’esito delle elezioni è destinato ad avere un impatto ben al di là dei confini nazionali, data la perdurante superiorità mondiale degli Stati Uniti sul piano militare, economico e tecnologico, nonché l’enorme influenza culturale della politica, accademia e industria dello spettacolo americane.

Nonostante la crescente attenzione internazionale verso la politica interna Usa, il sistema elettorale e costituzionale degli Stati Uniti ha una complessità tale da creare confusione negli osservatori occasionali. I meccanismi del Collegio elettorale e del gerrymandering, in particolare, possono originare risultati contrastanti con il voto della maggioranza dell’elettorato.

Questo studio offre una guida a questo evento di importanza globale, illustrandone in primo luogo le regole e procedure per poi concentrarsi sullo stato della campagna elettorale, anche considerando le implicazioni del fatto che Trump ha contratto il Covid-19. Le implicazioni per l’Europa saranno trattate approfonditamente nel Focus euroatlantico in uscita dopo le elezioni di novembre.

Come funziona l’elezione
Il sistema costituzionale degli Stati Uniti è basato su una rigida separazione del potere esecutivo, l’amministrazione al cui vertice sta il presidente, da quello legislativo, che risiede nel Congresso. I vertici federali dell’uno e dell’altro ramo seguono pertanto cicli elettorali diversi: quattro anni per il presidente e il suo vice; due anni per i membri della Camera dei Rappresentanti, la camera bassa del Congresso; e sei anni per i membri del Senato, la camera alta. Il mandato dei senatori segue però un calendario sfasato in base al quale ogni due anni il Senato si rinnova solo per un terzo. Ricapitolando, dunque, quest’anno sono in ballo la presidenza e vice-presidenza, l’intera Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato.

L’elezione di presidente e vice-presidente, che si presentano in un unico ticket elettorale, è indiretta. Gli elettori votano 538 “grandi elettori” che a loro volta si riuniscono in un Collegio elettorale (a metà dicembre) per eleggere formalmente presidente e vice-presidente. I 538 membri del Collegio elettorale sono distribuiti tra i cinquanta Stati e il Distretto di Columbia, l’unità amministrativa che comprende la capitale Washington. La proporzione tra popolazione e numero di grandi elettori privilegia considerevolmente gli Stati più piccoli demograficamente. Per fare un esempio, la California, lo stato più popoloso, ha diritto a circa 18 volte i grandi elettori assegnati allo stato meno popoloso, il Wyoming (55 contro 3), nonostante abbia una popolazione circa 70 volte superiore (40 milioni circa contro 580 mila). Questo squilibrio può produrre il risultato di un presidente eletto da una minoranza dell’elettorato.

Infatti, la linea del traguardo per i candidati presidenziali non è la maggioranza relativa dei votanti, ma la maggioranza assoluta dei grandi elettori, e cioè 270. I grandi elettori vengono “assegnati” al candidato presidenziale che conquista la maggioranza relativa in ogni stato, con l’eccezione di Maine e Nebraska che assegnano i loro grandi elettori su base proporzionale.

Il numero di 538 membri del Collegio elettorale corrisponde alla somma dei rappresentanti (variabile) e senatori (sempre due) assegnati a ogni Stato (più 3 assegnati al Distretto di Columbia). Per sapere il numero di rappresentanti assegnati a ogni Stato, basta togliere due al numero di grandi elettori assegnati allo stato stesso.

I membri della Camera dei Rappresentanti vengono eletti direttamente dai cittadini che votano in circoscrizioni o distretti elettorali. Ogni stato ha diritto a un numero di seggi che varia a seconda della popolazione (per inciso, è su questo numero che si calcola il Collegio Elettorale). La distribuzione dei rappresentanti ai singoli Stati è calcolata in base a un censimento decennale della popolazione. Per il Senato il discorso è più semplice: ogni Stato ha diritto a due senatori, a prescindere dalla popolazione. Anche in questo caso l’elezione avviene per via diretta. Il Distretto di Columbia non è rappresentato in Senato, sebbene abbia una popolazione superiore a quella di alcuni Stati. Nelle elezioni del Congresso vige il sistema uninominale a turno unico, in base al quale il candidato che prende la maggioranza relativa dei voti nel distretto elettorale (per la Camera) o nello Stato (per il Senato) conquista il seggio.

Il corpo elettorale
Tutti i cittadini che hanno compiuto 18 anni hanno diritto a votare, purché si registrino preventivamente (le regole per la registrazione variano di stato in stato). Agli elettori americani è concesso di votare per posta, una pratica ben consolidata che quest’anno, come vedremo, è diventata oggetto di controversia. Gli aventi diritto al voto nel 2020 sono circa 255 milioni.

La reale affluenza, tuttavia, sarà molto più bassa. Da quando è stato introdotto il suffragio universale nel 1920, l’affluenza nelle elezioni presidenziali ha oscillato tra poco meno del 50 e poco più del 60%. Sono però passati oltre cinquant’anni da quando la soglia del 60% è stata superata l’ultima volta, nel 1968. Nel 2016 l’affluenza è stata del 55,5%.

L’affluenza più bassa e quella più alta dal 1920 si sono registrate nelle elezioni del 1996 (riconferma del democratico Bill Clinton) e 1960 (elezione del democratico John F. Kennedy), rispettivamente con il 49 e il 62,8%.

Questa è la prima puntata di uno studio/guida alle elezioni americane redatto da Riccardo Alcaro (Coordinatore delle ricerche e responsabile del programma “Attori globali” dell’Istituto Affari Internazionali) che sarà illustrato nel corso del webinar organizzato dallo IAI e dalla nostra rivista il prossimo 26 ottobre alle 17.30.