Senato in bilico: ecco come i democratici potrebbero prendere il controllo
Tra le elezioni che si terranno il prossimo 3 novembre negli Stati Uniti, quelle per rinnovare 33 seggi dei 100 totali del Senato saranno di gran lunga le più importanti, dopo le presidenziali, per determinare gli equilibri quantomeno del prossimo biennio. Questo, fino alle midterm elections del 2022, quando un altro terzo dei seggi andrà a elezione.
Con il Partito democratico che ha già il controllo della Camera dei Rappresentanti, dove dovrebbe reggere senza troppi problemi, il focus per le elezioni che riguardano il ramo legislativo sarà quindi sul Senato. Qui, i repubblicani hanno una solida maggioranza con 53 senatori, contro i 45 democratici; a questi si aggiungono 2 senatori indipendenti (Bernie Sanders del Vermont e Angus King del Maine), che sono tuttavia parte del fronte liberal.
La maggioranza repubblicana però sta scricchiolando. L’impopolarità di Trump, alimentata dalla pessima gestione della pandemia da Covid-19 e dal crollo dell’economia, e i numeri dei sondaggi che danno Biden con un solido margine nel voto nazionale (seppur non ancora di certezza) hanno aperto la possibilità, per i democratici, di ribaltare diversi seggi repubblicani.
Gli Stati chiave
Gli Stati dove la lotta sarà serrata, o quantomeno competitiva, saranno una decina. Da un lato ci sono Michigan e Alabama, territori diversissimi tra loro che hanno in comune un uscente democratico. In Michigan, il senatore uscente Gary Peters ha ottime probabilità di vittoria sul repubblicano John Edward James, il che permetterebbe ai democratici di difendere il proprio seggio. In Alabama, invece, Doug Jones rischia di perdere la contesa contro il repubblicano Tommy Tuberville, in uno Stato comunque tradizionalmente conservatore.
Perdere il seggio in Alabama sarebbe ovviamente un duro colpo per i democratici, che si allontanerebbero dal risultato sperato, ovvero un guadagno netto di almeno 4 seggi per ribaltare la situazione. D’altro canto, però, ci sono diversi Stati – soprattutto nelle regioni del Sud e del Midwest – dove i candidati repubblicani uscenti sono in difficoltà e rischiano una sconfitta.
Il primo gruppo, che vede le candidature democratiche in vantaggio nei sondaggi e con buone chance di vittoria, è quello che comprende Colorado, Arizona, Iowa, North Carolina e Maine. Confermare il risultato dei sondaggi in questi cinque Stati sarebbe il minimo necessario per i democratici, in caso di sconfitta in Alabama, per guadagnare la maggioranza.
Il secondo gruppo comprende invece Georgia, Montana, Kansas, Arkansas e South Carolina (qui, nello Stato del repubblicano di lungo corso Lindsey Graham, lo sfidante dem Jaime Harrison ha raccolto il record di donazioni per una campagna senatoriale, ndr). L’insieme è abbastanza omogeneo: quattro di questi Stati sono al di sotto della cosiddetta “Mason-Dixon Line” che, durante la guerra civile statunitense, divenne simbolo della divisione tra territori unionisti e sudisti. Questi sono Stati tradizionalmente conservatori, quindi roccaforti repubblicane. L’ultimo è il Montana, uno Stato rurale che ha una geografia particolarmente invisa ai democratici, che invece costruiscono il loro successo nei grandi centri urbani.
La posta in gioco
Avere la maggioranza in Senato è importante per diversi motivi. Il primo è che avere il controllo del legislativo è fondamentale in un sistema come quello statunitense, dove la struttura di checks and balances rende necessaria una sinergia di intenti tra ramo esecutivo e legislativo. Per i democratici, vincere la presidenza senza conquistare il Senato sarebbe una disfatta: Biden inizierebbe il mandato come “anatra zoppa” e avere il controllo della Camera dei Rappresentanti non basta per passare leggi.
Per i repubblicani, invece, il discorso è fondamentalmente diverso, perché uno scenario in cui Trump vinca la presidenza ma non il Senato è quasi impossibile. Il Grand Old Party deve però evitare, in caso di sconfitta del presidente uscente, di perdere anche il controllo del Senato, che garantirebbe loro invece di mettere in stallo i democratici e mantenere una buona dose di potere politico.
Il secondo motivo è che il Senato sarà al centro dei possibili progetti di riforma che riguarderanno la Corte Suprema degli Stati Uniti. Il processo di conferma della giudice conservatrice Amy Coney Barrett a ridosso delle elezioni, in seguito alla morte di Ruth Bader Ginsburg, ha fatto molto discutere. È stata quindi paventata l’eventualità, nel caso i democratici vincano, di aumentare il numero di giudici nella Corte dai 9 attuali a 13 o più. Questo servirebbe ai democratici per ribaltare la schiacciante maggioranza conservatrice nella Corte (di 6-3, includendo Coney Barrett), eleggendo 4 o più giudici progressisti.
Biden non ha per ora espresso posizione sulla questione, probabilmente per difendersi da possibili attacchi su un tema ora sensibile. I repubblicani sono invece contrari, dovendo difendere la propria maggioranza anche qui. In ogni caso, sia i cambiamenti nel numero di giudici che l’elezione degli stessi passano dal Senato e sarà determinante per ciascun partito avere la maggioranza in questa Camera per difendere i propri interessi.
Cosa aspettarsi
Lo scenario più probabile è che il Partito democratico riesca a riguadagnare il controllo del Senato, seppur con una maggioranza risicata. FiveThirtyEight, che cura da anni i propri modelli di previsione elettorale, dà ai democratici un 73% di possibilità di uscire vittoriosi, più probabilmente con una maggioranza di 51-49 (considerando gli indipendenti come democratici). Un vantaggio chiaro, ma non per questo certo: il 27% di possibilità per i repubblicani è un numero comunque alto, che vedrebbe il partito conservatore mantenere il controllo in più di un quarto degli scenari.
Allo stesso tempo, per i democratici sarebbe importante uscire dal 3 novembre con una maggioranza più solida di un traballante 51-49, che sarebbe comunque difficile da gestire ed esposto a eventuali defezioni da parte dei senatori, con un solo voto netto di margine che renderebbe in salita la strada per passare le riforme progressiste del programma di Biden.
A cura di Emanuele Murgolo, caporedattore Nord America de Lo Spiegone.
***Lo Spiegone è un sito giornalistico fondato nel 2016 e formato da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate al mondo delle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.