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Russia e Cina nell’Artico: una relazione ambigua

20 Ott 2020 - Lucrezia Rossi - Lucrezia Rossi

L’impatto dei cambiamenti climatici ha ripercussioni sull’ambiente così come sulla geopolitica, seppur in misura minore. E la regione artica ne è la dimostrazione. Non soggetta ad un regime ad hoc, analogo a quello che regolamenta la regione antartica, l’area artica dà adito a controversie tra Stati artici e Stati non artici.

In particolare, l’Artico rischia di diventare un fattore di attrito nei rapporti sino-russi, soprattutto se si considera che, nel 2018, la Cina si è auto-proclamata “Stato quasi artico” – definizione che non è piaciuta né agli Usa né alla Russia -. Se Pechino è disposta a creare simili neologismi, a scrivere un Libro Bianco interamente dedicato alla regione e, soprattutto, se è disposta a rischiare di danneggiare i rapporti con Mosca e – ulteriormente – con anche gli Usa, significa che l’area sta assumendo sempre più importanza geopolitica.

L’importanza dell’Artico
Le ragioni di questa accresciuta importanza sono molteplici e, fra di esse si distinguono quelle che avvicinano i due partner da quelle che li dividono. Innanzitutto, la regione è – tanto per Mosca quanto per Pechino – considerata un’area necessaria ad impedire interferenze in Asia da parte di altri attori, primi fra tutti gli Stati Uniti. Inoltre, mentre l’aspetto energetico vede una cooperazione sino-russa, quello più strettamente marittimo costituisce una fonte di attrito tra i due attori.

I dati sinora raccolti rivelano che sui fondali artici si trovano carbone e rame, come pure importanti giacimenti gasiferi – circa il 30% delle riserve mondiali – e petroliferi – circa il 13% delle riserve globali.

Per la sola Russia, invece, i combustibili fossili artici ammontano a circa il 20% del suo Pil, nonché al 22% delle esportazioni. Più precisamente, sui fondali dell’Artico russo giacciono circa 430 milioni di tonnellate di petrolio e 8,5 trilioni di metri cubi di gas naturale, cifre importanti, specialmente se sommate a quelle del resto giacimenti terrestri russi. Questo contribuisce a spiegare perché la Russia ha richiesto l’estensione della Zona economica esclusiva (Zee) di un’area pari a 1,2 milioni chilometri quadrati. Sebbene l’idea dell’Artico come regione strategica per le riserve oil&gas sia alquanto superata, è innegabile che per la Russia, la regione continui ad essere rilevante in ambito energetico.

Dal 2014, però, le esplorazioni artiche sono diventate più difficili tanto a causa delle sanzioni imposte dai Paesi occidentali alla Russia, quanto al crollo dei prezzi degli idrocarburi. Queste ultime hanno influito negativamente in relazione all’esplorazione del fondale artico, poiché dirette a limitare le esportazioni europee di tecnologie e strumenti necessari all’esplorazione delle acque limitrofe al Circolo artico e fondamentali per la Federazione Russa.

Le mire di Pechino
La Cina è invece decisa ad ottenere l’internazionalizzazione dell’intera regione, al fine di sfruttare la Northern Sea Route e ridurre tempi e costi di trasporto delle sue esportazioni verso l’Europa. A questo obiettivo se ne lega un secondo, e più importante a livello strategico, ovvero la creazione di una Polar Silk Road, al fine di facilitare lo sviluppo economico-sociale della regione artica.

Xi Jinping ha più volte pubblicamente dichiarato di voler coinvolgere il partner russo nel progetto, sebbene Mosca non veda con favore una eccessiva presenza cinese nell’Artico. Per quanto sia disposta a rallentare il progetto della Via della Seta Polare – per non danneggiare i rapporti con Mosca -, Pechino è decisa a penetrare l’area artica. Cosa che ha già fatto attraverso la partecipazione delle cinesi China National Petroleum Corporation e Silk Road Fund al progetto Yamal Lng, guidato dalla russa Novatek. Grazie a questa collaborazione, per la Novatek è stato possibile superare le difficoltà derivanti dalle sanzioni statunitensi e procedere con i suoi progetti artici.

Energia rinnovabile e basi militari
La Cina è ormai una delle protagoniste della ricerca scientifica, nonché una delle più attive sostenitrici della cooperazione internazionale, nella regione – a tal proposito si ricorda che la Cina ha stretto accordi con tutti gli Stati artici. In aggiunta, essendo l’Artico ricco di fonti energetiche rinnovabili, la Cina intende promuovere la cooperazione internazionale anche in materia di energia pulita, portando avanti una politica a basso consumo carbonifero.

Un secondo motivo atto a spiegare perché Mosca si oppone alla presenza di Stati non artici nell’area ha natura militare. Infatti, non solo gran parte dei missili balistici sottomarini russi è collocata nella penisola di Kola – proprio all’interno del circolo polare artico – ma la Russia sta procedendo alla realizzazione di sistemi Air Defence che vadano ad aggiungersi ai già in uso sistemi di Anti-Access/Air Denial e collocati nell’Artico. Il Cremlino, dunque, è deciso a fare in modo che il controllo della regione resti limitato, quantomeno, ai soli Stati artici.

Quando si parla di Artico, quindi, occorre tenere presenti più aspetti: in primo luogo, l’unica possibilità, per la Russia, di mandare avanti i propri progetti artici dipende dai soldi cinesi. In seconda istanza, il governo di Mosca non si è opposto all’ingresso della Cina nel Consiglio artico, in qualità di membro osservatore, il che lascia presumere che Mosca non voglia tagliare del tutto fuori il partner dalla regione – probabilmente per evitare che questi esca dai progetti attivi nell’area.

Ancora una volta la relazione sino-russa è ambigua e, in questo caso più che in altri, appare evidente che la partnership è frutto della convenienza reciproca.

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