Presidenziali in Moldavia: remake della sfida fra Dodon e Sandu
Domenica 1° novembre circa 3 milioni di elettori saranno chiamati a eleggere il prossimo presidente della Moldavia. Dalla dissoluzione dell’Unione sovietica, la Moldavia è una repubblica parlamentare la cui Costituzione prevede però l’elezione diretta del capo dello Stato. Il presidente è il garante della sovranità, dell’indipendenza e dell’integrità territoriale del Paese e ha diritto di veto sulle proposte di legge del Parlamento.
Le elezioni avvengono ogni quattro anni con una circoscrizione nazionale unica ed è previsto il ballottaggio nel caso nessun candidato ottenga la maggioranza al primo turno. Con una popolazione di circa 3 milioni e mezzo, tra residenti in patria e all’estero, gli elettori registrati ufficialmente sono più di 3 milioni. Questo numero potrebbe essere quindi falsato, come già accaduto nelle elezioni del 2016, quando la Commissione elettorale moldava verificò che molti dei nomi registrati appartenevano a persone decedute. I cittadini moldavi possono votare anche se residenti all’estero; circa 250 mila elettori sono registrati nel territorio della Transnistria, entità separatista e Stato indipendente de facto ma non riconosciuto internazionalmente.
I candidati principali
Gli elettori potranno scegliere tra otto candidati alla presidenza, ma i sondaggi registrano un probabile testa a testa tra il presidente uscente Igor Dodon, filorusso ed ex leader del Partito Socialista Moldavo, e Maia Sandu, europeista e leader del Partito d’Azione e Solidarietà. Come per altri Stati dell’ex blocco sovietico, queste elezioni potranno contribuire a determinare l’allineamento internazionale del Paese a est o a ovest.
In corsa per il suo secondo mandato, Dodon sembra essere in svantaggio rispetto a Sandu di circa 4 punti. Sulla sua credibilità politica gravano i numerosi problemi che ha dovuto affrontare durante la presidenza. Dal 2016 a oggi Dodon è stato accusato di corruzione per il rapporto con l’oligarca ed ex alleato politico Vladimir Plahotniuc – ora in fuga all’estero per aver sottratto otto milioni di euro dal sistema bancario moldavo – e sospeso temporaneamente dalla Corte costituzionale per cinque volte, tra cui una per aver imposto il veto su una legge volta a limitare la trasmissione di emittenti televisive russe sui canali moldavi. Inoltre, un anno fa, il Fondo monetario internazionale ha congelato i prestiti di assistenza alla Moldavia, a causa della sua inaffidabilità nel proseguire il percorso di riforme del sistema giudiziario e della pubblica amministrazione. Nel tentativo di recuperare consensi, dopo una videoconferenza con Vladimir Putin il 28 settembre scorso, Dodon ha annunciato la possibilità di ottenere un prestito di 200 milioni di euro da Mosca e uno sconto del 12% sulle forniture di gas in caso di sua rielezione.
Dall’altro lato c’è Maia Sandu, sfidante di Dodon anche nel 2016 e prima ministra di un governo di unità nazionale da febbraio a novembre 2019. Ex direttrice esecutiva della Banca Mondiale a Washington, liberale, europeista, sostenuta dal Partito Popolare Europeo (Ppe), ha basato la sua campagna elettorale sulla necessità di riformare il sistema giudiziario e di porre fine alla corruzione nella politica moldava. Durante il mandato come premier, il suo governo aveva cominciato a lavorare su alcune riforme strutturali, abbandonate dopo che il Partito Democratico di Plahotniuc e il Partito Socialista votarono la sfiducia su una legge contro la corruzione. A seguito delle dimissioni di Sandu, Dodon nominò al suo posto il proprio consigliere politico Ion Chicu.
Tra gli altri sei candidati, Renato Usati e Violeta Ivanova sostengono una linea filorussa. Il primo corre per il Partito Nostro, di ispirazione cristiana conservatrice, e la seconda per il Movimento Socio Politico Repubblicano, anche questo conservatore e nazionalista.
I restanti quattro sposano, invece, la causa europeista. Andrei Nastase è un ex alleato di Sandu e leader del partito Piattaforma Dignità e Verità. Tudor Deliu è il presidente del Partito Liberal Democratico. Octavian Ticu, del Partito di Unità Nazionale, e Dorin Chirtoaca, leader del Partito Liberale, sostengono entrambi la riunificazione con la Romania.
Il pericolo dei brogli
La Moldavia è lo Stato più povero d’Europa ed è afflitto da una costante emigrazione che sta spopolando l’intero Paese. L’Ente nazionale di statistica stima che circa 800 mila cittadini vivano all’estero, quasi un terzo dell’intera popolazione, la maggioranza dei quali in Russia. Visti gli stretti legami tra Dodon e Putin, Sandu e altri quattro candidati hanno denunciato la possibilità di brogli elettorali, facendo appello alle istituzioni dell’Unione europea. Preoccupa inoltre la richiesta del presidente Dodon, approvata dal Parlamento, di limitare l’accesso agli osservatori internazionali durante le elezioni.
Il rischio più grande si presenta nei seggi della Transnistria, regione separatista da sempre legata strettamente alla Federazione Russa (a cui ha fatto domanda – senza ricevere risposta – di annessione nel 2014 dopo l’annessione illegale della Crimea), e nei seggi aperti nei territori della Federazione. Ad aumentare le probabilità di brogli troviamo anche la già citata difficoltà nel registrare adeguatamente tutti gli aventi diritto al voto. Alle presidenziali del 2016 votò il 53% degli aventi diritto (circa 1 milione e 600 mila persone) e Sandu perse le elezioni per 76 mila preferenze. I voti dei 250 mila residenti in Transnistria e dei 600 mila residenti in Russia, quindi, potrebbero essere fondamentali per una rielezione di Dodon.
La tensione sul pericolo che il presidente uscente approfitti di brogli rischia di condurre la Moldavia a una crisi simile a quella bielorussa. Dal 2016 a oggi, nel Paese ci sono già state numerose proteste contro il governo, tra cui una nel 2018 proprio a causa dell’annullamento della vittoria dell’europeista Andrei Nastase, candidato a sindaco nella capitale Chisinau, in favore del candidato socialista filorusso Ion Ceban.
A cura di Kevin Carboni, autore Europa de Lo Spiegone.
***Lo Spiegone è un sito giornalistico fondato nel 2016 e formato da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate al mondo delle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.