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PRESENTATO IL 14° PIANO QUINQUENNALE

Un quinto plenum del Partito comunista cinese con poche sorprese

31 Ott 2020 - Francesca Ghiretti - Francesca Ghiretti

In tempi imprevedibili è rincuorante vedere qualcosa andare come previsto: come nel caso del quinto plenum del partito comunista cinese ed in particolare, della presentazione del quattordicesimo piano quinquennale. Buona parte degli analisti aveva previsto che il piano si sarebbe occupato principalmente di doppia circolazione, con un accento sulla tecnologia, di ambizioni ambientaliste, se così possono essere definite, e il consolidamento al potere di Xi Jinping.

E così è stato. Se il merito va in parte a chi è stato in grado di carpire i segnali che anticipavano il quinto plenum, è impossibile negare il riconoscimento a chi questi segnali li ha mandati forti e chiari. Nelle settimane che hanno anticipato l’evento, infatti, la Cina ha palesemente comunicato le proprie intenzioni: sia annunciando la cosiddetta doppia circolazione, sia informando il mondo del proprio obiettivo di essere “carbon free” entro il 2060.

È lecito dunque chiedersi cosa sia questa doppia circolazione. In breve, è un piano per rafforzare il mercato interno cinese e l’autosufficienza, nel limite del possibile, della sua economia. Per fare questo si torna a puntare sul sostegno all’impiego e al reddito familiare. Questo implicherà anche piani sia per lo sviluppo di aree geografiche più marginali, ma soprattutto, il ricollocamento di lavoratori.

Il grande quesito è tuttavia quale sarà l’impatto sull’economia mondiale. In termini pratici, nel breve e medio termine, la Cina continuerà ad essere ampiamente ingaggiata con il mercato globale, non solo per motivi economici ma anche geostrategici; il plenum stesso ha sottolineato come il decoupling proposto dagli Usa non sia fattibile a riconferma che per ora, la Cina rimane largamente attiva sul mercato globale, e dipendente da esso.

Grandi aspettative per il 2035
Non sorprende nemmeno che sebbene il focus fosse il piano quinquennale per gli anni 2021-2025, si sia parlato di prospettive più lunghe a scadenza 2035, anno in cui dovrebbe compiersi la “modernizzazione socialista” del Paese. Ad esempio, è al 2035 che guarda l’outline per lo sviluppo scientifico e tecnologico di medio e lungo termine, che dovrebbe essere reso pubblico all’inizio del 2021. Saranno infatti la tecnologia e gli investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo a guidare questo piano quinquennale.

Questo in parte nasce come risultato di un ambiente internazionale crescentemente ostile e in parte, dal desiderio di porsi in posizione distintamente vantaggiosa nei confronti dell’attuale rivoluzione tecnologica. Ciò spiega anche la comunicazione, più o meno affidabile, di voler continuare il processo di apertura nei confronti degli investimenti diretti esteri. Viene però da chiedersi se questo particolare messaggio non volesse essere diretto anche a Bruxelles per comunicare l’impegno da parte cinese nei confronti dell’accordo comprensivo sugli investimenti. Se così fosse, la Cina dovrà fare meglio di così per vedere la felice conclusione dell’accordo.

Continuando sulla scia di aspettative non deluse si arriva all’assenza di segnali riguardo un potenziale successore di Xi. Dopo il congresso nazionale del popolo del 2018, che ha visto l’abolizione limite di due mandati per il presidente, pochi si aspettano che Xi molli presto o che il Partito decida di rimpiazzarlo, soprattutto considerando il potere del Presidente e la sua azione di pulizia più o meno profonda nei confronti dei dissidenti. Il 2022, data del 20esimo congresso del Partito, potrebbe, o meglio avrebbe potuto, segnare un momento di svolta che molti speravano potesse anche mettere la parola fine al regno di Xi Jinping. Il plenum appena conclusosi mancando di far emergere un erede e proponendo prospettive a scadenza per il 2035 ha chiaramente segnalato che così non sarà.

Le grandi visioni sono dopotutto uno dei marchi di fabbrica della presidenza di Xi Jinping: dalla Belt and Road Initiative al Made in China 2025. Tutti titoli che hanno portato alla Cina non pochi problemi. Ma se lo slogan del Made in China 2025 è stato messo nel cassetto per evitare ulteriori ripercussioni negative da parte della comunità internazionale, è improbabile che lo stesso accada alla doppia circolazione che emerge in un momento in cui il paese si afferma più decisamente e non sembra volersi tirare indietro di fronte a pressioni internazionali.

Cosa significa tutto questo?
Tutto e niente. Le novità annunciate riguardano cambiamenti interni rilevanti che però non costituiscono un radicale cambio di marcia rispetto al percorso già intrapreso. Indubbiamente la pandemia e le considerazioni che questa ha immancabilmente portato, soprattutto sul piano geopolitico, hanno accelerato e forse radicalizzato percorsi già intrapresi, soprattutto per quanto riguarda “l’autosufficienza” cinese. Dato il precedente Made in China 2025, la già esistente attenzione allo sviluppo tecnologico e l’ostilità degli stati uniti è infatti difficile non pensare che questo corso fosse già stato imboccato negli anni che hanno preceduto il 14esimo piano quinquennale.

Lo stesso ragionamento si applica alla leadership di Xi Jinping che continua il suo corso di consolidamento nonostante ogni tanto appaiano speranzose notizie di sfidanti emergenti nel partito.

Di fatto, come hanno già sottolineato in molti, e come è d’uso a seguito di grandi eventi politici in Cina, e non solo, saranno i gruppi di lavoro e le politiche specifiche che verranno presentate nei mesi, ed anni, a venire a designare cosa davvero questo piano quinquennale significherà per la Cina e per quelli, come noi, che la stanno osservando.