L’intervento del ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola
“Il mio saluto e ringraziamento al presidente Nelli Feroci e alla direttore Nathalie Tocci, a tutti voi presenti, e soprattutto ai finalisti di questa terza edizione, rappresentante della Commissione Parenti, al professore Giovannini di cui siamo tutti estimatori, non solo del suo festival, ma del lavoro per modernizzare culturalmente il nostro paese, non solo dal punto di vista delle politiche ma anche della riflessione civile.
Io, nel mio sentimento europeista, che è basato su dati pragmatici e di realismo, non euforici, perché a volte l’euforia porta a fare errori, dico che c’è una testarda e caparbia impostazione della Commissione di tutti i paesi, di tutti e 27, per quello che vogliamo mettere in campo.
Stiamo vivendo una fase della nostra storia senza precedenti, ma quello che l’Unione europea, la sua Commissione, ha deciso, anche prima del Covid, durante, verso poi l’accordo del 21 luglio, quello che faremo con il patto siglato il 21 luglio, di avere una scelta che individua nell’asse strategica della transizione a un economia sostenibile verde, al cosiddetto European Green Deal, e alla transizione digitale, non scelte di merito per comporre programmi di spesa, ma visioni. Visioni, che sono anche competitive nel mondo di oggi, non solo per quello che stiamo vivendo, ma anche per la realtà multilaterale. Quando decidemmo, prima del Covid, di insistere e lanciare il programma dell’European Green Deal, era evidente che ci muovevamo, e ci muoviamo, in un quadro multilaterale, dove gli accordi di Parigi sono messi in discussione, dove i nostri alleati o i nostri partner non rispettano quella che è un ambizione che abbiamo.
Non è solo una sfida per un bisogno delle società civili europee di raggiungere un obiettivo come quello alla neutralità climatica nel 2050, ma è un ambizione a cambiare un modello di sviluppo, di consumo, di vita, di organizzazione della società, in un contesto multilaterale in cui, l’Europa, sfiderà gli altri soggetti continentali, gli altri attori. Questa era e rimane l’ambizione del modello europeo.
Siamo stati un po’ il gigante gentile in tutti questi ultimi anni, rispetto a dei giganti che invece, hanno fatto dell’utilizzo dei gomiti alti un elemento di competizione internazionale. Noi abbiamo scelto la nostra strada.
Ai finalisti, con i loro temi e con i loro argomenti, dico che questa scelta non sarà facile, sarà una grande battaglia politica multilaterale, e più saremo bravi noi a farlo, e farlo magari anche in partnership con altri continenti, come quello africano innanzitutto, più saremo credibili per la svolta che imporremo nelle politiche internazionali. L’anno prossimo sarà un anno importante, non solo per l’attuazione dei programmi europei, saremo presidenti turno del G20, e questo sarà un tema fondamentale; avremo al Cop26, con un partner importante e molto sotto discussione, la Gran Bretagna, saremo cioè in un proscenio in cui le scelte saranno radicali, saranno chiare, e le risorse sono importanti, perché sono frutto di un comune sentire e, per la prima volta, di un comune debito, segnale di grande solidarietà per gli europei. Fare debiti insieme per costruire, non 27 piani differenti, ma 27 piani comuni. Perché l’indicazione della spesa al 37% sulla transazione ecologica, e del 20% sulla transazione digitale, è una scelta che faremo insieme. Consorzi europei, alleanze transnazionali, per costruire, per esempio, sull’efficientamento energetico, sulla capacità di cambiare la tecnologia e i meccanismi nel sistema produttivo, e lo faremo tutti insieme.
Allora io capisco l’euforia che c’è oggi in Italia. Si usa molto la parola Recovery Fund, a me fa sorridere perché poi la vera indicazione della Commissione è Next Generation, una nuova generazione per l’Europa e per l’Italia, suona molto meglio, però è poco traducibile nella stampa quotidiana. Questa pianificazione è una pianificazione europea, su linee guida europee, su cui noi, come governo, stiamo costruendo la nostra pianificazione su particolari scelte di competitività mondiale.
Recuperare un autonomia strategica significa imporre anche il nostro modo di stare al mondo, e abbiamo scelto che deve essere verde sostenibile, cambiando quelli che sono alcuni paradigmi della costruzione sociale produttiva degli ultimi anni. L’Italia, in tutto questo, dovrà anche recuperare enormi ritardi.
Quando uno si accorge che l’80% delle frane europee avviene sul territorio italiano, quando si accorge che alcune regioni italiane sprecano l’acqua al 50 o 60%, mentre in Germania al 5%, in Olanda al 5%. Ci accorgiamo che dobbiamo modernizzare, rendere questo paese forte, dal punto di vista tecnologico, ma dobbiamo anche curare delle ferite del territorio. Non l’abbiamo mai fatto per carenza di fondi nazionali, adesso è venuto il tempo di curare quelle ferite.
A me fa piacere l’entusiasmo, molti parlano di infrastrutture, cose belle nel tempo. Io mi preoccupo più del quotidiano, di come questo territorio va reso sostenibile dal punto di vista dell’impatto ambientale; inclusivo dal punto di vista sociale, perché abbiamo interi quartieri delle nostre città che producono esclusione, e vanno ricostruiti, semplicemente senza perdersi in chiacchiere. Allora questo spirito di mobilitazione, questa euforia è positiva.
Adesso dobbiamo rendere le linee guida europee, e quelle italiane, concrete azioni, scelte fatte in tempi rapidi, con meccanismi che saranno necessariamente di governance straordinaria, come ha annunciato il Presidente del Consiglio, perché non possiamo sprecare un euro, e non possiamo sprecare un mese di tempo. Sarà un piano che vuole la mobilitazione nazionale, di tutte le forze politiche, di tutte le regioni, di tutti i comuni, dentro una logica europea, dentro una logica di riforme, non perché ce lo chiede l’Europa, ma perché ne abbiamo bisogno noi, di avere una pubblica amministrazione e una giustizia che funzionino, che siano diverse, come indica le raccomandazioni della Commissione. Questo è il grande sforzo, e se questo non sarà solo sforzo, ma impatto realizzativo, sarà una nuova età per l’Italia, una nuova generazione, e l’euforia si trasformerà anche in speranza quotidiana di realizzare cose che nella storia italiana abbiamo peccato a realizzare soprattutto negli ultimi anni.
Il mio augurio ai finalisti della terza edizione, anche di accompagnare i nostri ministeri, il ministero degli affari esteri, il ministero degli affari europei, e lo IAI, anche in una nuova avventura che partirà quest’anno, che è la Conferenza sul Futuro dell’Europa. L’Italia e l’Europa pre-Covid, diciamolo, avevano delle cose che non andavano bene, ed è venuto il tempo di cambiarle, di modificare alcuni elementi di architettura istituzionale economica, e questa conferenza che si aprirà, avrà bisogno della partecipazione, non solo dei livelli istituzionali, ma dei più grandi centri studi, come lo IAI, e della partecipazione della società civile, di tutte le reti di volontariato, associative, culturali e politiche, per trasformare nei prossimi 1-2 anni, anche l’Europa, da un attore incompiuto di integrazione, a un soggetto politico multilaterale che ha fatto strada, ha fatto delle scelte e soprattutto ha deciso di rialzare la testa in un mondo multilaterale in cui al conflitto sono susseguite poche proposte e poche idee di cambiamento.
Nel salutarvi e nel ringraziarvi e darvi anche un appuntamento ai prossimi mesi, dove, con lo IAI, dovremo lavorare molto per organizzare questa conferenza, soprattutto per dare il messaggio giusto: l’Europa, dopo periodi di mancanza di solidarietà su molti aspetti, si è rimessa in cammino, con le sue difficoltà, ma alle difficoltà bisogna far seguire una capacità di innovazione e soprattutto delle scelte chiare per il futuro.
Transizione ecologica e digitale non sono due temi da simposio, sono due elementi di trasformazioni di una realtà che, anche prima del Covid, ci diceva che eravamo (come dice il Pontefice) un po’ malati, pensando di vivere da sani in un mondo che invece aveva grandi problemi.
Vi Ringrazio”.
Torna all’articolo generale sull’evento conclusivo della terza edizione del premio IAI