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PALAZZO DI VETRO

Le ragioni del conflitto nel Nagorno-Karabakh (parte 3)

8 Ott 2020 - Francesco Semprini - Francesco Semprini

Leggi qui la prima e la seconda parte. 

Preoccupa, dicevamo, l’elemento dei mercenari turco-siriani: vuol dire che gli azeri ne sentivano la necessità e questo significa che la Turchia ha un peso ancor maggiore di quello che si possa pensare. Dopodiché Baku accusa gli armeni di aver fatto entrare combattenti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) schierandoli vicino all’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan e al corridoio meridionale del gas.

Il fattore “energetico” è del resto strategico in questo conflitto. Due oleodotti trasportano petrolio e gas dall’Azerbaigian attraverso il Caucaso, entrambi passano a soli 60 chilometri dal Nagorno-Karabakh. La regione del Caspio, ricca di petrolio e gas, ha solo due rotte di esportazione verso l’Occidente: una attraverso la Russia e una attraverso il Caucaso. Il conflitto potrebbe pertanto mettere in pericolo i due gasdotti: il principale oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan e il gasdotto Trans-anatolico.

Come affermato dall’ambasciatrice armena a Roma, Tsovinar Hambardzumyan, in un’intervista che ha concesso al quotidiano La Stampa, “l’attacco a cui stiamo assistendo in questi giorni è diverso dalle schermaglie di luglio. Tre mesi fa le azioni ostili sono state sul confine armeno, non in Nagorno-Karabakh e questo perché Baku voleva attrarre l’attenzione della comunità internazionale sugli oleodotti facendo capire che la sicurezza energetica della regione era in pericolo, così come a rischio gli investimenti internazionali – spiega la diplomatica -. Inoltre, è stato un modo per spostare la dimensione del conflitto dal Nagorno-Karabakh a una guerra tra armeni e azeri. Questo è stato un motivo per far ripartire un altro conflitto come accaduto in questi ultimi giorni”.

Le speranze dell’Europa di sfruttare le risorse del Caspio per ridurre la sua dipendenza dalle fonti di greggio russo potrebbero quindi essere in pericolo. Nell’ambito della strategia del corridoio meridionale del gas, l’Ue spera di vedere altri 16 miliardi di metri cubi di idrocarburi dal Caspio passare attraverso il gasdotto del Caucaso meridionale.

Il Palazzo di Vetro
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso il sostegno all’appello del Segretario generale, António Guterres, rivolto alle forze armene e azere di “fermare immediatamente i combattimenti, ridurre le tensioni e tornare a negoziati significativi senza ritardi”, dopo tre giorni di scontri sanguinosi nella regione separatista del Nagorno-Karabakh. I 15 membri dell’organo esecutivo del Palazzo di Vetro hanno firmato il documento all’unanimità durante una riunione di emergenza sul conflitto. Il tutto mentre il diplomatico turco Volkan Bozkır assunta la carica il 15 settembre di presidente della 75esima Assemblea generale, dovrà definire nomine importanti su commissioni dedicate a dossier chiave del Palazzo di Vetro, tra cui anche quelli relative alle dinamiche del Caucaso.

Del resto, come confermato dallo stesso Nebenzya il 1 ottobre, durante la conferenza stampa inaugurale del mese di presidenza russo del Consiglio di sicurezza, ci sono già stati contatti sulla crisi in Caucaso tra Mosca e Ankara, nell’ambito di quel dialogo che li vede nuovi azionisti di riferimento dalla Siria alla Libia.

Il fattore Iran e le elezioni americane
Anche Teheran sembra aver fiutato l’affare Nagorno-Karabakh. Alle prese con il Covid che lo ha colpito più di altri Stati in Medio Oriente, e messo in difficoltà dalla triangolazione Usa-Israele-Sunnitistan, l’Iran si vuole rimettere in carreggiata proponendosi come valido interlocutore super partes e sapiente mediatore. La Repubblica islamica ha chiesto che si fermino le ostilità e si arrivi alla pace rivendicando la sua determinazione “a usare tutte le capacità a disposizione per aiutare l’avvio dei colloqui”.

Ciò, ovviamente, fa storcere il naso oltre che a Israele anche agli Stati Uniti di Donald Trump che come prerogativa nella politica mediorientale hanno quella di intervenire ogni volta si presenti un’occasione per colpire l’Iran. Washington, pertanto, potrebbe assumere un ruolo chiave nella negoziazione di un cessate il fuoco attivando immediatamente il Gruppo di Minsk per stabilire un cessate il fuoco stabile.

L’inazione è troppo pericolosa. Il punto è capire quanto interesse e quanta sensibilità l’amministrazione americana abbia per la nuova crisi nel Caucaso, visto che manca un mese al voto per scegliere tra Joe Biden e Trump il prossimo presidente di un Paese completamente assorbito da una campagna elettorale “malata”.

Questo articolo è il terzo e ultimo di tre contributi di Francesco Semprini che verranno pubblicati su AffarInternazionali. Qui prima e seconda parte.