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AL VOTO PER L'INDIPENDENZA DALLA FRANCIA

Il referendum in Nuova Caledonia sarà una fotocopia del 2018?

2 Ott 2020 - Lo Spiegone - Lo Spiegone

Il 4 ottobre la Nuova Caledonia andrà al voto per decidere sull’indipendenza dalla Francia. Attualmente il Paese è a tutti gli effetti territorio francese, essendo questo classificato come un Collettività d’Oltremare sui generis. Il voto arriva a due anni da un precedente referendum svoltosi nel 2018 in rispetto degli Accordi di Noumea, patti siglati tra Parigi e la Nuova Caledonia nel 1998 per gestire la relazione tra i due Paesi. In questa occasione il no aveva trionfato con il 56,4%, mantenendo dunque l’arcipelago all’interno della sfera di influenza francese. Secondo il trattato però le forze indipendentiste hanno il diritto ad altri due referendum in caso di sconfitta, da celebrarsi ogni due anni. Questo voto è dunque il secondo di una serie che, se dovesse prevalere nuovamente il no, continuerà nel 2022.

La Nuova Caledonia ha una storia profondamente interconnessa con quella della Francia. Le truppe di Parigi infatti arrivarono nel 1853 quasi per caso, ma capendo l’importanza dell’arcipelago nella gestione del quadrante oceanico vi rimasero stabilmente. La posizione strategica delle isole a Nord Est dell’Australia e a Sud Est dell’Indonesia permettevano ai francesi un punto di appoggio e controllo nel Pacifico.

La popolazione dell’arcipelago
La popolazione si divide principalmente tra Kanak e non Kanak. I Kanak sono il gruppo etnico che discende dagli storici abitanti dell’isola, già presenti prima dei francesi. Questo gruppo, secondo l’ultimo censimento del 2018, rappresenta circa il 40% della popolazione, La restante parte della popolazione è formata da circa un 30% di francesi (o comunque provenienti dalla Francia) mentre il restante 30% è un mix variopinto: in parte vengono dalle isole minori Wallis e Futuna e in parte vengo dal Sud Est asiatico e dall’Australia.

L’aspetto demografico è centrale, ma non il solo fattore importante nel quadro del voto. La correlazione tra il fattore “voto per l’indipendenza” e quello di “appartenere alla comunità Kanak” è molto forte. Nel 2018 circa il 98% degli aventi diritto di voto della comunità Kanak hanno votato a favore dell’indipendenza e sono concentrati nel Nord dell’isola. Questo stesso ragionamento non vale invece per la componente non Kanak della popolazione. In questo caso il discorso è molto differente e si inserisce nel quadro economico dell’arcipelago.

Il fattore economico
La Nuova Caledonia vive grazie a due fattori principalmente: il nickel e il turismo. L’arcipelago gode infatti di una elevatissima presenza di giacimenti di nickel, è stimato che circa il 25% delle risorse raggiungibili di questo metallo al mondo sia presente nell’arcipelago, secondo solo alle concentrazioni dell’Australia (30% ). Le bellezze dell’isola sono il secondo fattore di sviluppo principale. La capitale Numea è una piccola città francese sulle coste dell’Oceano Pacifico dove migliaia di turisti ogni anno vanno a trascorrere le vacanze tra boutique di lusso e hotel a 5 stelle.

Lo spaccato sull’economia dell’arcipelago è funzionale a spiegare come si divide il voto sull’indipendeza della parte della popolazione non Kanak. È vero infatti che la fascia che vive più legata alle presenze estere è fortemente favorevole allo status di Territorio d’oltre mare. Questo principalmente perché i turisti sono facilitati dal venire nel Paese, ufficialmente territorio francese, dato che non necessitano di visti e portano grandi quantità di valuta estera. Proprio il massiccio flusso di entrata  di euro attraverso il turismo facilita le relazioni locali della Nuova Caledonia, dato che può prestare apprezzabili quantitativi di valuta europea ai Paesi vicini.

Se da una parte la popolazione non Kanak inserita nell’industria del turismo vuole poter rimanere nel giro della Francia, quella che invece è inserita nel mercato del nickel preferirebbe un’indipendenza maggiore. Nonostante gli accordi di Numea e Matignon, rispettivamente del 1998 e del 1988, hanno garantito grandi sacche di autonomia all’arcipelago, questi è tuttavia regolamentato secondo gli alti standard dell’Unione europea. I membri dunque del settore minerario vorrebbero poterne uscire e poter abbassare gli standard qualtitativi offrendo così le risorse minerarie a compagnie asiatiche (cinesi e indonesiane) che potrebbero offrire guadagni molto più sostanziosi.

Dunque, se da un lato il voto pro indipendenza si intreccia con il passato coloniale e l’identità locale è allo stesso modo influenzato dalle questioni economiche, centrali per larga parte della popolazione.

Il sistema politico
Il sistema politico è estremamente frastagliato e variopinto con moltissimi piccoli partiti. La compagine pro indipendenza è composta da più di sei gruppi, ma non vi è nessuno partito egemone. Le questioni principali su cui si dividono le formazioni oltre all’indipendenza sono il posizionamento dell’isola, che si trova ad un crocevia geopolitico tra Australia, Giappone, Cina, Stati Uniti e Francia.

Alla luce di quanto detto, lo scenario più probabile per il 4 ottobre è difatti un risultato uguale o molto simile a quello del 2018. Dopo l’ultimo voto si era parlato di una indipendenza particolarmente favorita visto l’alto tasso di fertilità della popolazione Kanak rispetto agli altri gruppi. Questa previsione si è invece rivelata falsa dato che le statistiche hanno poi dimostrato che questo dato si bilancia con la forte immigrazione.

Cosa dicono i sondaggi?
I sondaggi confermano questa tendenza che potrebbe far guadagnare qualche punto percentuale al fronte pro-indipendenza, ma sembra non poter ribaltare a proprio favore il voto. Il sostegno a rimanere Collettività d’oltremare sui generis sembra ancora solido, soprattutto a Numea, nonostante sia meno radicato rispetto al passato. Nel 1988 quando si era celebrato il primo referendum, il 93% della popolazione aveva votato per rimanere attaccati a Parigi.

L’indipendenza adesso è più a portata di mano, ma bisogna chiedersi se l’arcipelago è pronto a staccarsi dal cordone ombelicale europeo nel frangente cui la lunga mano cinese sembra allungarsi sul Pacifico e lo scudo americano sembra invece recedere.

A cura di Emanuele Bobbio, fondatore e caporedattore Oceania de Lo Spiegone

***Lo Spiegone è un sito giornalistico fondato nel 2016 e formato da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare con chiarezza le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate al mondo delle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.