Wang Yi in Europa: Pechino prova a controbilanciare l’azione Usa nel Vecchio continente
Oggi si conclude la serie di visite europee del ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Ultima tappa: Berlino. Il tour, che si è aperto la settimana scorsa proprio in Italia, è stato da molti analisti visto come volto a controbilanciare l’azione statunitense impegnata in Europa a tenere Huawei fuori dallo sviluppo delle linee 5G. Tali aspettative, tuttavia, sono in parte state deluse dal fatto che, dopotutto, il 5G sembra non essere stato argomento al centro di nessuna delle visite europee tenutesi fino ad ora, e non sembra che sarà esplicitamente sul tavolo nemmeno a Berlino.
Il motivo per cui la delusione, se così si può definire, è stata solo parziale è che, in ultima istanza, il 5G rimane uno dei fondamentali terreni di scontro geopolitici tra Cina e Stati Uniti. Per la Cina è necessario evitare una replica della decisione britannica e quindi la totale esclusione di Huawei dal 5G europeo. La pressione americana, la speciale relazione anche in ambito di intelligence che lega Regno Unito e Usa, e l’ormai sicuro distacco dall’Unione europea, hanno minato gli sforzi cinesi a Londra, ma lo stesso non può accadere Oltremanica. Ed ecco quindi che Pechino decide di rispondere agli Stati Uniti con lo stesso approccio: una serie di visite ufficiali atte a controbilanciare l’influenza statunitense. Se il mezzo rimane lo stesso, però, gli obiettivi e la metodologia variano.
Le differenze tra le potenze in Europa
In quanto alleato preferenziale di lunga data con considerevole influenza nel continente, gli Stati Uniti hanno il lusso di poter andare dritti al nocciolo della questione e utilizzare mezzi più o meno gentili per ottenere il risultato desiderato: l’esclusione di Huawei.
La Cina non possiede questo lusso, se così possiamo chiamarlo. Il rapporto tra i Paesi Ue e la Cina contemporanea è relativamente nuovo, principalmente economico e non particolarmente profondo; inoltre, checché si dica diversamente, la Cina è ben lontana dall’avere lo stesso grado di influenza che hanno gli Stati Uniti nel continente europeo.
Infine, l’azione statunitense e i risvolti della pandemia hanno portato uno smacco considerevole all’immagine della Cina, che l’ha vista alternare in modo confuso momenti di eccessiva aggressività a momenti di estrema cautela.
I toni cinesi
La visita di Wang rientra nell’ultima categoria. Consapevoli dei rischi che affrontare determinati temi direttamente avrebbe comportato alla relazione tra i Paesi europei e la Cina, la delegazione cinese si è ben guardata dal metterli al centro della visita. Inoltre, invece che rispondere in modo aggressivo, come fatto in passato, alle denunce per le questioni dei diritti umani e di Hong Kong, i toni sono rimasti moderati. È presto per poter dire se questo ammonti a un cambio di atteggiamento permanente frutto di una strategia di lunga durata ben definita. Tuttavia, ambendo indubbiamente a non perdere la battaglia per l’Europa, la Cina ha dovuto aggiustare il tiro e mettere da parte le minacce, almeno per ora.
Da parte europea, le risposte sono state alquanto coordinate. Si è parlato di rapporti commerciali e del desiderio di mantenere la relazione su un piano positivo, ma tutti i Paesi hanno espresso le proprie condanne sia in relazione alle violazioni dei diritti umani più in generale sia circa il caso di Hong Kong.
L’incontro con Di Maio
Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio questa volta ha seguito lo script europeo: agire diversamente si sarebbe rivelato eccessivamente rischioso – e inoltre, nel giorno della visita di Wang Yi, fuori dalla Farnesina è stata organizzata una protesta a sostegno di Hong Kong con la presenza di Nathan Law, leader di uno dei movimenti studenteschi in difesa dell’autonomia dell’ex colonia britannica.
In occasione di questa visita, è stato poi firmato un accordo tra Snam e Pipechina in cui Snam fornirebbe alla controparte cinese supporto tecnico nella costruzione, manutenzione e gestione delle infrastrutture per l’uso dei gas naturali. In aggiunta, l’accordo prevede anche una collaborazione nell’ambito della ricerca e sviluppo per la transizione energetica cinese ed esperimenti nell’uso energetico dell’idrogeno. Per Snam si prevederebbe anche una posizione di partner privilegiato per eventuali investimenti esteri.
Come per gli accordi compresi nel protocollo d’intesa sulla partecipazione italiana alla Nuova Via della Seta firmato l’anno scorso, resteranno da valutare i reali sviluppi di quest’ultima intesa. In questo caso, tuttavia, è interessante notare come la gestione di Snam con una partecipata del 31,04% sia in mano a Cdp Reti, che per il 35% è già di proprietà della cinese State Grid Corporation of China dal 2014.
Il tour non si ferma
Sebbene Wang Yi concluda oggi il suo tour europeo, l’azione cinese di controbilanciamento Usa nel continente non si ferma. Wang passerà il testimone a Yang Jiechi (membro del bureau politico del Partito comunista cinese e direttore dell’ufficio Affari esteri), che questa settimana sarà in Spagna e in Grecia con l’obiettivo di consolidare le partnership con questi Paesi.
La lista finale dei Paesi visitati vede coinvolti attori europei di importanza strategica per Pechino. Senza soffermarci eccessivamente sull’importanza rivestita da Francia e Germania, considerati il cuore pulsante delle decisioni europee, gli altri, oltre a peculiarità proprie, hanno un elemento in comune: tutti possiedono porti nei quali i cinesi hanno già investito o hanno intenzione di investire (o entrambe le cose). Pur essendo un elemento da considerare, che questo sia stato o meno uno dei criteri di selezione, rimane il fatto che sia la Cina sia gli Stati Uniti si stanno muovendo per difendere i propri interessi in Europa e per ottenere uno spostamento della bilancia a proprio favore.
L’Europa sembrerebbe dunque non solo essere uno dei principali terreni di battaglia, ma anche uno dei più decisivi.